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MA QUANTO CI COSTI! POLEMICHE SULLA VISITA DEL PAPA NEL TRIVENETO

Tratto da: Adista Notizie n° 35 del 30/04/2011

36119. VENEZIA-ADISTA. Come già avvenuto a Londra e a Palermo (v. Adista nn. 71/10 e 19/11), anche in Veneto le ingenti spese connesse all’imminente visita di Benedetto XVI (7-8 maggio) stanno animando il dibattito intra-ecclesiale locale. A darne conto il settimanale diocesano di Padova La Difesa del Popolo che, il 27 febbraio scorso, ha pubblicato la lettera che ha acceso la miccia: quella di don Moreno Bagarella, parroco a Calvene, piccolo centro del Vicentino, che ha reso pubbliche le perplessità suscitate dalla colletta speciale promossa dai vescovi di Veneto e Friuli con tanto di depliant e conto corrente postale allegato.

Polemiche, queste, che fanno seguito a quelle suscitate dalla richiesta di «un segno tangibile di vicinanza al Santo Padre» inoltrata in gennaio dalla sartoria dei pontefici – la “X Regio” di Quarto d’Altino – al presidente della regione Luca Zaia: «segno tangibile» che la sartoria aveva quantificato in 290mila euro per la confezione delle vesti liturgiche che saranno utilizzate durante la celebrazione della santa messa conclusiva di Parco San Giuliano, a Mestre. Una richiesta avanzata a insaputa dei vescovi del Triveneto, che in una nota chiarivano che «il criterio decisivo» che stava guidando l’azione del Comitato organizzatore era quello di offrire una calorosa, curata e semplice accoglienza al papa, «senza chiedere speciali finanziamenti alle istituzioni pubbliche»: «Le spese per la realizzazione di questo importante evento – scrivevano – non mancheranno ma le diocesi del Nordest hanno scelto di sostenerle con il supporto di tutti i fedeli, che saranno invitati a partecipare liberamente e secondo la propria disponibilità a una colletta straordinaria o ad offerte libere».

Proprio questa «colletta straordinaria» ha destato la reazione di don Bagarella. «Non metto in dubbio il valore della visita papale –- ha scritto don Moreno –, ma vorrei comunicare il disagio dei parrocchiani di fronte al depliant mandatoci dalla curia e accompagnato dalle lettere dei vescovi. Il disagio – ha spiegato il sacerdote – è vedere come un evento così importante venga comunicato con un bollettino postale o con una colletta “consigliata”; cosa che a qualcuno fa subito esclamare: “Ecco un’altra occasione per la Chiesa di chiedere soldi!”. Ma è proprio il caso di fare questa scelta così “sobria e generosa” – si è chiesto – in questo momento in cui le famiglie hanno qualche difficoltà a dare le solite offerte in chiesa? E quale idea di chiesa passiamo ancora una volta alla nostra gente?».

Alle perplessità di don Bagarella il settimanale ha chiamato a rispondere don Renato Marangoni, segretario del comitato preparatorio Aquileia 2 (il secondo convegno delle Chiese del Nordest che si terrà nell’aprile del 2012): «Le spese del viaggio del papa – ha detto – sono state pensate fin dall’inizio dai nostri vescovi svincolate da richieste all’ente pubblico. È stata una scelta di libertà, che comporta però un impegno maggiore per le comunità stesse». «Ed è importante – ha concluso –  ribadire che non si tratta di “tassazione”, ma di possibilità di “offerta”».

 

Se fossimo casa comune

Ma la questione non si è chiusa qui, come dimostra l’edizione del 13 marzo del settimanale che ha dato ampio spazio alle lettere giunte in redazione sul tema. Tra queste quella di don Cristiano Marsotto, neoparroco a Vighizzolo D’Este in provincia di Padova, che ha raccontato che «già in vicariato alcuni parroci avevano espresso la propria perplessità circa una ulteriore colletta». «Nella mia comunità – ha proseguito – abbiamo fatto così: ho annunciato due giri di offerte, il primo per la parrocchia e il secondo a favore dell’organizzazione della visita del papa». Il “raccolto” è stato più del doppio di quello della settimana precedente. Il risultato ha portato don Marsotto a due considerazioni: innanzitutto che «è opportuno lasciare a ciascuno la libera autonomia di scelta, anche e soprattutto nel campo del sostegno economico». In secondo luogo, ha continuato, «sento come veramente urgente la necessità di passare da un modello di chiesa clericale a uno più di comunità. Non più il prete che chiede i soldi che servono a lui, per usarli a nome della parrocchia, ma una comunità cristiana in cui tutti vedono le necessità e vi contribuiscono secondo le possibilità. Allora sì che si passa da un “do i soldi al prete” a un “mi prendo cura della parrocchia che è casa di tutti noi”. Ma su questo punto – ha concluso – penso che anche noi preti dobbiamo fare molta strada. Io ci sto provando con alcuni piccoli segnali, come il pubblicare tutte le entrate e le uscite o come dare anche io la mia offerta durante la messa, perché son anche io, insieme con gli altri, un membro di questa comunità».

Sul settimanale hanno trovato spazio anche le lettere di alcuni fedeli in sintonia con don Moreno. Tra queste quelle di Elena Simioni e Michela Gamba che sembrano arrivare alla medesima conclusione. Se la prima dice che «sarebbe auspicabile che anche i “vescovi” avessero più contatto con le realtà delle loro parrocchie, accettando» suggerimenti e critiche «dai loro sacerdoti che vivono quotidianamente con la gente “comune”», la seconda scrive: «Mi sembra che la “svista” sia una conferma di quella percepita distanza tra le gerarchie ecclesiali e la popolazione cattolica che sempre meno si sente rappresentata e capita».

La lettera di don Moreno ha incassato anche il sostegno di don Albino Bizzotto, dei Beati i costruttori di Pace: «Sono d’accordo con don Moreno», ha dichiarato (Micromegaonline 3/4). «È evidente che siamo ancora molto lontani da una concezione secondo cui il papa sia un fratello nella fede. E siamo lontani anche da una concezione di servizio reale e non di servizio espresso dal potere. La posizione del papa, purtroppo, rimane ancora legata a una concezione gerarchica della Chiesa, che in realtà il Vaticano II aveva superato. Gesù nel Vangelo non ha mai pensato ad una Chiesa gerarchica. E poi le visite del papa costano un sacco di soldi anche alle autorità civili». (ingrid colanicchia)

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