Nessun articolo nel carrello

L’OLOCAUSTO GITANO IERI E OGGI

Tratto da: Adista Documenti n° 76 del 09/10/2010

1496 (auge del pensiero umanista): i popoli rom (gitani) di Germania sono dichiarati traditori dei Paesi cristiani, spie al soldo dei turchi, portatori (seminatori) di peste, stregoni, banditi e rapitori di bambini.

1710 (secolo dei Lumi e della ragione): un editto ordina che i gitani adulti di Praga siano impiccati senza processo. I giovani e le donne siano mutilati. In Boemia, si tagli loro l’orecchio sinistro; in Moravia, l’orecchio destro.

1899 (culmine della modernità e del progresso): la polizia della Baviera crea la Sezione Speciale degli Affari gitani. Nel 1929, la sezione viene elevata a categoria di Centrale Nazionale e trasferita a Monaco. Nel 1937 si insedia a Berlino. Quattro anni dopo, mezzo milione di gitani muoiono nei campi di concentramento dell’Europa centrale e dell’Est.

2010 (fine delle grandi narrazioni e delle ideologie): in Italia (dove è nata la ragion di Stato) e in Francia (sede mondiale del chiacchiericcio intellettuale) i governi (entrambi con forte appoggio popolare, cioè democratici) stabiliscono la deportazione di migliaia di gitani verso la Bulgaria e la Romania.

 

Il bisogno di talismani

La tragedia dei rom è cominciata nei Balcani (e quale dramma europeo non è iniziato nei Balcani?). A metà del XV secolo, il principe Vlad Dracul (o Demonio, uno degli eroi nazionali della resistenza contro i turchi) rientrò da una battaglia combattuta in Bulgaria con 12mila schiavi gitani. Non era per caso gitano il misterioso cocchiere del conte Dracula?

Il dottor Hans Globke, uno dei redattori delle leggi di Norimberga sulla classificazione della popolazione tedesca (1935), dichiarò: i gitani sono di sangue straniero. Straneri di dove? Senza poter negare che scientificamente erano di origine ariana, il prof. Hans F. Guenther li classificò in una categoria a parte: rassengemische (mescolanza indeterminata).

Nella sua tesi di dottorato, Eva Justin (assistente del dottor Robert Ritter, della sezione di indagini razziali del Ministero della Salute tedesco) affermava che il sangue gitano era sommamente pericoloso per la purezza della razza tedesca. E un tale dottor Portschy inviò un memorandum a Hitler suggerendogli di sottometterli a lavori forzati e sterilizzazione di massa, perché rappresentavano un pericolo per il sangue puro del contado tedesco.

Classificati come criminali inveterati, i gitani cominciarono ad essere incarcerati in massa e, a partire dal 1938, furono internati in blocchi speciali nei campi di Buchenwald, Mauthausen, Gusen, Dautmergen, Natzweiler e Flossenburg.

In un terreno di sua proprietà ai Ravensbruck, Heinrich Himmler, capo della Gestapo (SS), creò uno spazio per sacrificare le donne gitane che erano sottoposte ad esperimenti medici. Vennero sterilizzate 120 bambine zingare. Nell’ospedale di Dusseldorf-Lierenfeld vennero sterilizzate gitane sposate con non gitani.

Migliaia di gitani furono deportati dal Belgio, dall’Olan-da e dalla Francia al campo polacco di Auschwitz. Nelle sue memorie, Rudolf Höss (comandante di Auschwitz) racconta che fra i deportati gitani c’erano vecchi quasi centenari, donne incinte e un gran numero di bambini.

Nel ghetto di Lodz (Polonia), le condizioni erano così estreme che nessuno dei 5mila gitani internati sopravvisse. Oltre 30mila morirono nei campi polacchi di Belzec, Treblinka, Sobibor e Maidaneck.

Durante l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica (Ucraina, Crimea e Paesi baltici) i nazisti fucilarono a Simvripol (Ucraina) 800 uomini, donne e bambini nella notte di Natale del 1941.

In Jugoslavia, nel bosco di Jajnice, vennero uccisi tanti gitani quanti ebrei. I contadini ricordano ancora le grida dei bambini gitani portati sui luoghi dell’esecuzione.

Secondo quanto risulta negli archivi delle Einsatzgruppen (pattuglie mobili dell’esercito tedesco), sarebbero stati assassinati 300.000 gitani in Urss e 28.000 in Jugoslavia. Lo storico austriaco Raoul Hilberg ritiene che prima della guerra vivevano in Germania 34.000 gitani. Si ignora il numero dei sopravvissuti.

Nei campi di sterminio, solo l’amore dei gitani per la musica fu a volte di consolazione. Ad Auschwitz, affamati e pieni di pidocchi, si riunivano per suonare e incoraggiare i bambini a ballare. Ma è anche leggendario il coraggio dei guerriglieri gitani che militarono nella resistenza polacca, nella regione di Nieswiez.

“Anche io avevo / una grande famiglia / Fu assassinata dalla Legione Nera / uomini e donne furono squartati / fra loro anche bambini piccoli [versi dell’inno rom, Gelem, Gelem (andai, andai)].

Le esigenze di assimilazione, espulsione o eliminazione (non necessariamente in quest’ordine) giustificherebbero l’attaccamento dei popoli rom ai talismani. I gitani hanno tre nomi: uno è per i documenti di identità del Paese in cui vivono; un altro è per la comunità e il terzo è quello che la madre sussurra per mesi all’orecchio del neonato. Questo nome, segreto, servirà come talismano per proteggerlo contro ogni male.

