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DIRITTI IN FONDO AL MARE. TRA VANGELO E REAL POLITIK, LA CHIESA DI FRONTE ALLA TRAGEDIA DEL CANALE DI SICILIA

Tratto da: Adista Notizie n° 86 del 05/09/2009

35152. ROMA-ADISTA. 78 migranti, quasi tutti eritrei, per 21 giorni alla deriva nel canale di Sicilia, su un gommone di 12 metri che però resta “invisibile” alle autorità libiche, maltesi e italiane. Finché, all’alba del 20 agosto, una tardiva segnalazione da Malta mette in allarme una motovedetta della Guardia di Finanza, che soccorre la carretta del mare a 12 miglia dalle coste di Lampedusa. Ma ormai è tardi: solo 5 i superstiti. Gli altri 73 passeggeri, tutti morti di stenti, sono stati inghiottiti dal mare. La drammatica vicenda dei migranti è stata ricostruita dagli operatori umanitari accorsi sul posto, dopo aver raccolto le poche testimonianze dei superstiti, ancora in stato di shock. Ma sulla vicenda sono ancora molti i nodi che restano da sciogliere. La procura di Agrigento ha aperto, infatti, un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio colposo. Inoltre, resta da far luce sulle responsabilità de La Valletta, che ha lanciato l’allarme solo quando il gommone si trovava in acque italiane. E così, il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale, non esclude l’eventualità di una rogatoria internazionale per omissione di soccorso: infatti, secondo la testimonianza di Titi Tazrar, unica donna sopravvissuta, una motovedetta maltese li ha accostati per offrire loro acqua, cibo e benzina ma poi, dice, “ci hanno lasciati in mare”. Stesso trattamento da parte di una decina di imbarcazioni che, sempre stando al racconto dei naufraghi, avrebbero incrociato il gommone durante il naufragio ma hanno preferito ‘tirare dritto’.

Intanto, dopo il danno arriva la beffa: i 5 naufraghi, in attesa di esaminare il loro status di richiedenti asilo, sono stati iscritti nel registro degli indagati per il ‘nuovo’ reato di immigrazione clandestina. Un provvedimento “dovuto” – introdotto con il Pacchetto Sicurezza – che però inquieta tanto l’opinione pubblica quanto lo stesso Di Natale: se i 5 dovessero comparire davanti al giudice di pace, afferma il Pm, la procura ricorrerà in Consulta per “sollevare l’eccezione di costituzionalità” sulla norma.


Si dice il peccato, non il peccatore…

Nel mondo cattolico la vicenda del gommone che sarebbe stato lasciato in mare ha suscitato forte indignazione. Se ne è fatto interprete anche il Vaticano che, per bocca del presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò si dice “addolorato per il continuo ripetersi di queste tragedie”. Il caso degli eritrei, dice, “ci ricorda quanto scrive Benedetto XVI nella Caritas in veritate: ‘Ogni migrante è una persona umana’ che ‘possiede diritti fondamentali inalienabili’ da rispettare ‘in ogni situazione’”.

Dal presidente del dicastero vaticano, però, nessun attacco esplicito al Pacchetto Sicurezza: Vegliò dichiara “legittimo” il “diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni” anche se, ricorda, c’è “un diritto umano ad essere accolti e soccorsi”. A tal fine, “si dovrebbero armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati”. Una dichiarazione, quella di mons. Vegliò, assai più morbida se confrontata con la denuncia – “questa legge porterà molti dolori e difficoltà” – di mons. Agostino Marchetto, segretario dello stesso dicastero. Dichiarazioni che gli costarono una sconfessione pubblica per bocca del direttore della Sala Stampa vaticana, p. Federico Lombardi (v. Adista n. 76/09 e notizia successiva).

Duro il commento del quotidiano dei vescovi Avvenire, affidato ad un editoriale del 21 agosto di Marina Corradi, che denuncia la dilagante “legge del non vedere”: così come, durante il nazismo, una cortina di paura e silenzio si abbatté sui “convogli piombati”, sulle “voci, le grida, nelle stazioni di transito”, assecondando di fatto la deportazione degli ebrei nei lager nazisti, oggi a “far chiudere gli occhi” sui drammi delle migrazioni è “una quieta rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione”.

Durante l’iter parlamentare del Pacchetto Sicurezza, il quotidiano dei vescovi aveva sollevato solo qualche piccolo dubbio sulla stagione della “cattiveria” inaugurata del governo contro l’immigrazione. Mai una dichiarazione di sdegno, tanto meno una bocciatura del provvedimento. Anzi, il 3 luglio scorso, un editoriale di Piero Chinellato dava un giudizio parzialmente positivo della legge (v. Adista n. 76/09). Ma appena il giorno successivo (4/7), Avvenire ‘cambiava idea’ e lo stesso autore evidenziava le “crepe” di un testo inquietante per “i segnali di allarme sulle possibili derive xenofobe” (v. Adista n. 79/09).

