VIVERE LA DIFFERENZA PER ARGINARE UNA GERARCHIA INDIFFERENTE. A FIRENZE, ADISTA INCONTRA LA COMUNITÀ DELLE PIAGGE
Tratto da: Adista Notizie n° 120 del 28/11/2009
35307. FIRENZE-ADISTA. Doppio appuntamento a Firenze per presentare il secondo volume delle “Omelie Fuoritempio” di Adista (Fuoritempio. Omelie laiche. Anno C, a cura di Valerio Gigante e Luca Kocci, Di Girolamo editore, pp. 200, euro 15: il libro può essere richiesto, senza spese di spedizione aggiuntive, ad Adista, tel. 06/6868692; fax 06/6865898; e-mail: abbonamenti@adista.it; oppure acquistato online sul sito www.adistaonline.it).
Due incontri che sono stati soprattutto il pretesto per un confronto, a pochi giorni dalla rimozione di don Alessandro Santoro, sul “caso Le Piagge”, sulle iniziative che stanno coinvolgendo la Chiesa di base fiorentina e sulla risonanza che la vicenda sta avendo a Firenze e nel Paese (v. Adista nn. 111, 114, 117/09) . Il pomeriggio del 16 novembre, presso la centralissima libreria Feltrinelli di via de’ Cerretani, davanti ad un platea di oltre 250 persone, Valerio Gigante (redattore di Adista), don Vitaliano Della Sala (attualmente amministratore parrocchiale della parrocchia S. Pietro e Paolo di Mercogliano) e Luigi Lombardi Vallauri (docente di Filosofia del Diritto all’Università di Firenze) si sono ritrovati, insieme all’ex cappellano delle Piagge, per discutere, a partire dalle questioni poste dal volume delle Omelie laiche di Adista, sulle contraddizioni tra fede e religio, tra l'inquietudine delle domande e della ricerca dei tanti uomini e donne, preti, religiosi e laici che si sono alternati sulle pagine del volume, per restituire - come ha sottolineato Gigante - il Vangelo dai vapori dell’incenso alla polvere delle strade e per mostrare l’esistenza di una Chiesa diversa da quella che si manifesta nella granitica certezza di una gerarchia “che evita sempre di incarnare la verità nella storia, perché preferisce misurarla sulla base dei decreti magisteriali”.
Valerio Gigante: la Chiesa che può e quella che non può
Gigante ha sottolineato come solo apparentemente la gerarchia presenti la fede cattolica come insieme di “verità non negoziabili”. In realtà, ha spiegato il redattore di Adista, a dispetto dei non possumus continuamente proclamati dai vertici ecclesiastici, “la Chiesa ha potuto eccome rivedere molte delle proprie ‘irrinunciabili’ posizioni, come quelle su liberalismo, libertà di culto, di opinione, di stampa, separazione tra Stato e Chiesa, prestito ad interesse, eliocentrismo, illuminismo, modernismo, tortura, antigiudaismo, ecc.”. Oggi, ha continuato Gigante, la Chiesa difende a spada tratta il matrimonio tra uomo e donna, “il matrimonio della Costituzione, come amano dire i vescovi”. Anche quello civile, quindi: “Basta che escluda qualsiasi forma di regolarizzazione delle convivenze, specie quelle tra gay, trans, lesbiche”. Ma non è stato sempre così: “Nel 1956 - ha ricordato Gigante -, un decreto della Curia vescovile di Prato, firmato dal vescovo mons. Pietro Fiordelli, puniva pesantemente una coppia di fidanzati, Loriana Nunziati e Mauro Bellandi, colpevoli di aver rifiutato il matrimonio religioso e di aver optato per quello civile”, bollava i due giovani come “pubblici concubini, negava loro i sacramenti, la benedizione della casa, addirittura il funerale religioso”. Oggi un fatto del genere “sarebbe inammissibile per la stessa gerarchia cattolica. I valori quindi si negoziano. Purché a negoziarli siano i vertici ecclesiastici. Non i laici, tantomeno i preti che si confrontano quotidianamente con le situazioni concrete del loro popolo”. “Forse – ha concluso amaramente Gigante – tra 50 anni la Chiesa chiederà scusa a don Santoro ed alla sua comunità e la loro scelta sarà considerata profetica. Oggi però c’è solo la sofferenza di un popolo smarrito e di un prete duramente colpito nel suo ministero”.
