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CARI VESCOVI, SIAMO LAICI MATURI E RESPONSABILI. BASTA CON LE INGERENZE. VOCI DALLA BASE CATTOLICA

Tratto da: Adista Notizie n° 21 del 17/03/2007

33790. ROMA-ADISTA. Continua il dibattito politico attorno al disegno di legge governativo sui Dico elaborato dalle ministre Rosy Bindi e Barbara Pollastrini, giunto all'esame della Commissione Giustizia del Senato. E prosegue la polemica tra i sostenitori dei diritti dei conviventi, da una parte, e i vertici della gerarchia ecclesiastica dall'altra. Così, mentre Benedetto XVI, il 7 marzo, nel corso della tradizionale udienza del mercoledì torna a parlare del suo modo di intendere la laicità dello Stato sostenendo che "la Chiesa riconosce la legittimità delle istituzioni politiche nell'ordine stabilito da Dio, ma le autorità debbono essere docili a Dio", gruppi di credenti - (le cui opinioni continuano a non trovare spazio nelle pagine della stampa cattolica ufficiale) - cercano di far conoscere all'opinione pubblica un modo "altro" di intendere la propria fede nel rapporto con la sfera temporale.

Esprime, ad esempio, una posizione nettamente diversa da quella della Cei sui Dico e le convivenze omo ed eterosessuali la lettera rivolta nelle scorse settimane "a tutti i pastori della chiesa", intitolata "Siamo Chiesa, parliamo", promossa dall'ex presidente delle Acli siciliane Nino Alongi e sottoscritta da un folto gruppo di credenti siciliani. In essa, tra l'altro, si legge: "Da cristiani cattolici, invochiamo che si metta in pratica, proprio in contingenze come questa, la tanto declamata responsabilità o maturità dei laici nel vivere secondo il Vangelo, tra le pieghe e le ragioni della società secolarizzata. E preghiamo perché finisca la esagerata agitazione di chi continua a temere che i provvedimenti di legge eventuali possano essere tanto forti da avere la meglio sul matrimonio e, quindi, sulla famiglia!". In questo contesto, "l'annunciata emanazione da parte della Cei di una direttiva pastorale vincolante rischia di essere atto inedito e dirompente che verrebbe a incidere sulla libera determinazione dei parlamentari che, a norma della Costituzione, non possono avere vincolo di mandato. La custodia di principi e valori cristiani pensiamo debba trovare la sua sede nella coscienza matura e consapevole dei cristiani, più che in richiami obbliganti alla disciplina che rimetterebbero in discussione l'autonomia della politica ribadita dal Concilio e dal Magistero".

In un'altra lettera, che il gruppo "Cristiani in cammino" ha indirizzato ai "nostri fratelli vescovi", i firmatari chiedono disorientati ai loro pastori: "Non ci avete insegnato col Concilio Vaticano II che i fedeli laici debbono assumersi le loro responsabilità nelle scelte pratiche che vanno operate nelle realtà temporali? Non ci avete insegnato Voi che, in politica, i fedeli laici, se non possono democraticamente, e cioè col consenso della maggioranza, dei cittadini o dei loro rappresentanti parlamentari, formulare norme conformi ai loro orientamenti di fede, debbono collaborare per una normativa che sia meno lontano possibile dalle loro convinzioni religiose?". "Perché – proseguono – questo Vostro accanimento contro dei fedeli laici impegnati in politica che si stanno sforzando, con grave loro travaglio interiore, di dare delle risposte alla richiesta di diritti e di doveri delle convivenze di fatto"? E poi, continuano, "nell'attuale proposta di legge sui diritti e doveri delle convivenze di fatto che cosa c'è di più grave, secondo i principi cattolici, del divorzio e dell'aborto? Sono veramente lesivi del valore delle famiglie cristiane il diritto del convivente a visitare in ospedale il partner, quello di succedergli nel contratto di locazione, specie se ci sono figli, il diritto alla reversibilità della pensione, il diritto di successione, quello agli alimenti? Non sono queste forme di solidarietà fra persone legate da valori affettivi, come nel caso delle famiglie nate dal matrimonio civile? Non paventate il rischio che questi pesanti interventi possano, per reazione, rendere vano nei non credenti il Vostro annuncio della salvezza portata da Gesù?".

Richieste di cittadinanza politico-ecclesiale che, almeno per ora, sono destinate a restare "lettera" morta. Perché, come emerge dalle parole pronunciate il 6 marzo scorso dal card. Bertone, in occasione della presentazione di un libro scritto dal teodem Bobba, "il posto dei cattolici" nella Chiesa resta subalterno: se "è giusto - spiega infatti il Segretario di Stato vaticano - che i cattolici impegnati in politica seguano la propria coscienza, essa però non è un assoluto, posto al di sopra della verità e dell'errore, del bene e del male; anzi, la sua intima natura postula rispetto di quei valori che non sono negoziabili, proprio perché corrispondono a verità obiettive, universali ed uguali per tutti". E l'ultima parola sulla verità la gerarchia cattolica se la tiene stretta.

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