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“PADRONI A CHIESA NOSTRA”. IN UN LIBRO, LA STORIA DEI RAPPORTI FRA LEGA E GERARCHIA

Tratto da: Adista Notizie n° 48 del 25/06/2011

36200. ROMA-ADISTA. Cristianesimo antievangelico, cattolicesimo etnico: sono gli ossimori le figure più appropriate per definire la religiosità della Lega Nord e il ventennale, travagliato e mai lineare rapporto del movimento, poi partito, fondato da Umberto Bossi, con la Chiesa cattolica. Ne fa una ricostruzione – ed è la prima volta nelle analisi politiche della storia contemporanea – Paolo Bertezzolo, nel volume appena pubblicato dalla Emi Padroni a Chiesa nostra. Vent’anni di strategia religiosa della Lega Nord (pp. 270, euro 13, acquistabile anche presso Adista, tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it).

«Attenti. Presto la Chiesa avrà sacerdoti che vengono dall’Africa. C’è la crisi delle vocazioni e li fanno venire da laggiù», diceva Bossi nel lontano 1989, all’hotel Jolly di Segrate, durante il primo congresso della Lega lombarda, non ancora partito. Salvo poi, poco tempo dopo, organizzare le prime battaglie in difesa del crocefisso e del presepe nelle scuole, magari insieme a qualche parroco “padano”, in nome della tradizione cattolica italica. Ma alla 42.ma Settimana sociale dei cattolici, a Torino nel 1993, il presidente della Consulta cattolica della Lega Nord, Giuseppe Leoni, minacciò i vescovi di sciopero dell’8 per mille e profetizzò la fine della «pace religiosa del Paese e gli interessi della Chiesa in Italia». L’ennesimo fuoco di paglia visto che, negli anni successivi, Lega e Chiesa saranno solide alleate contro coppie omosessuali e testamento biologico. E poi, ancora, i riti (e i matrimoni) celtici sulle sponde del Po la mattina, i richiami alle «radici cristiane» dell’Europa la sera. Un percorso apparentemente contraddittorio, ma che in realtà aveva, e continua ad avere, una prospettiva e un punto di approdo ben chiaro, non sempre osteggiato dalla gerarchie ecclesiastiche: la costruzione di una religione civile e del “senso comune”, funzionale al progetto egoista e identitario della Lega.

Nel libro la storia viene raccontata e puntualmente documentata con una periodizzazione che, dopo aver ricostruito la genesi della Lega e la sua trasformazione da movimento a partito, segue la scansione dei governi che si sono succeduti dal 1992 ad oggi: dall’ultima fase della “prima Repubblica”, con gli attacchi frontali alla Dc e alla Chiesa che la sosteneva, fino ai governi Bossi- Berlusconi, osservati con attenzione dalle gerarchie ecclesisatiche, passando per i governi Prodi, incontrando lungo il cammino vescovi amici come Maggiolini o nemici come gli odiati Martini e Tettamanzi, facendo battaglie insieme alla Chiesa sui temi “eticamente sensibili” ma anche scontrandosi duramente con le gerarchie e con il Vaticano, per esempio, sulla questione immigrazione o sull’unità d’Italia.

Ma la schizofrenia della Lega – questa la tesi del volume –, è solo apparente, perché il realtà il progetto di Bossi, Calderoli e Maroni è chiaro: la demolizione di una fede e la costruzione di una religione civile che sia «elemento di identificazione culturale, etnico e politico» e per questo è un «cristianesimo anticonciliare e tradizionalista». Infatti la Lega «ha deciso di utilizzare il cattolicesimo, piegandolo alle proprie strategie», «ha riletto e “padanizzato” il messaggio cristiano, prendendo quello che gli serviva e buttando via, anzi demonizzando, quando non rientrava nel suo orizzonte». Un progetto in parte realizzato anche per la «mancata sedimentazione della proposta conciliare di un cristianesimo consapevole e critico, a vantaggio del permanere di una religiosità, i cui simboli il leghismo recupera in un’identità cristiana ridotta alla dimensione rituale e culturale».

E allora, conclude Bertezzolo, la sfida è anche, e soprattutto, per la Chiesa: «Cogliere l’occasione per ripensare al proprio modo di porsi, senza tornare indietro, a posizioni antimoderne. In gioco, in definitiva, è la fedeltà al Concilio». E al Vangelo. (luca kocci)

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