 

La barbarie della civiltà

Dopo la guerra, i Paesi alleati soppressero lo Stato nazista tedesco e i suoi gerarchi furono giudicati per crimini contro l’umanità (Norimberga, 1945-1946). All’inizio del 1950, quando ebbe inizio il negoziato per gli indennizzi alle vittime dell’Olocausto, il nuovo Stato tedesco ritenne che solo gli ebrei ne avevano diritto.

Senza organizzazioni politiche che li difendessero, i popoli rom furono ignorati ed esclusi. Secondo il governo democristiano di Konrad Adenauer, lo sterminio dei gitani intrapreso prima del 1943 era una politica legittima dello Stato. A quell’epoca nessuno dei sopravvissuti ottenne un centesimo.

La politica criminale della Baviera rimase negli archivi del dottor Robert Ritter, l’esperto nazista sui rom che non venne condannato. Ritter tornò all’attività accademica, e nel 1951 si suicidò. Recentemente, nel 1982, il cancelliere socialcristiano Helmut Kohl ha riconosciuto il genocidio dei rom. Ormai, la maggioranza di quelli che avrebbero avuto diritto ad un risarcimento era morta.

E l’accanimento della Svizzera contro i yenishes (così sono chiamati i gitani nel Paese di Heidi) è stato più… discreto? Per mezzo secolo (dal 1926), con l’aiuto della polizia e del clero, l’Opera di Assistenza ai Bambini di Strada della molto rispettabile Fondazione Pro-Juventute sottrasse alle rispettive famiglie oltre 600 mila bambini gitani.

Il dottor Alfred Siegfried (1890-1972), direttore e fondatore dell’Opera, era uno psicopatico ferocemente deciso a vincere il male del nomadismo. In un rapporto sulle sue attività (1964), Siegfred affermò che “...il nomadismo, come alcune malattie pericolose, è trasmesso principalmente dalle donne... tutti i gitani sono cattivi, mentono, rubano...”. L’Opera fu finanziata ufficialmente fino al 1967, e nel 1973 venne sciolta. Ma, in base a una legge del 1987, tutta la documentazione relativa ai suoi esperimenti medici sui bambini gitani non potrà essere esaminata prima di... cento anni. Nel 1996, la Confederazione Elvetica ha riconosciuto la sua responsabilità morale, politica e finanziaria rispetto alla Pro-Juventute, incaricata della protezione dei bambini a rischio di abbandono e vagabondaggio.

Oltre tre quarti della popolazione mondiale di gitani (da 12 a 14 milioni) vivono nei Paesi dell’Europa centrale e dell’est. Ma solo nella Jugoslavia di Tito i rom sono riusciti ad ottenere il riconoscimento come minoranza, con gli stessi diritti dei croati, degli albanesi e dei macedoni. Nonostante ciò, dopo il riordinamento avvenuto nei Balcani negli anni ’90, 10mila gitani bosniaci si sono rifugiati a Berlino.

In Romania i gitani sono riusciti a sopravvivere alla dittatura di Ceausescu. Il socialismo reale ha rafforzato i tetri orfanatrofi in funzione dall’epoca della monarchia, rinchiudendovi migliaia di bambini rom. Caduto Ceausescu, il libero mercato ha fatto peggio. I negozi di alcuni gitani che avevano ottenuto un successo economico con la liberalizzazione dell’economia sono stati saccheggiati.

La deportazione massiccia di gitani verso la Romania e la Bulgaria ordinata dal governo del presidente francese, Nicolas Sarkozy (ebreo di origine ungherese) risulta particolarmente perversa. La popolazione della Romania, secondo Paese più povero dell’Unione Europea, è fortemente ostile ai 2 milioni di gitani che vi vivono, come pure lo è un governo che per obbedire ai dettati del Fondo Monetario Internazionale ha appena abbassato del 25% il compenso dei funzionari e aumentato al 24% l’Iva.

Nei giorni passati, il presidente rumeno, Traian Basescu, ha chiamato gitana schifosa una giornalista, e il ministro degli Esteri, Teodor Baconschi, ha dichiarato nello scorso febbraio che “...alcune comunità rumene hanno problemi psicologici (sic!) in relazione alla delinquenza, specialmente le comunità gitane”.

La situazione dei gitani nei territori dell’antica Cecoslovacchia non è da meno. Fino al momento della suddivisione (1992), erano cittadini. Dopo, né cechi né slovacchi li hanno più riconosciuti come tali, malgrado vivessero lì da generazioni.

Nel giugno1998, un gitano è stato assalito e pugnalato da uno skinhead a Pisek, cittadina al sud della Boemia ceca. Pisek, ai tempi dell’occupazione tedesca, era situata a pochi chilometri dal campo di concentramento di Lety, messo su dai cechi e solo per gitani. E da Lety li trasferivano nei campi nazisti di sterminio.

Da parte loro, gli abitanti della vicina città slovacca di Michalovce hanno appena terminato la costruzione di un muro di 500 metri per impedire il passaggio ai gitani che abitano nel paese confinante. L’opera ha avuto il sostegno delle autorità. Alla fine del 2009, costruzioni simili hanno isolato i gitani nelle città di Ostrovany, Secovec, Lomnicka e Trebisov.

In questa specie di olocausto silenzioso concordato dai crociati dell’Unione Europea, i mezzi di comunicazione del villaggio globale ci mettono del loro. Il 30 agosto scorso, la Cnn informava di un assassino che aveva ucciso otto persone, ferendone altre 14 a Bratislava, capitale della Slovacchia. In nessun punto della notizia la Cnn diceva che tutte le vittime erano gitane.

Dalla civiltà contro la barbarie alla barbarie della civiltà.

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.