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Lettere

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 34 del 05/10/2013

Sul celibato dei preti...

Lettera firmata, inviata a Ezio Mauro, direttore di Repubblica


Caro direttore,

sono prete, parroco da 8 anni ed ex delegato vescovile per le vocazioni. Scrivo gentilmente a lei per farmi sentire da papa Francesco. Chieda al papa a nome mio, e di tanti altri preti, quando la Chiesa si sveglierà nell'approvare il celibato facoltativo dei sacerdoti! Il card. Martini aveva ragione a dire che la Chiesa è indietro di 200 anni!Apprezzo il celibato, ma la Bibbia, soprattutto le lettere di Paolo, ci fanno capire che il celibato non va imposto. San Paolo attacca chi vieta il matrimonio definendoli falsi profeti. Paolo scrive che preti, vescovi e diaconi dovevano essere uomini di una sola moglie. Quindi sposati una sola volta. Rimasti vedovi, penso che potessero risposarsi. Così mi insegnò pure un mio prof. della facoltà teologica.

La Chiesa cattolica di rito bizantino e maronita permette ai seminaristi di sposarsi, ma devono decidere prima del diaconato. Abbiamo infatti preti bizantini e maroniti sposati! Caro papa Francesco, ti voglio bene e mi commuovi perché parli col cuore libero. Allora ti chiedo: perché la Chiesa cattolica romana non rivede la norma sul celibato obbligatorio? La trovo una norma stupida, antibiblica! il celibato deve essere facoltativo.Alcuni miei amici preti bravissimi sono stati costretti a lasciare il sacerdozio perché innamorati sinceramente di una donna. Ora hanno famiglia, figli e sanno cos’è il sacrificio e la gioia di guidare la famiglia, piccola chiesa domestica. Sono preti che potrebbero benissimo essere reinseriti nella Chiesa. Siamo indietro di 200 anni! Caro card. Martini, dal cielo aiuta papa Francesco a portare la Chiesa verso nuovi orizzonti. Basta liberarsi dai pensieri farisaici e ipocriti di tanti uomini di Chiesa repressi e moralisti distruttivi. E pensare che Giovanni Paolo II parlò bene del matrimonio dei preti quando approvò il Codice di diritto canonico per le Chiese orientali. Il vescovo don Tonino Bello, morto in concetto di santità, nel libro-intervista Chiesa di parte, scrisse che il celibato è un dazio, e ciò non va bene. Profetizzò che in futuro uomini sposati sarebbero diventati preti! Peccato che pure don Tonino sia salito al Cielo, ma Dio sa come fare. Don Andrea Gallo, nel suo libro Come un cane in Chiesa, ci aiuta pure lui a riflettere su questo e su altri temi che danno fastidio a certi uomini di Chiesa ultra moralisti e retrogradi. Non voglio fare polemica, ma questa mia lettera vuole essere una critica rispettosa e costruttiva verso la Santa Sede apostolica romana. L'abbé Pierre, nel suo libro Mio Dio perché, ci aiuta come don Gallo ad aprire gli occhi pure sulla castità repressa e bloccante. Ben venga la castità, ma ben vengano pure i rapporti sessuali fatti con amore vero e vita! Ci vuole equilibrio e ci vuole una morale più aperta sennò la scienza teologica viene meno. Ben vengano i valori e i principi. Ma sono stufo di difendere una teologia morale obsoleta e fossilizzata da schemi insensati e paradossali. Credo nell'amore infinito di Dio. Cara Chiesa, ritorna alle origini e apri gli occhi!

Caro papa e caro direttore di Repubblica, vi saluto e vi chiedo di rispondermi attraverso il quotidiano. Manderò questa lettera anche ad Adista, rivista cattolica progressista e affidabile. Vi abbraccio. Pregate per me e pregate per tutti gli altri preti che come me vivono la crisi del relativismo pastorale. Non fate il mio nome! Ve lo chiedo per prudenza e per rispetto della privacy. Forse più avanti, se Dio vuole, potrò dire chi sono e quello che penso. Per ora no, perché ho paura della Santa Sede, rimasta ai tempi dell'Inquisizione.

