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INTEGRAZIONE, VERO NOME DELLA SICUREZZA. "DALLA PARTE DELLA VITA", CONTRO IL RAZZISMO

Tratto da: Adista Documenti n° 52 del 05/07/2008

DOC-2013. ROMA-ADISTA. “Uno strappo allo Stato di diritto e alla nostra democrazia”: così Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci, ha commentato l’approvazione al Senato del decreto sicurezza, che, oltre la norma “blocca processi” - altrimenti e assai opportunamente nota come “salva premier” -, prevede tra l’altro l’aumento di pena per gli irregolari, il divieto di affitto agli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno e l’invio dell’esercito nelle città “a maggior rischio”, misura questa, dice Beni, “tanto demagogica quanto priva di qualsiasi efficacia”. “Lo scopo - afferma - è evidentemente quello di convincere l’opinione pubblica che esiste uno stato di emergenza, una guerra interna - il cui nemico è lo straniero irregolare - che va fronteggiata con strumenti eccezionali. Il messaggio che si vuole veicolare è quello del-l’eccezionalità del momento, che giustificherebbe gli strappi allo stato di diritto e alla nostra Carta costituzionale, per militarizzare la vita pubblica e muovere all’attacco dei diritti”.

Cosa poi si intenda per sicurezza, cosa realmente la minacci e cosa sia necessario per garantirla non sembra costituire motivo di grande interesse nell’insano dibattito a sfondo xenofobo che imperversa nel nostro Paese. Ma è su questi nodi che pone invece l’accento quel “consesso di minoranza” - secondo l’espressione usata da Gad Lerner nel corso dell’assemblea “Mille voci contro il razzismo” tenutasi all’Università “La Sapienza” di Roma il 17 giugno scorso (v. Adista n. 49/08) - che non si rassegna alla barbarie imperante. E che individua il vero rischio per la sicurezza proprio nell’incapacità “di creare condizioni di reciproca fiducia, cioè di integrazione, tra le persone di ogni provenienza culturale all'interno dei singoli Stati e, a livello planetario, tra i diversi popoli”. Così sostiene Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza (già membro della Commissione ministeriale per la riforma del Codice penale istituita nel 2006, membro del comitato scientifico del Centro di Bioetica dell'Università Cattolica e membro per il quadriennio 2002-2006 del Comitato Nazionale per la Bioetica), che all’assemblea del 17 giugno aveva tenuto una delle relazioni introduttive.

In un nuovo testo scritto per Adista subito dopo l’appuntamento di Roma, Eusebi sottolinea come “la continua produzione del nemico” non abbia fatto che generare nel corso della storia “una persistente instabilità”, evidenziando peraltro la contraddizione costituita, in mezzo agli sconsiderati appelli alla tolleranza zero, dagli “scarsi livelli di legalità diffusi nel nostro Paese”, e la necessità di rimettere ordine riguardo alle priorità, ripartendo per esempio “dal cimitero dimenticato del canale di Sicilia, dal latte per i bambini dei campi nomadi di cui ha parlato il cardinale Tettamanzi, dalla memoria delle centinaia di migliaia di zingari inghiottiti nel silenzio anche postumo dei campi di sterminio”. Quello che è in gioco, allora, è, secondo Eusebi, il recupero del “prodotto più alto della cultura moderna, esito di inscindibili percorsi laici e religiosi: l’idea secondo cui la giustizia non è questione di reciprocità dei comportamenti, sebbene da millenni la nostra cultura abbia assimilato una tale prospettiva, ma è questione di riconoscimento dell’altro nella sua dignità, vale a dire come un ‘tu’ che lo rende titolare del diritto a essere riguardato quale soggetto di cui si ha premura; ovvero quale soggetto il cui vivere o il cui morire non ci possono essere indifferenti, perché ne va della nostra stessa realizzazione esistenziale”. E quello che è in gioco come cristiani, come ha sottolineato la Conferenza del IV Distretto delle Chiese valdesi e metodiste (che riunisce le Chiese del Sud Italia), riunitasi a Monteforte Irpino (Av) dal 13 al 15 giugno, è “riconoscere e confessare come unico Signore della propria vita il Dio d'amore, che mette ogni giorno davanti a noi la vita e la morte e ci invita a scegliere la vita, decidendo da che parte stare”. Di seguito il testo di Luciano Eusebi, e il documento della Conferenza distrettuale dei valdometodisti. (claudia fanti)

 

 

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