La stessa Corradi non si è certo segnalata in passato per la vis polemica nei confronti dell’attuale esecutivo. E anche quando è scoppiato il Casoria-gate e lo scandalo dei festini a Villa Certosa e Palazzo Grazioli ha difeso pubblicamente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (v. Adista n. 73/09).

E infatti, a leggerlo con attenzione, anche il duro editoriale del 21 agosto che paragona le morti nel Mediterraneo alla Shoa, se la prende in termini generali con la mancanza di carità nel soccorrere i migranti, parla di “decine e decine di eritrei inabissati come una povera zavorra di ossa in fondo a quello stesso mare in cui a Ferragosto incrociano navi da crociera, traghetti, e gli yacht dei ricchi”, ma evita qualsiasi riferimento al reato di clandestinità introdotto dal Pacchetto Sicurezza. Certo, scrive Avvenire, “nessuna politica di controllo della immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino”: dunque, “in mare si soccorre”, sempre e comunque. Ma poi, aggiunge, “a terra opereranno altre leggi: diritto d’asilo, accoglienza, respingimento”.

Nonostante i toni pacati, le reazioni delle gerarchie hanno mandato su tutte le furie i leader della Lega: Umberto Bossi ha invitato il Vaticano a testimoniare maggiore coerenza con le sue dichiarazioni, aprendo le ‘sue’ porte agli immigrati; Roberto Calderoli ha invece così contrattaccato: “Le parole sugli immigrati pronunciate da mons. Vegliò non sono quelle del Vaticano e della Cei da cui, anzi, spesso, lo stesso Vegliò è stato poi contraddetto”. “Pretestuoso”, “penoso” e “offensivo”, replica a Bossi il prelato.

Il diritto di replica è affidato ancora una volta ad un editoriale di Avvenire del 26 agosto a firma di Andrea Lavazza: il quotidiano della Cei torna ad attaccare “l’animosità gratuita di alcuni rappresentanti della Lega verso prelati vaticani” ma, allo stesso tempo, rassicura che mons. Vegliò intendeva solo esprimere “il dolore per il continuo ripetersi di queste tragedie” e, dunque, “non puntava il dito contro alcuno”. Resta forte l’invito ad “un ripensamento sul reato di clandestinità”, ma appare fuori luogo, spiega Lavazza, il tentativo del ministro di far passare “la doverosa difesa dei più deboli e dei più poveri” per una sorta di “estremismo eterodosso, magari venato di simpatie per l’opposizione”.

 

… Ma alcuni vescovi puntano il dito

Se dai vertici ecclesiastici la condanna, seppur dura, resta vaga, nelle Chiese locali il clima è diverso. Parla apertamente Mons. Francesco Montenegro, ex presidente della Caritas italiana e arcivescovo di Agrigento, arcidiocesi che comprende anche l’isola di Lampedusa: qualcosa non funziona nella legislazione, forse “non in grado di coniugare accoglienza, rispetto dei diritti umani e legalità”. Una legge “assurda”, ribadisce poi, “che chiude porte e finestre” e non tiene conto della “situazione e della sofferenza di tanta gente”.

Pollice verso anche dal vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero: il governo dovrebbe ascoltare la voce critica del “movimento trasversale di opinione” e trovare “il coraggio e la forza politica di cambiare le norme sui respingimenti”. Il fatto che diverse imbarcazioni abbiano deciso di non aiutare i naufraghi, dimostra che anche in mare si teme “di dover sottostare a conseguenze penali” e così i marinai “hanno paura di aiutare persone in difficoltà. Siamo veramente di fronte a una violenza – dichiara il 22 agosto – che viene fatta alla coscienza della gente di mare. È una cosa gravissima”. “La legge per la sicurezza – attacca – è fondata sull’arbitrio e sul razzismo e questo come Chiesa non lo possiamo accettare e dobbiamo gridarlo ad alta voce. Domani la storia non deve giudicare il nostro silenzio né come accettazione o appoggio indiretto a queste cose”: “Se le leggi mettono sotto i piedi i valori umani, dobbiamo combatterle”.

Il vescovo di Pinerolo, mons. Pier Giorgio Debernardi, ha invitato il clero e i laici della sua diocesi ad aderire alla Giornata di digiuno e di solidarietà promossa il 27 agosto dal Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste: ''La decisione presa dal Sinodo ‑ ha dichiarato al Sir (27/8) mons. Debernardi ‑ nasce dal desiderio di dare un segno forte che esprimesse una partecipazione delle Chiese al dramma di questi nostri fratelli che vengono da altri Paesi e trovano una non accoglienza da parte del nostro Paese”. Riferendosi al Pacchetto Sicurezza ha poi aggiunto: “Come cristiani non possiamo rassegnarci a che nella nostra nazione siano operanti queste leggi. È una cultura da cambiare, una cultura che sta purtroppo radicandosi anche nella nostra gente''. (giampaolo petrucci)

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