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LA TERRA NON SI GOVERNA CON L'ECONOMIA

Tratto da: Adista Documenti n° 7 del 23/02/2013

La necessità di raggiungere un'efficace salvaguardia dei beni planetari è urgente. Via via che procediamo nell'Antropocene, rischiamo di spingere il Sistema Terra su una traiettoria che condurrà a condizioni più ostili dalle quali non sarà facile rientrare. (Steffen W., et. al, Ambio, 2011)

La crisi economica iniziata nel 2008 sottende molti altri segnali di fragilità connessi con:

- esaurimento delle risorse petrolifere e minerarie di facile estrazione;

- riscaldamento globale, eventi climatici estremi;

- pressione insostenibile sulle risorse naturali, sulle foreste, sul suolo coltivabile, sulla pesca oceanica;

- instabilità della produzione alimentare globale;

- aumento della popolazione (oggi 7 miliardi, 9 nel 2050);

- perdita di biodiversità – desertificazione;

- distruzione di suolo fertile;

- aumento del livello oceanico e acidificazione delle acque;

- squilibri nel ciclo dell'azoto e del fosforo;

- accumulo di rifiuti tossici e inquinamento persistente dell'aria, delle acque e dei suoli con conseguenze sanitarie per l'essere umano e per altre specie viventi;

- difficoltà di approvvigionamento di acqua potabile in molte regioni del mondo.

La comunità scientifica internazionale negli ultimi vent'anni ha compiuto enormi progressi nell'analizzare questi elementi.

Milioni di articoli rigorosi, avallati da accademie scientifiche internazionali, una su tutte l'International Council for Science, nonché numerosi programmi di ricerca nazionali e internazionali, mostrano la criticità della situazione globale e l'urgente necessità di un cambio di paradigma.

Il dominio culturale delle vecchie idee della crescita economica materiale, dell'aumento del Prodotto Interno Lordo delle Nazioni, della competitività e dell'accrescimento dei consumi persiste nei programmi dei governi come unica via d'uscita da questa crisi epocale. Queste strade sono irrealizzabili a causa dei limiti fisici planetari. Una regola di natura vuole che ad ogni crescita corrisponda una decrescita. La crescita economica, con i paradigmi attuali, segna la decrescita della naturalità del pianeta. I costi economici di queste scelte sono immani e le risorse finanziarie degli Stati sono insufficienti a sostenerli.

L'analisi dei problemi inerenti alla realtà fisica del mondo viene continuamente rimossa o minimizzata, rendendo vano l'enorme accumulo di sapere scientifico che potrebbe contribuire alla soluzione di problemi sempre più complessi e irreversibili con il trascorrere del tempo.

Chiediamo pertanto al mondo dell'informazione di rompere la cortina di indifferenza che impedisce un approfondito dibattito sulla più grande sfida della storia dell'Umanità: la sostenibilità ambientale, estremamente marginale nelle politiche nazionali degli ultimi 20 anni e ad oggi assente dalla campagna elettorale in corso.

Non si dia per scontato che il pensiero unico degli economisti ortodossi sia corretto per definizione. Si apra un confronto rigoroso e documentato con tutte le discipline che riguardano i fattori fondamentali che consentono la vita sulla Terra - i flussi di energia e di materia - e non soltanto i flussi di denaro che rappresentano una sovrastruttura culturale dell'Umanità ormai completamente disconnessa dalla realtà fisico-chimica-biologica.

È quest'ultimo complesso di leggi naturali che governa insindacabilmente il pianeta da 4,5 miliardi di anni: non è disponibile a negoziati e non attende le lente decisioni umane.

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