Rossa: premiare la fatica discreta del ravvedimento
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009
Il 24 gennaio saranno 30 anni. Trent’anni dall’assassinio di Guido Rossa, sindacalista della Cgil, ucciso dalla colonna genovese delle Brigate rosse. Lo avevano aspettato in tre, forse in quattro, all’alba di quella mattina d’inverno: Riccardo Dura, che secondo le ricostruzioni esplose i colpi mortali e che fu ucciso a sua volta nel blitz del covo di via Fracchia; Renato Capri, da allora latitante; Vincenzo Guagliardo, che sparò per primo e che si trova tutt’ora in carcere. Accusato anche dell’uccisione di Sergio Gori, dirigente della Montedison di Marghera e di quello di Alfredo Albanese, vice capo della Digos di Venezia, Guagliardo ha scontato 27 anni di carcere. Lo scorso 15 ottobre è stata respinta la sua domanda di libertà condizionale. Domanda che gli ergastolani possono presentare al tribunale di sorveglianza dopo aver scontato almeno 26 anni di pena. «Non è sicuro il ravvedimento», spiegano i giudici che hanno respinto l’istanza, «perché non ha mai avuto contatti con i parenti delle sue vittime».
«Ma io Guagliardo l’ho incontrato e credo di poter testimoniare sul suo ravvedimento», era intervenuta Sabina Rossa. Di quell’incontro, però, Guagliardo non aveva fatto cenno. «Un modo per rispettare le vittime», aveva detto la figlia del sindacalista. E aveva aggiunto che è inaccettabile far dipendere la decisione sulla libertà condizionale dal contatto con le famiglie delle vittime. Da deputata Pd, poche settimane fa ha dunque presentato un disegno di legge per modificare l’articolo 176 del codice penale, che prevede il «sicuro ravvedimento». Potrebbero così uscire dal carcere gli ergastolani che, avendo scontato 26 anni di pena, abbiano tenuto «un comportamento tale da far ritenere concluso positivamente il percorso rieducativo di cui all’articolo 27 comma 3 della Costituzione». «Si toglierebbe così dalle famiglie delle vittime il peso di dover avere contatti o di esprimere un parere sul provvedimento. E, nello stesso tempo, si eviterebbero strumentalizzazioni», spiega Sabina Rossa. Oggi, infatti, capita che la libertà condizionale venga concessa a chi allega alla domanda anche delle semplici lettere spedite ai parenti attraverso un avvocato e venga negata a chi invece mostra maggiore discrezione.
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