Nessun articolo nel carrello

Incontro Ratzinger-Obama Usa e Vaticano, prima di Barack

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 78 del 11/07/2009

Il primo presidente degli Stati Uniti ad entrare in Vaticano fu, su una carrozza trainata da cavalli, Woodrow Wilson, che nel 1919 trovò in papa Benedetto XV un forte sostenitore della Lega delle Nazioni. Occorre però aspettare altri quarant’anni,  fino al 1959, perché l’incontro tra i due capi di Stato diventi una consuetudine: Dwight Eisenhower affermò, in occasione dell’incontro con Giovanni XXIII, di “essere stato ispirato dall’approvazione del papa dello sforzo che le nazioni libere insieme stanno compiendo per fare progredire la pace e l’amicizia nella libertà”.

Cinque anni dopo, il presidente John Fitzgerald Kennedy visitò Paolo VI appena qualche giorno dopo la sua elezione al soglio pontificio. Si trattava del primo presidente Usa cattolico e la stampa non mancò di rilevare il fatto che, forse a causa dei gravi pregiudizi anticattolici che avevano pesato in campagna elettorale, Kennedy non baciò l’anello piscatorio, come prescriveva il protocollo.

Paolo VI incontrò poi il presidente Johnson nel 1965 nel corso della sua visita alle Nazioni Unite (ma in veste non ufficiale: il papa non era infatti un capo di Stato riconosciuto dall’Onu) e ancora due anni dopo, nel 1967, per discutere della fine della guerra in Vietnam. “Abbiamo parlato di diverse strade per la pace – riferì Johnson – e degli sforzi compiuti negli anni passati, finora senza successo”. In quell’incontro, avvenuto nella massima riservatezza, centrale fu la richiesta di Paolo VI di arrivare alla cessazione dei bombardamenti, dando prova della volontà di negoziare.

Il tema della pace restò drammaticamente all’ordine del giorno anche sotto l’amministrazione Nixon. Il presidente vide Paolo VI due volte prima di diventare presidente e altre due dopo la sua elezione, nel 1969 e nel 1970. In quelle occasioni il papa espresse la sua angoscia per “la sofferenza che la guerra infligge non solo ai combattenti ma anche a persone innocenti e ai bambini che non hanno nemmeno un’idea del significato del termine pace”.

Gerald Ford incontrò a sua volta Paolo VI nel 1975 ma fu Jimmy Carter il primo presidente degli Stati Uniti a ricevere un papa alla Casa Bianca, il 6 ottobre 1979; “Non viene come straniero, viene come campione della libertà e della speranza umana”, disse allora il gesuita p. Giovanni Giorgianni, inviato della Radio Vaticana. I temi trattati: ancora una volta pace, giustizia e disarmo. D’altronde,  ancora da arcivescovo di Cracovia, Giovanni Paolo II era in regolare contatto epistolare con il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, il polacco Zbigniew Brzezinski, che si trattenne a Roma per tutta la durata del conclave che nel 1978 portò all’elezione del suo conterraneo; Carter si recò poi, a sua volta, in Vaticano l’anno dopo.

Negli anni successivi, le frequentazioni tra il papa e il presidente Usa si fecero più intense con la crisi dei governi comunisti dell’Europa dell’Est, in funzione anti-sovietica. Risale al giugno 1982 il primo incontro “de visu” con Reagan (nel discorso di benvenuto pronunciato il 7, Wojtyla afferma di aver già avuto “molti contatti” con lui) e certamente uno dei temi trattati fu il sostegno all’organizzazione polacca Solidarnosc. Nel giugno 1987 Giovanni Paolo II ricevette nuovamente Reagan (che tre anni prima aveva stabilito relazioni diplomatiche ufficiali con la Santa Sede) in Vaticano e lo rivide pochi mesi dopo, a settembre, quando, nel corso del suo secondo viaggio negli Stati Uniti, Wojtyla parlò a Reagan al Museo “Vizcaya” di Miami, pronunciando un grande elogio della democrazia del Paese.