Don Vitaliano Della Sala: accoglienza a senso unico
A seguire, l’intervento di don Vitaliano Della Sala. Tra gli “omileti” presenti nel volume delle “Omelie” di Adista, anche don Vitaliano, come don Santoro, è stato rimosso dalla sua parrocchia, nel dicembre 2002, per il suo sostegno alla causa dei gay, dei migranti, degli emarginati, per il suo impegno a fianco dei movimenti sociali e per le sue critiche alle gerarchie (v. Adista nn. 23, 87, 90/02). Per diversi anni don Vitaliano è rimasto senza alcun incarico. Fino a quando, nel 2008, il nuovo vescovo, mons. Francesco Marino, ha implicitamente riconosciuto le ingiustizie subite dal prete irpino, assegnandogli la cura pastorale di un’altra parrocchia, dove però ha assunto solo le funzioni di parroco, non ancora il titolo. “Bisogna pensare alla Chiesa come ad una pluralità di voci, ad una convivialità di differenze, come diceva don Tonino Bello”, ha sottolineato don Vitaliano. “Il problema è che alla accoglienza, legittima, di istanze ultraconservatrici come quelle dei lefebvriani, fa da contraltare, da parte della gerarchia, una repressione sempre più dura e sistematica delle istanze progressiste e profetiche”. Ma bisogna resistere, ha proseguito il sacerdote, mobilitandosi, facendo rete e restando coscienti della propria appartenenza alla Chiesa-popolo di Dio in cammino, “rompendo così, nei fatti, quell’unanimismo di facciata che la gerarchia tenta di proporre come unico modello di Chiesa”.
Luigi Lombardi Vallauri: l’infallibile gerarchia
Una storia di repressione ecclesiastica anche quella che ha colpito Luigi Lombardi Vallauri, che nel 1998 fu rimosso, dopo venti anni di insegnamento, dal suo incarico di docente di Filosofia del Diritto presso l’Università Cattolica di Milano per le sue posizioni “nettamente contrarie alla dottrina cattolica” e “per rispetto della verità, del bene degli studenti e di quello dell’università” (v. Adista n. 114/09). “La pietra dello scandalo - ha ricordato Vallauri durante l’incontro - fu la pubblicazione di un mio libro, Nera Luce. Saggio su cattolicesimo e apofatismo, in cui mettevo in discussione le tradizionali tesi del magistero cattolico sull’Inferno. Sostenevo, in sintesi, che l’Inferno non può essere contemplato da Dio nei termini in cui ne parla la Chiesa e le stesse Scritture perché è in contraddizione con lo stesso spirito del diritto umano. L’inferno, giudicato con i parametri del nostro ordinamento, è infatti del tutto ‘anticostituzionale’: c’è sproporzione tra la pena infinita e la colpa finita; c’è trattamento contrario al sentimento di umanità; e, infine, non si tende alla rieducazione del condannato. Come può dunque esistere?”. Sul caso delle Piagge e sui tanti pronunciamenti ecclesiastici recenti e passati Vallauri ha chiosato con una battuta: “Anche io mi sono convinto nel tempo che il papa sia infallibile: infallibile nel senso che infallibilmente ogni sua presa di posizione è sbagliata”.
Don Alessandro Santoro: io non sogno più
Attesissimo l’intervento di don Alessandro Santoro che ha esordito citando un passo delle Conversazioni notturne del card. Carlo Maria Martini: “C'è stato un tempo”, scrive Martini “in cui ho sognato una Chiesa nella povertà e nell'umiltà, che non dipende dai poteri di questo mondo. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni”. E questi sogni dice di non averli più nemmeno Santoro, che ha rivendicato la scelta di celebrare il matrimonio “fuori dai canoni” di Fortunato Talotta e Sandra Alvino affermando però di voler obbedire ad un provvedimento che pure gli ha tolto tutto: “La mia comunità era la mia famiglia. Ora vivo da solo, in attesa di sapere se e quando avrò un nuovo incarico pastorale”. Una situazione di drammatica sospensione, in cui, dice Santoro, è difficile anche “fare semplici quotidiane attività come lavorare, leggere, passeggiare per i boschi del Casentino in cui ora trascorro le mie giornate”.