 

Sulla fede...

Emilio VanoniInduno Olona (Va)


Egr. Direttore,

credo che oggi criticare papa Francesco sia quasi impossibile, si rischia di essere presi per pazzi. Eppure io credo che si debba sempre diffidare di qualsiasi persona che goda di un enorme carisma, osannato da tutti, anche da tanti ipocriti. Poi quando questa persona afferma cose sbagliate nessuno riesce più a contraddirlo. Ho fatto questa premessa perché ho letto in questi giorni l’ultima enciclica di papa Francesco, Lumen fidei, e mi è sembrata una giusta riflessione sulla fede dono di Dio, dove sono scritte molte cose condivisibili, ma anche scarse novità. Tutto serve a rinnovare la fede, ma consigliare questo testo a chi non ha il dono della fede non so se possa servire a ritrovarla. Quello che invece ho ritrovato come al solito, sono alcune contraddizioni. Nelle prime pagine si parla dell’incontro di Abramo con Dio. Abramo, capostipite di tre grandi religioni monoteistiche, a cui non è mai stato chiesto alcun voto di castità e di celibato. Anzi il contrario. Dio per stabilire la sua alleanza con questo patriarca fa una promessa come un dono: la paternità, il generare una vita nuova, nonostante l’età avanzata sua e di sua moglie Sara. Questo grande dono che Dio fa ad Abramo, forse non è mai stato compreso dalla Chiesa, che nega che questo dono possa essere promesso ai suoi più fedeli servitori, tutti i nostri preti, a cui viene negato l’altro dono immenso, quello di amare e di sentirsi amato da una donna. Nessuno si accorge che quando sperimentano il dono della paternità e dell’amore, vengono cacciati via, licenziati dalla propria ditta – così chiamava don Lorenzo Milani la Chiesa – perdono il proprio posto di lavoro, perdono tutti i diritti, senza che nessun partito o sindacato avanzi la benché minima protesta. Un comportamento molto simile a tanti datori di lavoro senza scrupoli, che alla faccia dei diritti sanciti dalla Costituzione, licenziano le donne quando rimangono incinte, perché perdono l’efficienza della produttività, dimenticando che la vita è il più grande dono di Dio. Mettendo così anche in dubbio l’altro valore predicato dalla Chiesa, la paternità responsabile, costringendoli quindi ad una paternità clandestina. La domanda allora molto provocatoria è molto semplice: se la vita è il più grande dono che Dio ha fatto agli esseri umani, perché questo dono divino non lo si riconosce ai preti? Perché troppe volte si sono fatte discriminazioni nei confronti delle ragazze madri, come se la vita che portano nel grembo non sia anche per loro dono di Dio, anzi tante volte, nel recente passato, lo si è chiamato frutto del peccato?Per il resto condivido quanto scritto in questa enciclica: la fede è un grande dono di Dio, così come la vita, la scienza. A mio parere non c’è alcuna contraddizione tra fede e ragione. Anche la ragione è un dono di Dio così come il relativismo che ci permette di ragionare ognuno con la propria testa, senza fare violenza a chi non la pensa come noi. Anche la verità è un dono di Dio che va cercato ogni giorno con la fede e il dubbio – perché nessuno ha la verità, nemmeno la Chiesa – per evitare che diventi dogmatismo, anticamera di qualsiasi fondamentalismo: la caccia alle streghe non può più riapparire in terra ambrosiana, ci basta e avanza quanto commesso da Carlo Borromeo. Compito di tutti i cristiani e della Chiesa è solo quello di annunciare il Vangelo, che Gesù Cristo è morto e risorto, quello che ci dà la speranza di credere ad una vita migliore dopo, se non siamo riusciti a costruirla adesso con la civiltà dell’amore. Anche la Chiesa ha il compito di amare, mai quello di dividere: semmai a questo grave compito ci penserà il buon Dio, che però con la sua misericordia credo che alla fine ci amerà e salverà tutti, credenti e non credenti.

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