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INTERVISTA A ENRICO BERLINGUER, SEGRETARIO DEL P.C.I.

Tratto da: Adista Documenti n° 36 del 19/05/2007

(...) Adista: Da parte delle Comunità Cristiane di base e di tutta quell'area cattolica sorta sotto l'impulso innovatore del Concilio comunemente (quanto impropriamente) chiamata ‘del dissenso' o ‘critica' (...) si è spesso rimproverato al Pci di affrontare il rapporto con i cattolici prevalentemente nelle sedi istituzionali, trascurando la ricerca di una collaborazione sistematica con quelle altre libere ed autonome espressioni dirette del "popolo di Dio" (...); perché?
Berlinguer: Ho già detto che nei rapporti con la cattolicità italiana ha pesato - e non sempre per nostra colpa - una carenza di conoscenze, una disinformazione specifica che ha impedito a volte il dispiegarsi di un discorso coerente, continuativo, produttivo con i credenti, che fosse cioè adeguata alle singole, molteplici - e a volte contraddittorie - forme della loro presenza nella vita della società. Se un'autocritica il Pci deve muoversi per i suoi atteggiamenti nei confronti del cosiddetto "dissenso" progressista cattolico, questa non sta nell'aver temuto di perdere un presunto credito da parte della istituzione ecclesiastica o nell'aver preferito contatti con i vertici della sua gerarchia; sta, semmai, nel non aver saputo sempre accorgersi tempestivamente, interpretare e inserirsi, con i suoi reali connotati, in ciò che si muoveva nel corpo della comunità ecclesiale italiana, cogliendo magari solo i riflessi immediatamente politici di certe realtà nuove. D'altra parte, non mi pare che il Pci debba andare alla ricerca di interlocutori privilegiati, quasi dei mediatori tra la sua proposta politica e l'insieme della cattolicità italiana. Diciamo piuttosto che la proposta comunista - diretta a tutte le forze democratiche, nessuna esclusa a priori - sarà accolta e anche condivisa a seconda della sensibilità e maturazione democratica dei singoli settori della cattolicità. E altrettanto si potrebbe dire per quelle proposte e iniziative di organismi cattolici che sono rivolte direttamente o indirettamente ad altri, e a noi. Là dove sorgeranno rapporti di collaborazione non si tratterà, dunque, di rapporti "privilegiati", ma di una franca e spontanea collaborazione concreta realizzata nell'interesse generale, per il bene comune e non a esclusivo, anche se reciproco, vantaggio dei "comunisti" e dei "cattolici".

Adista: Il Pci viene criticato anche per non aver fatto proprie certe lotte che caratterizzano l'impegno di molte comunità di base e gruppi similari: per esempio, la denuncia del Concordato o l'abolizione dell'obbligatorietà dell'insegnamento della religione nella scuola pubblica. Lei ritiene che il Pci, (...) debba mutare in qualcosa il suo atteggiamento in proposito?
Berlinguer: Il Pci non si è impegnato in quegli obiettivi e in quelle battaglie di alcune comunità di base che riteneva politicamente sbagliate o inopportune, o, più spesso, non esattamente coincidenti con le sue posizioni o con i suoi programmi. Noi siamo, per esempio, a favore della riforma del concordato, non per la sua abolizione. Quanto all'insegnamento della religione nella scuola pubblica, anche noi in Parlamento ci stiamo battendo per l'abolizione della sua obbligatorietà; e abbiamo sostenuto soluzioni specifiche che finora non sono convergenti con quelle preferite da altre parti. Il Pci è nettamente schierato per la laicità dello Stato e per garantire la sua piena sovranità nell'ordine che gli è proprio. Desideriamo che questa laicità sia rispettata da tutti, tenendo conto, tuttavia, delle molteplici correnti culturali presenti nella nazione e perciò non prevaricando su questa o su quella per non dar luogo a nuove forme, sia pur mascherate, di confessionalismo di ogni tipo.
(...)

(da Adista dossier del 21-23 febbraio 1983)

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