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Il sacro recinto

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 27/03/2010

Il capitano chiese al giovane alpino: “Credi in Dio, soldato?”. Il giovane alpino rispose con una “bestemmia affermativa”, seguita da un marziale “…signor capitano”. In Italia essere cattolici è come per gli americani bere la Coca Cola. È logico, scontato, una questione di identità nazionale, come il rampollo di casa Savoia ci ha ricordato a Sanremo (“Io credo nella mia cultura e nella mia religione”). Ed è scontato che le caratteristiche del cattolico ruspante debbano per forza coincidere con i valori del “sacro recinto” nel quale sono da sempre rinchiusi i cattolici che vogliano rappresentare i cattolici. Un cattolicesimo “identitario”.

Non si è andati molto più lontani della formula “Dio, Patria e Famiglia”, che ha caratterizzato prima i battaglioni di cattolici fascisti e poi le crociate storiche contro il comunismo, il divorzio, l’aborto, l’eutanasia. Logico e scontato, per un cattolico italiano, marciare dietro a scudi crociati e uomini della provvidenza. Meno logico e scontato è ritrovarli pensosi di fronte alla storia, occupare spazi al di fuori del “sacro recinto” dove i valori del Vangelo si incontrano con i valori dell’uomo, fuori dai palazzi, nella povertà ordinaria degli umani.

Cattolici formati al dialogo, all’accoglienza, alla pace, alla solidarietà, alla giustizia, alla legalità. Indisponibili alle crociate e all’idolatria delle persone e delle cose. Cattolici cultori di ‘tutta’ la vita, che non fanno del concepimento e del termine una ideologia e considerano anche quello che c’è in mezzo, cioè la dignità dell’uomo, “gloria di Dio”, mentre l’ideologia della guerra non consente, soprattutto agli innocenti, un termine-vita “naturale”. I cattolici bollati come “catto-comunisti” dagli scaltri manovratori del voto identitario: questi cattolici ci hanno dato pieno diritto di cittadinanza in questo Paese e, mentre la cattolicità identitaria strizzava l’occhio alle dittature e taceva sulle loro nefandezze, furono esiliati e combatterono con le armi e con le idee per un futuro migliore. Sono quelli che mentre tutti erano preoccupati di organizzare crociate “contro” qualcuno o qualcosa, guardavano l’altro come una persona semplicemente diversa, ma non nemica, e vi sapevano vedere un anelito e una speranza. Sono i grandi cattolici della Resistenza, della Costituzione, del Concilio, del cattolicesimo democratico.

Con questi riferimenti non possiamo accettare di essere rappresentati da personaggi pubblici forse anche cristiani ma che nascondono, dietro alle parole accattivanti per il voto cattolico, ideologie profondamente anti-cristiane, quali il culto dell’edonismo e del successo, l’impunità per i potenti, i ricchi e i furbi, l’intolleranza, la xenofobia, la distruzione sistematica di ogni valore relazionale tramite il terrorismo mediatico dei grandi fratelli e delle isole dei famosi. Un’ipocrisia sfacciata e arrogante che pretende di dare il voto in condotta agli studenti e poi fa vanto di comportamenti immorali, che fanno scuola ai giovani stessi.

I grandi politici sono i grandi uomini (cattolici e non) che hanno saputo lavorare insieme ad altri grandi uomini perché portatori di progetti grandi e tesi al bene di tutti (cattolici e non) e non hanno avuto timore di rischiare vita e reputazione per il bene del Paese.

Non basta condannare la dittatura passata. Occorre riconoscere le parole e i meccanismi che hanno portato il nostro Paese nelle mani di un folle. E per questo servono uomini pensanti e liberi, capaci di rifiutare l’arruolamento nei “sacri recinti” elettorali, capaci di resistere alla satanica seduzione del potere. Questi uomini o queste donne voteremo, cattolici e non.

parroco di Sant’Angelo in Mercole (Spoleto)

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