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LA CHIESA DETIENE LA “VERITÀ”, MA FUGGE IL CONFRONTO. È POLEMICA SULLE GIORNATE DELLA LAICITÀ DI REGGIO EMILIA

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 30/04/2011

36117. ROMA-ADISTA. «La laicità dovrebbe essere un valore così scontato da non costituire oggetto di nessun dibattito». Lo ha affermato il direttore del bimestrale MicroMega Paolo Flores d’Arcais che contestualmente ha però dovuto constatare che «il tema in Italia è ancora considerato tabù» e che le “Giornate della Laicità” – organizzate a Reggio Emilia (15-17/4), dopo il successo dell’anno scorso, dalla rivista che dirige, insieme all’associazione reggiana Iniziativa Laica e al circolo cittadino dell’Arci – hanno incontrato, prima ancora di andare in scena, il non placet di diversi esponenti politici locali e della Curia. L’attacco – denuncia ancora il responsabile scientifico delle Giornate – è stato sferrato su tre fronti: quello morale (i promotori sarebbero laicisti anticlericali incapaci di dialogo); quello economico (iniziative senza «equilibrio ideologico» non meritano fondi pubblici, si legge in un’ordinanza che chiude gli occhi di fronte all’ampio indotto in termini di turismo e di immagine pubblica per la città); e quello politico (conviene sempre, a destra ma anche a sinistra, non mettersi contro le gerarchie cattoliche).

Al centro degli oltre 21 dibattiti che ruotavano intorno al tema del relativismo, argomenti sensibili come la bioetica, l’omosessualità, i rapporti tra Chiesa e potere politico, la fede e la democrazia. Ma a scatenare la polemica esplicita è stato il titolo dell’ultimo incontro del festival, con Sergio Luzzatto (professore di Storia moderna a Torino): “Senza il crocefisso l’Italia sarebbe migliore”. Di fronte alla minaccia del “simbolo identitario” che tanto ha polarizzato il dibattito sulla laicità in Italia negli ultimi anni, si è innescata una sorta di tiro al bersaglio, in cui le destre, le gerarchie e molti laici cattolici hanno potuto scagliare il proprio anatema. La polemica non è totalmente pretestuosa, ammette lo stesso relatore, lamentando una defaillance che rende il titolo leggermente equivoco. È vero che l’Italia sarebbe migliore senza crocefissi, chiarisce Luzzatto, ma questo vale solo negli edifici pubblici, in rispetto del principio di laicità dello Stato. «Non mi riconosco in questo titolo», ha poi argomentato, «penso sia sbagliato e offensivo. Io non penso che senza il crocifisso tout court l’Italia sarebbe migliore». Più stizzito, invece, il commento di Flores d’Arcais: «Questo incontro è il fuoco di sbarramento per tante polemiche pretestuose sollevate in questi giorni. Oggi, seduto qui, avremmo tutti quanti voluto vedere il vescovo o qualche membro della Chiesa da lui incaricato», ma purtroppo la Curia emiliana e le gerarchie romane, nonostante gli inviti a partecipare, hanno disertato.

«Che l’esplicito carattere laicista di queste giornate non comporti alcuna intolleranza verso i credenti e neppure verso la Chiesa gerarchica» – ha aggiunto in un articolo sulla Gazzetta di Reggio (15/4) il direttore di MicroMega – è dimostrato dal fatto che ad esse sono stati invitati circa quindici cardinali, alcuni vescovi, e altre personalità tra le più importanti dei vertici massmediatici legati alla Chiesa. Hanno rifiutato tutti». Flores ha persino rivolto un duplice invito pubblico, su Repubblica e sul Fatto quotidiano, al card. Gianfranco Ravasi: lo stesso “ministro della cultura” della Chiesa che ha più volte «riaffermato la volontà della Chiesa di confrontarsi con gli atei “scientisti, marxisti, nichilisti”. Parole, evidentemente». È rimasto garantito comunque, ha assicurato il direttore, «il confronto con i credenti», grazie alle adesioni di numerose personalità del mondo cattolico di base, da Carlo Molari a Raniero La Valle, da Giovanni Franzoni a Gabriella Caramore. Lo stesso Molari, parlando della polemica sull’incontro di Luzzatto, ha dichiarato: «Nella situazione attuale diventa rischioso togliere il crocefisso, ma in linea di principio accetterei che fosse tolto, poiché è usato come emblema di un’identità culturale contrapposta ad altre culture ed è sbagliato imporre agli altri la propria cultura. Invece esso dovrebbe essere inteso come simbolo dell’azione di Dio e del suo amore, un ideale a cui tutti si richiamano».

Perché proprio chi accusava i promotori delle Giornate di «rifiuto del dialogo» ora nega il confronto? «Dal punto di vista politico – ha denunciato Flores – la Chiesa in questi anni è arrivata a detenere un monopolio. Stando così le cose, un qualsiasi confronto non può che arrecarle danno. Se si ha un monopolio senza essere passati dal contraddittorio, non conviene dialogare: è più confortevole il monologo». (giampaolo petrucci)

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