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IN RIVOLTA LA PATAGONIA CILENA: «PRIVATIZZANO LE NOSTRE RICCHEZZE E LA NOSTRA COSCIENZA»

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 10/03/2012

36575. AYSÉN-ADISTA. In una regione come la Patagonia cilena, da sempre «abituata alla tranquillità», come la descrive il vescovo di Aysén Luis Infanti De La Mora, la rivolta è esplosa rompendo ogni argine, più forte della brutale repressione ordinata dal governo nel tentativo, vano, di soffocare le proteste. Si tratta, spiega il vescovo, di un movimento di cittadini – impiegati, contadini, pescatori, studenti, autorità locali – che, dopo decenni di isolamento (in Patagonia si può arrivare solo per via aerea, via mare o attraverso l’Argentina) e di abbandono da parte del governo centrale, è sceso in piazza esigendo soluzioni a un insieme di rivendicazioni storiche, tra cui gioca un ruolo importante, ma non unico, l’opposizione al progetto di costruzione di cinque mega dighe sui fiumi Pascua e Baker, affidato al consorzio HidroAysén guidato dall’Enel (tramite la sua controllata Endesa, v. Adista nn. nn. 70/08, 56/10 e 15 e 42/11 ). Sotto lo slogan “Aysén, il mio problema è il tuo problema”, il movimento rivendica infatti, tra gli 11 punti della petizione consegnata al governo, la riduzione del prezzo dei combustibili e dei generi di prima necessità, salari più dignitosi, un migliore sistema sanitario, la creazione nella regione di un’università pubblica di qualità, la convocazione di un plebiscito che consenta alla popolazione di avere l’ultima parola su progetti che rischiano di distruggere il patrimonio naturale della Patagonia cilena.

«Non vogliamo – precisa mons. Infanti, autore dell’ormai celebre Lettera pastorale “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana” (v. Adista n. 70/08) – che decisioni importanti per la regione siano adottate senza neppure consultare la popolazione locale». Che siano, insomma, sempre altri a decidere su quei «grandi progetti che possono determinare un cambiamento radicale nella geografia e nella vita economica, sociale, politica e culturale della regione». Com’è, appunto, il progetto HidroAysén, rispetto al quale mons. Infanti non ha esitato, in passato, a rivolgere critiche durissime all’imprenditore, vicino ai Legionari di Cristo, Bernardo Matte, direttore generale del consorzio Colbún (che controlla HidroAysén in società con Endesa), accusato dal vescovo di essere magari «molto devoto, ma forse poco santo e piuttosto immorale negli affari», fedele «più al modello del suo fondatore Marcial Maciel che al modello di Cristo». «Non potete né dovete – aveva del resto dichiarato il vescovo durante l’assemblea degli azionisti di Colbún (a cui ha potuto prender parte in virtù del fatto che il vicariato apostolico di Aysén possiede 579 azioni dell’impresa) – approfittare di una legislazione permissiva come l’attuale per sfruttare la terra, le acque e i beni con cui Dio ha benedetto il Cile a vantaggio dei vostri affari particolari, passando al di sopra del bene comune».

Solidale con la rivolta della popolazione di Aysén, al centro della quale si incontra, a suo giudizio, l’opposizione alle privatizzazioni» («non si stanno privatizzando – afferma El Dínamo, 20/2 – solo le nostre ricchezze, ma anche le decisioni, la dignità e la coscienza delle persone»), mons. Infanti riconduce la protesta alla «mancanza di giustizia o di attenzione» nei confronti della Patagonia: «Le cifre – spiega – indicano che Aysén è una delle regioni con minore tasso di disoccupazione e maggiore crescita economica, ma sono le transnazionali a trarne vantaggio, non la popolazione». E in cattedrale, durante una celebrazione eucaristica, il vescovo ha ricordato che «la voce del popolo è anche un’espressione della voce di Dio, una voce profetica», ed è un bene, dunque, «che il popolo di Aysén venga urgentemente ascoltato».

In realtà, è solo dopo tre falliti tentativi di dialogo e una violenta repressione della polizia in risposta alle marce, alle barricate e ai blocchi stradali messi in atto dalla popolazione, che il governo ha deciso di avviare un negoziato con il movimento sociale, impegnandosi a trovare una risposta alle rivendicazioni economiche e sociali della regione. (claudia fanti)

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