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DIBATTITO SULL’ABORTO IN AMERICA LATINA: PASSI AVANTI E PASSI INDIETRO. GERARCHIE ECCLESIASTICHE: INDIETRO TUTTA

Tratto da: Adista Documenti n° 86 del 08/12/2007

DOC-1934. RIO DE JANEIRO-ADISTA. Sono quattro milioni, secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, le donne che ogni anno ricorrono all’aborto in America Latina e nei Caraibi: lo fanno clandestinamente e spesso in condizioni pericolose (l’aborto è illegale dappertutto, ad eccezione di Cuba e di Porto Rico; in alcuni Paesi, come Cile, El Salvador, Honduras e Nicaragua, non è ammesso neppure quello terapeutico) e in diversi casi (più di seimila all’anno) perdendo la vita. Un problema grave di salute pubblica, dunque, oltre che di rispetto dei diritti delle donne, su cui continuano a pesare i diktat della Chiesa cattolica.

Il dibattito sull’aborto ha registrato un importante passo avanti in Messico, dove lo scorso 24 aprile l’Assemblea legislativa di Città del Messico ha approvato a schiacciante maggioranza la depenalizzazione dell’aborto nelle prime 12 settimane di gravidanza nel territorio della capitale (che peraltro ospita un quinto della popolazione messicana), e in Uruguay, dove il 6 novembre il Senato ha votato a favore del Progetto di legge sulla salute sessuale e riproduttiva, che prevede la depenalizzazione dell’aborto sempre nelle prime 12 settimane. E un importante passo indietro in Nicaragua, dove, il 13 novembre scorso, i deputati hanno approvato il nuovo Codice Penale respingendo la mozione, presentata dall’Alleanza Mrs (Movimento Rinnovatore Sandinista, in cui sono mano a mano confluiti tutti i sandinisti delusi dalla condotta personale e dalle scelte politiche del leader storico del Fronte sandinista e attuale presidente del Paese Daniel Ortega), che avrebbe consentito ai medici di realizzare un aborto come “ultimo mezzo possibile per salvare la vita della donna” (previo consenso dell’interessata e dell’ospedale) senza incorrere in responsabilità penali (è stata al contrario accettata la riduzione della pena da 20 a 10 anni per riciclaggio di denaro: misura che prepara la via per la scarcerazione dell’ex presidente Arnoldo Alemán). Contro l’aborto terapeutico, diventato illegale in Nicaragua nell’ottobre del 2006, poche settimane prima delle elezioni presidenziali che hanno dato la vittoria ad Ortega (punto qualificante degli accordi che hanno assicurato al caudillo il via libera del fondamentalismo cattolico; v. Adista n. 80/06), si è nuovamente espresso il grosso del Fronte Sandinista, che già nel settembre scorso aveva votato a favore della penalizzazione di ogni tipo di interruzione volontaria di gravidanza  (in un Paese in cui un terzo dei parti è di adolescenti sotto i 16 anni e di queste un sesto è di bambine comprese fra i 10 e i 14 anni), durante un dibattito in cui un deputato del Partito Liberale Costituzionalista, Wilfredo Navarro, era giunto a dichiarare che le femministe difendono l’aborto perché sono lesbiche. “Come sandinista – ha dichiarato l’ex comandante Mónica Baltodano dell’Alleanza Mrs – devo dire che la terribile ed eterna vergogna in cui oggi seppelliscono il meglio delle convinzioni del sandinismo rivoluzionario e della gente decente del nostro Paese non resterà impunita. Questa decisione contro le donne, che è stata possibile solo per volontà di Daniel Ortega, verrà castigata. Questo crimine morale, spirituale, politico e ideologico sarà, presto o tardi, severamente corretto dalla nuova ribellione del popolo che inizia a sorgere nelle nuove generazioni”.

In Brasile è stato il ministro della Sanità José Gomes Temporão a riaprire il dibattito sul tema, esprimendosi a favore di un referendum sull’aborto. Ma anche qui le pressioni della Chiesa hanno impedito che alla Conferenza nazionale per la Salute, conclusasi a Brasilia il 18 novembre, venisse approvata una mozione che proponeva di “riconoscere l’aborto come problema di salute pubblica e discutere la sua depenalizzazione per mezzo di un progetto di legge”. Sulla questione è intervenuto il noto sociologo Luiz Alberto Gómez de Souza, esprimendo, come cattolico – e cattolico impegnato in “molti decenni di attività ecclesiali” – tutto il suo “malessere per il modo in cui il problema viene affrontato da settori ufficiali” della Chiesa. Di seguito il suo intervento, in una nostra traduzione dal portoghese. (claudia fanti)

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