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SIGNORNÒ. A CAGLIARI, UNA COMUNITÀ PARROCCHIALE SI RIBELLA AL GENERALE VESCOVO

Tratto da: Adista Notizie n° 64 del 31/07/2010

35729. CAGLIARI‑ADISTA. “Lei è abituato a comandare, per questo non è capace di ascoltare”: più che le proteste per il trasferimento del parroco, è questo il cuore della dura contestazione che i fedeli della chiesa di Sant’Eulalia, a Cagliari, hanno rivolto all’arcivescovo della città, mons. Giuseppe Mani, arrivato nella comunità per annunciare la fine del mandato e il conseguente spostamento del parroco don Mario Cugusi. Ed è la seconda volta in poche settimane ‑ dopo la lettera dei parrocchiani di San Pio X a Livorno che, in seguito all’improvvisa e immotivata rimozione del loro viceparroco, hanno scritto al vescovo per lamentare il “sistema feudale” dell’istituzione ecclesiastica (v. Adista n. 57/10) ‑ che in Italia una comunità parrocchiale prende la parola pubblicamente, rivolgendosi direttamente al proprio vescovo, per denunciare la gestione verticale del ministero e criticare le resistenze delle gerarchie ecclesiastiche ad un dialogo franco e fraterno con il popolo di Dio.
A Cagliari la notizia del trasferimento di don Cugusi si era diffusa in via informale, e così la sera del 17 luglio mons. Mani ‑ già ordinario militare per l’Italia dal 1996 al 2003 (e quindi con i gradi di generale di corpo d’armata) distintosi per uno spiccato attaccamento alla divisa e per uno spinto militarismo (v. Adista nn. 13, 77 e 84/96; 49 e 67/97; 7/98; 39, 43, 47 e 65/99; 51/00; 55/01; 19/03) ‑, si è recato in parrocchia per un’assemblea in cui avrebbe dovuto spiegare la rimozione del parroco, che non era stata ufficialmente comunicata né al Consiglio pastorale né alla comunità dei fedeli. Ma in chiesa ‑ dove l’arcivescovo ha preteso che si tenesse l’assemblea nonostante fosse già stato allestito un altro spazio ‑, alle prime timide contestazioni dei parrocchiani, ha perso la calma e ha detto: “Questa non è una chiesa, è una baracca”. A quel punto le proteste sono esplose e i fedeli hanno chiesto conto di quella che hanno percepito come un’offesa nei loro confronti: “Lei ha offeso la nostra comunità e tutti i sardi, un vescovo non può esprimersi in questo modo nei confronti dei fedeli”. Dopodiché mons. Mani si è fatto il segno della croce, ha abbandonato l’assemblea e si è diretto verso la sacrestia, seguito da un gruppo di parrocchiani, fra cui l’antropologo Bachisio Bandinu (già direttore del quotidiano L’Unione sarda), componente del Consiglio pastorale, che l’ha invitato a giustificare la frase ed a riprendere il dialogo: “Lei è venuto qui anche per ascoltare, andiamo in un’altra sala e ci ascolti, se vuole parlo solo io a nome dei parrocchiani”. Ma l’arcivescovo è stato irremovibile: “Avrei voluto comunicare la mia decisione al Consiglio pastorale ma così non si può dialogare”, ha ripetuto. “Lei è un generale, sa solo imporre, ma noi non siamo l’esercito, siamo la Chiesa”, hanno replicato alcuni fedeli a mons. Mani che ormai, guadagnata l’uscita, era salito in macchina per allontanarsi velocemente.
Dal 1988 parroco a Sant’Eulalia, molti nel quartiere lo apprezzano e riconoscono a don Cugusi di aver dato grande slancio e impulso alla comunità parrocchiale e rivitalizzato il territorio, aprendo la parrocchia agli immigrati, attivando un centro sociale e un teatro, spalancando le porte agli ortodossi ‑ che in parrocchia possono svolgere le loro celebrazioni liturgiche ‑ e avviando una serie di attività sociali e culturali. Insomma un prete assai impegnato, che potrebbe aver contrastato od ostacolato qualche interesse, come don Mario stesso ipotizza: “Il vescovo ha spiegato il mio trasferimento con la necessità di turnazione, ma siccome in diocesi ci sono diversi parroci che stanno nella stessa parrocchia anche da quarant’anni la sua mi sembra una giustificazione che non sta in piedi e che in realtà copre altre ragioni meno nobili, che sicuramente emergeranno”, spiega don Cugusi al canale YouTg Cagliari.
In ogni caso, pare proprio che, oltre le contestazioni dei fedeli, la faccenda non finisca qui: “Non ho ricevuto alcun decreto di rimozione ‑ prosegue ‑, non ho rassegnato le dimissioni, per cui ritengo che sia invalida la nomina di un nuovo parroco mio successore. Per questo intendo fare ricorso alla Congregazione per il clero”. (luca kocci)

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