Al maggio 1989 e al novembre 1991 risalgono le due visite che George Bush senior rese al papa mentre nel 1993, nel corso del suo terzo viaggio negli Usa, fu ricevuto, in occasione della Giornata mondiale della gioventù di Denver, dal presidente democratico Bill Clinton (incontrato in tutto quattro volte, tre negli Stati Uniti ed una a Roma, nel 1994).

 

Il radicale disaccordo tra Bill Clinton e Papa Wojtyla

Clinton donò al papa un bastone da passeggio con l’impugnatura a forma di angelo. Tra loro, un radicale disaccordo sul tema dell’aborto, al quale i media diedero molto spicco, sottolineando l’appello pontificio ad uno “standard morale più elevato” per gli Usa. Nel 1999, in occasione dell’ultimo viaggio di Wojtyla negli Stati Uniti, Clinton lo accolse come “messaggero di dialogo e di pace e dei diritti umani”, ma i rapporti tra i due erano ormai incrinati da gravi conflitti.

George W. Bush visitò Wojtyla tre volte: nel luglio 2001 a Castel Gandolfo, nel maggio 2002 e nel giugno 2004 in Vaticano; in quest’ultima occasione Bush figlio consegnò al papa l’onorificenza civile Usa più alta, la Medaglia della Libertà ma Wojtyla rispose con una dichiarazione molto dura nei confronti della campagna militare Usa in Iraq e ciò diede non pochi grattacapi alla Casa Bianca. Fu poi in occasione dei funerali di Giovanni Paolo II, l’8 aprile 2005, che Bush – primo presidente Usa a presenziare al funerale di un papa – ebbe il suo breve primo contatto di persona con il Decano dei cardinali, il card. Joseph Ratzinger.

Alla sua prima udienza con il successore di Wojtyla, in Vaticano, nel giugno 2007, Bush fu oltremodo informale, chiamando il papa “Sir” anziché “Sua Santità”. La cosa, comunque, parve non costituire un ostacolo, dal momento che, nell’incontro, i due espressero una sintonia profonda su molti fronti e soprattutto sulla difesa e la promozione della vita. Nuova – e ultima – visita in Vaticano per Bush nel giugno 2008, quando Ratzinger, seguendo un protocollo inusuale e a sua volta più informale, ricevette Bush e la moglie Laura non nell’appartamento pontificio ma all’aperto, davanti alla torre di San Giovanni. Ciò, commentò l’Osservatore Romano in quei giorni, “per ricambiare la cordialità dell’accoglienza” ricevuta da papa Benedetto XVI durante la sua visita apostolica negli Stati Uniti, avvenuta due mesi prima. Tra i temi trattati: le relazioni fra Stati Uniti ed Europa, il Medio Oriente e l’impegno per la pace nella Terra Santa, la globalizzazione, la crisi alimentare ed il commercio internazionale, l’attuazione degli obiettivi del Millennio.

Il colloquio del presidente Barack Obama con Ratzinger in Vaticano il 10 luglio, alla chiusura del G8 in programma all’Aquila, potrebbe portare i rapporti tra i due capi di stato in direzioni opposte: se, per il Vaticano, Obama è un alleato su questioni come la giustizia economica o la solidarietà internazionale – ma anche sui rapporti con il mondo musulmano – la distanza tra i due in materia di aborto e bioetica potrebbe rendere difficile una reale sintonia.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

Sostieni la libertà di stampa, sostieni Adista!

In questo mondo segnato da crisi, guerre e ingiustizie, c’è sempre più bisogno di un’informazione libera, affidabile e indipendente. Soprattutto nel panorama mediatico italiano, per lo più compiacente con i poteri civili ed ecclesiastici, tanto che il nostro Paese è scivolato quest’anno al 46° posto (ultimo in Europa Occidentale) della classifica di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa.