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RUINI TORNA IN PISTA. E FA “CENTRO”

Tratto da: Adista Notizie n° 95 del 11/12/2010

35893. ROMA-ADISTA. Il 14 dicembre è il giorno del giudizio: in quella data conosceremo la sorte del governo Berlusconi. Ma qualunque sarà l’esito del voto - una maggioranza risicata ancor più fragile di quella attuale oppure la caduta immediata con conseguenti dimissioni del presidente del Consiglio - non potranno che subire una rapida accelerazione i giochi che si sono aperti questa estate dopo “lo strappo” di Gianfranco Fini.

Il progetto del presidente della Camera – che ha ufficializzato qualche settimana fa a Bastia Umbra la nascita del suo partito, Futuro e Libertà per l’Italia – è quello di dar vita a una destra liberale di tipo europeo, pienamente nel solco dei principi costituzionali e lontana tanto dalla “spregiudicatezza affaristica” del berlusconismo quanto dal populismo identitario e xenofobo della Lega. L’interlocutore “naturale” di questo progetto sarebbe quell’aggregato di forze spesso definito con l’etichetta giornalistica di “terzo polo”: l’Udc di Pierferdinando Casini, l’Api di Francesco Rutelli, l’Mpa di Raffaele Lombardo, più l’eventuale innesto dell’outsider Luca Cordero di Montezemolo. A guardare con interesse all’iniziativa ci sarebbero inoltre quei consistenti settori della borghesia italiana (rappresentati dagli attuali vertici della Confindustria guidata da Emma Marcegaglia) sempre più insofferenti verso un governo totalmente incapace di affrontare il declino industriale del Paese e bloccato nell’iniziativa politica dalla priorità assoluta riservata alle questioni personali del presidente del Consiglio.

C’è però chi a questo processo di convergenza guarda con diffidenza se non addirittura con ostilità. I vertici della Chiesa italiana stanno infatti mettendo in guardia il cattolico Casini dall’abbandonarsi all’abbraccio dei laicisti di Fli. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, ha usato contro Fini toni durissimi (v. Adista nn. 88 e 90/10): “Il ‘partito moderno’ anzi ‘futurista’ di Gianfranco Fini sta rivelando di portare nel suo dna qualcosa di strutturalmente e, per quanto ci riguarda, di inaccettabilmente vecchio: la pretesa radicaleggiante di dividere il mondo in buoni e cattivi, in arretrati e progrediti culturalmente, sulla base di una premessa e di un pregiudizio ideologico. Il ronzio di fondo che accompagna le dichiarazioni del leader ricorda, poi, le sicumere dell’anticlericalismo proprio, con le sue ambizioni e le sue miserie, di una certa Italia liberale in tutto e con tutti tranne che nei confronti dei cattolici”.

Lo scorso 8 novembre sarebbe sceso in campo anche il card. Camillo Ruini, che avrebbe incontrato Casini per esprimergli le preoccupazioni destate nella gerarchia dal suo avvicnamanto a Fini. Le stesse preoccupazioni espresse dal Segretario di Stato card. Tarcisio Bertone nel corso di una cena svoltasi lo scorso 17 novembre in Vaticano alla presenza di un gruppo di esponenti politici cattolici e del leader della Cisl Raffaele Bonanni.

Per il card. Ruini l’alternativa a Berlusconi non può essere l’ex missino e neolaicista Fini. Il cardinal Sottile potrebbe a questo punto spendersi per due opposte ipotesi. Favorire l’intesa Pd-Udc per un’alleanza di governo di centro-sinistra che tagli fuori sia Fini sia la sinistra radicale (nonostante Nichi Vendola si sia dichiarato favorevole ad un patto con i centristi). Oppure sostenere un nuovo centrodestra nel quale Casini prenda il posto di Fini. Nell’una e nell’altra ipotesi Ruini assegnerebbe a Casini il compito di “imporre” le istanze etico-morali e le esigenze temporali del mondo cattolico. Non è un caso se in una recente intervista alla Repubblica (20/11) Ruini ha evitato accuratamente di infierire contro la malconcia figura di Silvio Berlusconi, il quale potrebbe tornare utile ancora per un po’: “Vorrei osservare”, ha dichiarato l’ex presidente della Cei, “che quando si chiama in causa la morale non per scopi autenticamente morali ma per motivi diversi, ad esempio politici, si cade facilmente nel moralismo, che è a sua volta una forma di immoralità, negativa anzitutto per chi la pratica”.

L’altro fronte sul quale è molto attivo il card. Ruini è quello della riabilitazione di Dino Boffo. L’ex direttore di Avvenire interverrà al Forum sui 150 anni dell'Unità d'Italia organizzato dal 2 al 4 dicembre a Roma dal Progetto culturale della Cei, di cui lo stesso Ruini è presidente. Ma il cardinale non vuol sentir parlare di “riabilitazione”: “Dino Boffo non aveva bisogno di riabilitazione”, ha dichiarato nella già citata intervista a Repubblica, “perché l'inconsistenza delle accuse mossegli era già emersa e riconosciuta pubblicamente. Boffo sarà uno dei nostri relatori al Forum perché è persona particolarmente competente a parlare della presenza dei cattolici nell'Italia di oggi. Sulla vicenda in sé: è stata una gigantesca montatura mediatica, nella quale ci si è preoccupati di tutto fuorché del rispetto che merita ogni persona, quale che sia il suo ruolo e il nostro rapporto con lei”. Il rilancio di Boffo è visto come la rivincita di Ruini sul card. Bertone, sul direttore dell’Osservatore Romano e sui tantissimi vescovi che avevano finalmente ottenuto l’allontanamento del direttore di Avvenire: intanto per il modo autoritario con cui governava tutta l’informazione a matrice Cei e poi perché, nonostante tutte le riabilitazioni interessate, su Boffo pesa la sentenza di condanna per molestie inflittagli dal Tribunale di Terni.

In ogni caso a pensare che Boffo non abbia bisogno di alcuna riabilitazione non è solo Ruini. Il prossimo 7 dicembre, Boffo riceverà infatti l’Ambrogino d’Oro, la massima onoreficenza assegnata ad un proprio cittadino dal comune di Milano. La candidatura di Boffo, approvata dalla commissione presieduta dal consigliere Pdl Manfredi Palmieri, è stata inizialmente avanzata dal consigliere del Pd Andrea Fanzago. Un altro Ambrogino d’Oro andrà al card. Giacomo Biffi. (e. c.)

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