Il cammino delle Piagge non si ferma
Don Vitaliano, Valerio Gigante e Luca Kocci si sono poi spostati alle Piagge, per un intenso e partecipato incontro con la Comunità di Base, cui hanno preso parte una sessantina di persone. Molti hanno chiesto a don Vitaliano di raccontare le vicende sue e della comunità di Sant’Angelo a Scala seguite alla sua rimozione e gli hanno chiesto suggerimenti su come continuare a portare avanti le istanze della Comunità e le attività messe in piedi negli ultimi 15 anni. “Continuate la vostra mobilitazione a sostegno di don Santoro, fate sentire la vostra voce contro l’ingiustizia che Alessandro ha subito. E voi con lui. Ma soprattutto impegnatevi a fondo affinché ciò che è nato in questi anni prosegua e cresca”, ha risposto don Vitaliano. “È la risposta più significativa nei confronti di chi ritiene che rimuovendo un prete si cancelli un cammino, una storia. Ma voi esistete, e dovete continuare ad essere segno di contraddizione vivente nella Chiesa. Affinché la Chiesa cambi e i laici possano contribuire realmente a questo processo di trasformazione”.
Chiesa di mattoni o comunità viva di donne e uomini?
E intanto, l’offensiva della Curia prosegue. Sulla Nazione (15/11) è comparso un articolo in cui si tratteggia il futuro della comunità. Un articolo, denuncia il giornale delle Piagge, www.altracitta.org, suggerito da don Giovanni Momigli, parroco di San Donnino e braccio destro del vescovo mons. Giuseppe Betori. “Sulle Piagge - scrive la Nazione - da tempo la Curia vorrebbe edificare una chiesa e la ‘missione’ di don Renzo Rossi e dei sacerdoti che magari l’affiancheranno sarà proprio quella di portare la parola di Dio fra quei 5mila abitanti del quartiere che la vivono con grande distacco”. “Solo una minima parte di loro frequenta la Comunità di Base e le tre parrocchie dislocate fra Peretola, San Biagio a Petriolo e Brozzi, chiese che comunque non potrebbero contenere numericamente questi fedeli”, è la sentenza della Nazione. Niente paura però: “Un nuovo progetto di evangelizzazione sta per aprirsi sul quartiere. Costruire una chiesa in mattoni sarebbe un primo segnale di avvicinamento ad una realtà sociale di case popolari, emarginazione, disoccupazione e precariato”.
“Ancora una volta dalla stampa veniamo a sapere della possibile futura edificazione di una chiesa in mattoni alle Piagge e di un ‘nuovo progetto di evangelizzazione sul quartiere’”, ha replicato a stretto giro di posta la Comunità. “La sensazione che ne ricaviamo è quella di un potere che cala dall’alto le sue decisioni sovrastando senza rispetto la storia, il pensiero, i sentimenti, la fede di un’intera comunità”. “È vero, alle Piagge non esiste un edificio chiesa. Tuttavia nel nostro percorso di comunità cristiana questa mancanza di struttura ci ha permesso di riscoprire l’essenziale: che la Chiesa è fatta prima di tutto dalle persone e con le persone. La Chiesa deve ritrovare la strada come luogo di incontro e di confronto. È sulla strada, infatti, che solitamente incontriamo Gesù quando leggiamo insieme il Vangelo. Così, anche se non abbiamo un edificio chiesa, abbiamo un altro spazio, il centro sociale, un luogo che accoglie tutti e tutto, una porta aperta a tutti. Qui si svolgono tutte le attività, dal doposcuola alle riunioni del giornale alle assemblee delle cooperative alla celebrazione domenicale”. Insomma, la chiesa di mattoni, magari al posto di quella di uomini e donne edificata in questi anni, alle Piagge non interessa.
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