MARCELLO VIGLI: LA SENTENZA DEL TAR SEGNA "L'ORA DELLA VERITÀ"
Tratto da: Adista Documenti n° 54 del 21/07/2007
21774. ROMA-ADISTA. Abbiamo chiesto a Marcello Vigli, che rappresenta le Comunità di Base nel Comitato Scuola e Costituzione, alcune valutazioni sulla recente sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio che, pronunciandosi su sei ricorsi presentati dalla Tavola Valdese, dall’Unione delle Comunità Israelitiche, dalla Chiesa Avventista e da tre privati cittadini in merito alle norme e alla prassi che obbligano gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) a restare a scuola, ha sentenziato l’inesistenza di tale obbligo.
ADISTA: Ti sembra coerente questo pronunciamento con la sentenza 203/89 della Corte Costituzionale?
VIGLI: (...) La Corte, dichiarando non obbligatoria per i non avvalentisi la frequenza di attività alternative all'Irc perché discriminante e quindi contraria alla legge, intendeva dichiarare non obbligatoria anche la loro presenza a scuola per “svolgere libere attività con o senza assistenza di personale docente”, che risultano certo di qualità inferiore alle attività alternative e pertanto ancor più discriminanti. Confermano tale stato di discriminazione le soluzioni fin qui trovate nella maggioranza delle scuole per parcheggiare i non avvalentisi (spesso anche quelli che avevano chiesto di svolgere attività alternative): stazionamento nelle portinerie, nelle sale dei professori, nelle biblioteche, in classi diverse dalla propria o vagabondaggio nei corridoi o nei cortili delle scuole stesse. (...)
ADISTA: Che pensi delle reazioni degli ambienti ecclesiastici e di alcuni settori del mondo cattolico?
VIGLI: Bisogna distinguere. Mi sembra vergognosa e farisaica la sollecitudine di quanti protestano in nome del diritto dei non avvalentisi ad avere un uguale tempo a scuola, perché non denunciano prioritariamente con la stessa energia le macroscopiche violazioni di tale diritto, sul piano quantitativo e qualitativo, costituita dalle aule fatiscenti, dai doppi turni, dalla girandola dei docenti, ma anche dalle settimane bianche, dalle gite turistiche che ben poco hanno ormai di scolastico, e dalla ventilata chiusura anticipata dell’anno scolastico per i mondiali di calcio. Più onesta è la preoccupazione di quanti temono il crollo del muro del 90% degli avvalentisi, su cui si fonda la difesa dell’Irc… voluto da genitori e studenti, perché sarebbe evidente con ciò che l’Irc non esiste per la scuola ma per l’istituzione ecclesiastica, la quale non vuole rinunciare agli oltre 20.000 catechisti accampati nella scuola pubblica non tanto per diffondere la conoscenza del fatto evangelico ma una visione "cattolica" del mondo. Mi sembra però che sia venuta l’ora della verità per tutti, soprattutto per quei cristiani che continuano a chiamarsi democratici e antepongono gli interessi dell’istituzione ecclesiastica al bene comune, continuando a chiamare servizio alla scuola un privilegio fondato su un testo concordatario volutamente lasciato ambiguo perché "facoltativo" potesse essere letto "opzionale". Cinque anni di contenzioso giudiziario e amministrativo, ma soprattutto di disagio nelle scuole, avrebbero dovuto convincere, specie quelle associazioni istituzionalmente destinate alla cura dei giovani, del grave danno che la paura di perdere qualche ora di religione in più sta provocando nella scuola italiana.
(da Adista n. 19/90)
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