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LA CHIESA ITALIANA E IL TESTAMENTO BIOLOGICO: UN’OCCASIONE PERDUTA PER PARLARE DI VITA

Tratto da: Adista Documenti n° 53 del 16/05/2009

DOC-2136. ROMA-ADISTA. Sono i fondamenti stessi dell’ordine costituzionale e della civiltà del diritto ad essere minacciati oggi in Italia. La denuncia viene da un appello, dal titolo “Fermatevi, prima che sia troppo tardi”, rivolto alla Camera dei deputati da “Vasti, che cos’è umano” (la scuola di “ricerca e critica delle antropologie” fondata e diretta da Raniero La Valle) e da Sinistra cristiana (rete di laici “per la Costituzione, la laicità, la pace”, v Adista n. 55/08), frutto del seminario organizzato da “Vasti”, lo scorso 4 aprile, sul tema “Vita, vita fisica, vita umana”, con la partecipazione  di Daniele Garrone, decano della Facoltà teologica valdese, e del filosofo del diritto  Luigi Ferrajoli.

“Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali e inalienabili costituisce – si legge nell’appello – il fondamento della libertà, della pace e della giustizia nel mondo”, così come risulta dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, “in perfetta concordanza con la Costituzione italiana”. Ma è proprio tale riconoscimento che viene messo in discussione dalle misure inserite nel “pacchetto sicurezza” e nel disegno di legge sul “testamento biologico”. Grazie a una campagna ideologica che ha messo “in competizione la sicurezza con i diritti”, sono state approvate misure “persecutorie e discriminatorie nei confronti dei gruppi sociali più deboli” quali non si vedevano dai tempi delle leggi razziali, a cominciare dal divieto imposto alle madri immigrate irregolari di fare dichiarazioni di stato civile. “Non potendo essere riconosciuti, i figli saranno sottratti alle madri che li hanno generati e seguiranno la sorte dei trovatelli: avranno un altro nome e saranno inseriti in una casa famiglia in vista dell’adozione. Per evitare di essere private dei propri figli, le madri dovranno partorire clandestinamente e far entrare il neonato in un circuito di clandestinità da cui non si può uscire e che lo escluderà dal godimento dei diritti fondamentali previsti dalla Convenzione dell’Onu sui diritti del fanciullo”.

 

Una questione di potere

E ugualmente crudeli appaiono le norme sul testamento biologico, che colpiscono persone ancora più deboli degli immigrati, quei malati terminali “che saranno calpestati nel profondo della loro dignità, venendo costretti a subire trattamenti obbligatori, non richiesti e non voluti”. Norme strenuamente difese dalla Chiesa, malgrado la difesa del primato assoluto del dato biologico non si fondi in alcun modo – come ha spiegato Daniele Garrone nel suo intervento – sulla tradizione antica e nemmeno su quella ben più recente del Magistero. Come ha ricordato Raniero La Valle, Pio XII, in un discorso del 1957, affermava che il dovere di salvaguardare la vita obbliga abitualmente solo al ricorso ai “mezzi ordinari”, mezzi che non impongano alcun onere straordinario per se stessi o per gli altri, enunciando così, spiega La Valle, “il principio di carattere generale che il diritto-dovere del medico di intervenire non è separato dal diritto del malato”. Ma perché “quest’enfasi sulla natura” da parte oggi della Chiesa? “Supporre – sottolinea La Valle – che esista una natura fissa e immutabile, uguale per tutti gli uomini, indipendentemente dalla fede, e affermare che la Chiesa, in quanto rappresentante di Dio sulla terra, ha le chiavi della verità di questa natura vuol dire che la Chiesa ha la verità per dire come deve essere organizzata la vita di tutti gli uomini sulla terra indipendentemente dalla fede”. Si tratterebbe insomma, concorda Luigi Ferrajoli, di “una questione di potere”: “quello che la Chiesa rivendica è fondamentalmente il potere sul diritto, il potere sui nostri corpi, sulle questioni di vita o di morte”. Con una contraddizione incomprensibile: “il rifiuto delle tecniche, delle tecnologie mediche quando si tratta, attraverso la fecondazione assistita, di far nascere una persona, e il sostegno a queste tecnologie quando si tratta di tenere in vita un corpo senz’anima”.

Se poi, di fronte alla compresenza di concezioni morali opposte, l’unico modo di realizzare una convivenza pacifica è l’affermazione dei principi di laicità e autodeterminazione, “cioè il rimettere all’autodeterminazione individuale questioni che non hanno a che fare con possibili danni a terzi”, quel che emerge, secondo Ferrajoli, è “un’asimmetria che riflette evidentemente la diversa concezione del diritto”: mentre la Chiesa, o, meglio, una parte di essa, vuole imporre il trattamento sanitario obbligatorio anche ai non credenti, “anche a chi ritiene immorale questo tipo di trattamenti forzati”, “i sostenitori dell’autodeterminazione non impediscono affatto ai credenti o a coloro che credono che la loro esistenza debba essere mantenuta in vita artificialmente con qualunque mezzo di provvedere in tal senso con il testamento biologico, ottenendo l’accanimento terapeutico e sanitario”. Cos’è questa se non la pretesa della Chiesa “di governare su tutti, in quanto depositaria di una verità, in forza del principio della traduzione in norme giuridiche delle proprie tesi morali, imponendole a tutti, anche a chi non le condivide, fino a dar loro degli assassini?”.

Ma la legge sul testamento biologico all’esame della Camera dei deputati viola ripetutamente anche la nostra Carta costituzionale. Se infatti la Costituzione esclude il trattamento sanitario obbligatorio contro la volontà della persona interessata, si può anche discutere se l’idratazione sia o meno terapeutica ma non certo il fatto che sia sanitaria. Né si può sostenere che l’idratazione e l’alimentazione forzata siano forme di sostegno vitale dirette ad alleviare le sofferenze, nel caso si tratti persone con un qualche barlume di coscienza e di sensibilità: “ci rendiamo conto – sottolinea Ferrajoli – dell’enorme incubo di una solitudine senza fine, di una morte senza fine di una persona che non può comunicare, non può parlare, non può esprimersi ed è costretta ad essere prigioniera del proprio corpo?”. “Credo – conclude Ferrajoli – che qui ci troviamo di fronte ad un crollo del senso morale, non soltanto del senso civico” e che “di fronte a norme così crudeli” si tratti di difendere non soltanto “la dignità della persona ma anche la dignità del cristianesimo”.

Di seguito l’intervento tenuto da Daniele Garrone. (claudia fanti)

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