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BERLUSCONI E IL PAESE: UNO CONTRO TUTTI. I SETTIMANALI DIOCESANI SOSTENGONO LETTA

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 14/09/2013

37287. ROMA-ADISTA. Il governo di Enrico Letta e Angelino Alfano non dispiace ai settimanali diocesani che, in linea con la Chiesa italiana, ne invocano la sopravvivenza. Non certo una passione viscerale, ma un sostegno che si accompagna alla consapevolezza dei suoi limiti in un contesto di compromessi continui.In ogni caso, affermano quasi tutti i diocesani, onde evitare al Paese di sprofondare definitivamente nelle sabbie mobili economico-finanziarie, il governo delle larghe intese non deve morire e, suggeriscono, un ruolo di primo piano andrebbe riconosciuto a quei parlamentari cattolici, tanto a destra quanto a sinistra, cresciuti nel brodo democristiano e dunque “pontieri” per vocazione.


Bene comune, interesse privato

Anche nei confronti di Silvio Berlusconi, la regola dell’allineamento agli umori dei palazzi sembra farla da padrona. In passato, infatti, negli anni in cui rientrava pienamente nelle grazie delle gerarchie, molti diocesani avevano dimostrato una certa reticenza a condannare quei comportamenti e quelle dichiarazioni del Cavaliere che, per usare un termine caro a mons. Rino Fisichella, era veramente molto difficile “contestualizzare”.Da quando Berlusconi è stato “scaricato” dai vertici della Chiesa cattolica, anche i giornali diocesani si sentono più liberi arrivando ad auspicarne una pronta ritirata dalla scena politica nazionale (v. anche Adista Notizie n. 28/13). A Berlusconi i diocesani ricordano un paio di concetti molto semplici: in una democrazia moderna, viene prima il bene comune dell’interesse privato, e la legge è uguale per tutti. Ad esempio, su L’Azione di Vittorio Veneto (1/9), si legge: «Il fatto di essere capo di un grande partito non lo pone automaticamente al di sopra della legge». «Tutto questo è molto triste»: per superare questo momento drammatico di crisi, prosegue il commento, «è stato messo in piedi un governo di emergenza, accantonando le diversità ideologiche per il bene del Paese. Ora si vorrebbe farlo cadere per motivi che con il bene del Paese hanno ben poco a vedere. Si spera che il popolo italiano abbia la lucidità sufficiente per capire dove sta il vero bene del Paese».

Con un editoriale del direttore Beppe Del Colle, il nostro tempo (Torino-Milano, 1/9) invita Berlusconi a fare «un passo indietro» e ad accettare il giudizio della Cassazione, senza anteporre il proprio bene a quello del Paese. È auspicabile, conclude Del Colle, che tra tutti i cittadini, cattolici e non, di destra e di sinistra, «il bene comune continui ad essere considerato la condizione indispensabile alla vita democratica del Paese».«L’Italia di questi tempi si trova nella singolare e poco invidiabile situazione per cui i problemi della nazione sono subordinati ai destini di un singolo», afferma anche La Cittadella (Mantova, 30/8). Una situazione che «non ha eguali nella storia moderna delle democrazie occidentali più evolute», conclude, ricordando che la vicenda berlusconiana potrebbe caratterizzarsi come «un’ulteriore tappa verso lo scadimento del nostro senso civico e istituzionale, peraltro già piuttosto acciaccato».


Salvate il soldato Letta

«L’anomalia italiana ci dice che qui c’è in ballo il futuro del governo, e del Paese», si legge su Il Corriere Apuano (settimanale cattolico lunigianese, 31/8), «in un momento di grave emergenza e in tempo di recessione». Più diretta La Voce del Popolo (Torino, 1/9), secondo cui «oggi un vuoto di potere sarebbe molto dannoso per i 60 milioni di italiani, qualsiasi idea politica esprimano. I sondaggi sono concordi nel ritenere che l’opinione pubblica punirebbe i responsabili della crisi, perché la ripresa economica, il lavoro, la riduzione del peso fiscale… sono elementi ben più importanti delle ambizioni personali dei leader politici». 


E il futuro?

Non c’è un futuro per questa Seconda Repubblica al di là di Berlusconi, attacca La Voce dei Berici (Vicenza, 1/9): è vero, gli italiani sono stanchi e arrabbiati, «ma ormai sono rassegnati a tutto», non c’è quella reazione di massa «che porta al cambiamento di sistema». «Oltre le vicende personali e politiche del Cavaliere – ribadisce – c’è il nulla. Solo quando Berlusconi si ritirerà, o sarà costretto a ritirarsi, allora il sistema politico cambierà», «perché tutto negli ultimi vent’anni è stato plasmato in risposta o in aderenza alla figura del Cavaliere».Pensa al “dopo Berlusconi” Verona fedele (25/8), che lancia una sfida: la legge elettorale, vero banco di prova del governo. «Il ritorno al Mattarellum risulterebbe l’operazione più semplice, ma anche un bambino è capace dinnanzi ad un errore di tirarci una riga sopra e di ripartire dal punto precedente. È davvero troppo chiedere di più e di meglio?». (giampaolo petrucci)

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