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CONTRASTARE LA POVERTÀ SENZA DIMENTICARE LA PROFEZIA. IL XXXVI CONVEGNO DELLE CARITAS DIOCESANE

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 04/05/2013

37143. MONTESILVANO (PE)-ADISTA. Bisogna avere «l’ambizione non solo di curare, ma anche di intervenire sulle cause del male» è l’invito che l’economista Leonardo Becchetti ha rivolto agli operatori delle Caritas diocesane – erano in 597, in rappresentanza di 161 diocesi, su un totale di 220 – riunite per il loro trentaseiesimo convegno a Montesilvano (Pe) dal 15 al 18 aprile.
L’analisi della situazione sociale al tempo della crisi è il punto di partenza del convegno. La famiglia, «tradizionalmente caratterizzata da un’elevata propensione al risparmio, una diffusa proprietà dell’abitazione e un contenuto ricorso all’indebitamento», resta l’ammortizzatore sociale più efficace a difesa dei più deboli (minori, giovani, anziani), «supplendo alle carenze di tutela e nascondendo le difficoltà di accesso all’indipendenza economica di giovani di ambo i sessi e donne di ogni età», ha detto nella sua prolusione mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente della Caritas italiana, che ha ricordato anche mons. Giovanni Nervo, primo presidente della Caritas, morto lo scorso 21 marzo (v. Adista Notizie n. 13/13). È il segno evidente di un welfare state sempre più evanescente e di una politica sempre più latitante e sorda ai bisogni dei cittadini. Ma «la crisi economica degli ultimi cinque anni sta mostrando i limiti di questo modello, accentuando le disuguaglianze tra classi sociali, le profonde differenze territoriali e riducendo ulteriormente la già scarsa mobilità sociale», ha aggiunto Merisi, facendo riferimento al Rapporto sul benessere equo e sostenibile presentato da Cnel e Istat lo scorso 11 marzo. «Alcuni segmenti di popolazione e zone del Paese sono stati particolarmente colpiti dalla riduzione dei posti di lavoro: la percentuale degli individui in famiglie senza occupati è passata, tra il 2007 e il 2011, dal 5,1% al 7,2%, e nel Mezzogiorno dal 9,9% si è saliti al 13,5%. Il potere d’acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, viene difeso, pur con difficoltà, grazie al potenziamento degli interventi di sostegno al reddito dei lavoratori (indennità di disoccupazione e assegni di integrazione salariale) e al funzionamento delle reti di solidarietà familiare». Tuttavia «le famiglie hanno tamponato la progressiva erosione del potere d’acquisto intaccando il patrimonio, risparmiando meno e, in alcuni casi, indebitandosi: la quota di persone in famiglie che hanno ricevuto aiuti in denaro o in natura da parenti non coabitanti, amici, istituzioni o altri è passata dal 15,3% del 2010 al 18,8% del 2011, mentre nei primi nove mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate è passata dal 2,3% al 6,5%. Inoltre, aumenta anche la disuguaglianza del reddito: infatti, il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero sale da 5,1 del 2008 a 5,6 del 2011».
È la fotografia di un Paese sempre più ineguale e ingiusto, che emerge anche dal particolare punto di osservazione delle Caritas diocesane disseminate su tutto il territorio nazionale. Aumenta il numero di persone – soprattutto italiane, a testimonianza che le difficoltà non riguardano più soprattutto gli stranieri immigrati, i quali tuttavia rimangono una fascia sociale debolissima – che si rivolgono ai centri di ascolto e ai servizi socio-assistenziali gestiti dalle Caritas parrocchiali e diocesane, che tra il 2011 e il 2012 hanno registrato un incremento delle richieste del 20%. Cresce la multi-problematicità delle persone prese in carico, le storie di vita sono sempre più complesse e si caratterizzano spesso per la presenza di patologie socio-sanitarie di non facile risoluzione. Emerge sempre più la «fragilità occupazionale»: cassa integrazione, occupazioni saltuarie, disoccupazione spesso giovanile, lavoro nero, rendono difficile per molte famiglie coprire le necessità, anche più elementari, del quotidiano. Aumentano gli anziani e le persone in età matura che si affacciano ai servizi Caritas. Si registra un peggioramento di chi stava già male: aumentano in percentuale le situazioni di povertà estrema, che coesistono tuttavia con una vita apparentemente normale, magari vissuta all’interno di un’abitazione di proprietà.
In questa situazione, il rischio che le Caritas sempre più assumano un ruolo di supplenza dello Stato e si limitino ad una funzione assistenzialistica («degenerando in pietosa organizzazione non governativa», ha detto il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu, riprendendo un’espressione più volte usata da papa Francesco) è molto alto. Per questo, ha auspicato Becchetti, «abbiamo bisogno di operatori competenti e testimoni credibili: oggi soffriamo la distanza tra operatori che dimenticano l’anima quando diventano esperti addetti ai lavori e testimoni sensibili che però non hanno strumenti e sono bollati come anime belle». Anche per non smarrire la dimensione profetica del Vangelo, che deve restare stella polare del cammino delle Caritas e di tutta la Chiesa. «In un mondo che cambia, con le crisi che si alternano e si susseguono, siamo chiamati ad essere segno e portatori di speranza mediante l’educazione secondo la pedagogia dei fatti che tende a mettere in evidenza primariamente l’aspetto testimoniale, per non incorrere nel terribile rischio di essere “bronzi che risuonano o cembali che tintinnano», ha concluso don Soddu. E la «funzione profetica» dovrà assumere «la dimensione di voce critica ed essere perciò accolta con maggiore credito in tutte le direzioni, specialmente nelle istituzioni, in ordine alla ricerca di piani efficaci contro la povertà» (luca kocci)

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