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Carlo, prete operaio per vocazione

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 6 del 17/01/2009

Carlo Demichelis, prete operaio per la gran parte della vita, ha terminato il suo lavoro. È morto nella notte sul 31 dicembre, all’età di 68 anni. Ha seguito altri preti torinesi, validi servitori del mondo operaio, scomparsi negli ultimi mesi. Era nato a Torino in zona San Salvario il 15 novembre 1940. All’età di sette anni la famiglia si trasferisce a Roma dove vivrà fino all’ordinazione presbiterale avvenuta a Susa il 19 dicembre 1964.

Ha studiato teologia all’Università Gregoriana, abitando nel Collegio Capranica, dal quale sono usciti anche dei papi, ha continuato ad aggiornarsi sulla Bibbia e la spiritualità, ma non è stato un prete intellettuale.

È stato prete operaio: questo è tutto il suo titolo, e la sua chiara vocazione. Ha collaborato attivamente con tutti gli altri preti operai, operando anche nel sindacato e ultimamente, dopo la pensione, nel patronato. Così è stato il tipo genuino del prete popolare, nel senso più autentico di questa parola: un prete laico, diremmo, appartenente al popolo di Dio senza alcun privilegio, né separazione, né alcun piedistallo di sacralità nell’abitare, nel vivere, nel parlare, e naturalmente nell’avere (secondo l’insegnamento di San Paolo) il proprio lavoro come unica fonte di sostentamento. Ha voluto riposare nella morte vestito della tuta operaia, abito laico e sacro, solamente ornato dalla stola liturgica.

Ha vissuto nella spiritualità di Charles De Foucauld, partecipando fino all’ultimo alla Fraternità torinese e nazionale così ispirata.

Nel 1973 ha dato vita, insieme a Michele Dosio e d’accordo con l’arcivescovo Michele Pellegrino, alla comunità cristiana di via Germanasca: un gruppo di persone semplici e impegnate, un luogo di vita ecclesiale, liturgica, educativa, immerso nell’antico quartiere operaio torinese di San Paolo, oggi popolato anche di immigrati da tanti paesi, ben inseriti nella vita quotidiana e lavorativa, senza ghetti né esclusioni. Questa comunità intende essere una presenza cristiana di chiesa popolare nel quartiere, senza pubblicità né alcun clamore, con serietà e libertà, senza ricerca di contrasto, collegata con le parrocchie e con la diocesi, partecipando alle più ampie iniziative del laicato ecclesiale.

Carlo ha ancora avuto la gioia di festeggiare, il 5 ottobre, i 35 anni della comunità con tutti gli amici e il vescovo ausiliare don Guido Fiandino.

Egli ha vissuto con piena consapevolezza e pazienza la sua malattia inguaribile, manifestatasi nel settembre 2007, accettando le limitazioni, raccogliendo le energie residue per partecipare quanto gli era ancora possibile alla vita della comunità (l’8 dicembre ha ancora fatto l’omelia nella messa, in perfetta lucidità), confortando gli amici, ai quali, prima di affondare nel torpore, ha detto: «Sento di aver fatto ciò che potevo. Ho fatto la mia parte. Ho terminato quel che avevo da fare. Ognuno fa la sua parte nel disegno guidato da Dio. Tutto è grazia. Tutto è grazia».


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