Non saranno loro ad avere l’ultima parola
Tratto da: Adista Documenti n° 37 del 26/10/2013
Carissimo Marcelo,
al termine della tua ricerca lascia che anch’io ti scriva qualcosa.
Sicuramente non ho molto da chiarirti come hanno fatto i tuoi familiari, perché anche per me il mondo dell’economia è una sorta di liturgia di una religione che non conosco. Niente studi e zero titoli.
Ma come te sono curioso e soprattutto non mi rassegno davanti alle ingiustizie. Perché l’importante è non piegare mai la testa e non passare indifferenti tra le macerie del mondo e dell’anima. «Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso», scriveva Albert Einstein nel 1952 a Carl Seeling. Detto da uno scienziato di quella levatura c’è da credergli! Per questo dovremmo sentirci incalzati dal proporre la curiosità, non tanto come disciplina curriculare, quanto come metodo che accompagni lo studio e l’apprendimento della matematica e della geografia, della filosofia e della storia, della letteratura, delle religioni, dell’arte, della scienza e dell’economia…
I non-curiosi sono persone tristi inesorabilmente ferme agli stalli di partenza.
Perché la curiosità è il buono pasto che la vita ci concede gratuitamente per nutrire il cervello. E l’anima. Come amava ripetere sempre lo stesso Einstein: «La cosa più importante è non smettere mai di domandare». Se questa semplice regola fosse seguita anche nella politica e nell’economia, nelle Chiese (intese come confessioni religiose) e nell’azione sociale… riusciremmo a rispondere meglio ai bisogni reali e alla vita delle persone piuttosto che alle teorie elaborate nei gabinetti asettici del pensiero disincarnato. Non ci resta che sperare (e operare) nel riscatto di un’epoca in cui le sole curiosità che sembrano avere successo riguardano il gossip e sollecitano la morbosità piuttosto che la conoscenza.
Tu invece hai scelto la curiosità come metodo e questo ti salva. Ti libera e ti spinge a farti strumento di liberazione per gli altri. Sì, perché tutto nasce nel cervello e nell’anima. Sapere e saper essere, sapere e saper fare, sapere e saper stare. Mai contro e sempre con. Mai contro e sempre per. Per la giustizia e per la pace.
La pace non è quella dei cimiteri e della distruzione ma semplicemente quella in cui ogni persona è felice insieme alle altre. Tu ti sei messo su questa strada spinto dalla sete di conoscere, di non comprare mai niente a scatola chiusa. E quando uno cerca al di là delle apparenze non può più stare zitto. Apre gli occhi e si indigna. Vede e comprende fino a chiamare per nome le responsabilità e a sentirsi una parte del mondo. Fino a sentire il mondo intero come un’unica comunità. E questa è la globalizzazione più intelligente.
Marcelo, dicci sempre la tua. Non aspettare mai che altri parlino in nome tuo o per dire quello che tu avevi pensato o avresti voluto dire. Dicci la tua. Pensaci prima, rifletti, ma dicci la tua. Con coraggio e senza il calcolo della convenienza. Senza la bilancia falsata del compromesso e mai per compiacere il capo, il leader, il potente. Dicci la tua. Con la libertà che la vita stessa ha posto nella tua coscienza e con la fierezza di chi sa di sbagliare. Con l’umiltà di chi sa di non avere sempre ragione ma con la consapevolezza di chi non vorrà trovarsi domani a rimpiangere d’aver taciuto. Dicci la tua. Senza spararla grossa ma senza indugiare sulle finali. Per difendere un sopruso, per non tirarsi indietro per un’ingiustizia che, non tu, ma altri hanno subìto. Per fare chiarezza senza la presunzione di possedere la verità ma solo per spostare un po’ più avanti il carro pesante che la trasporta. Dicci la tua. Perché a nessuno sia concesso di calpestare la dignità di un altro e per farti voce di chi non può parlare o non può più parlare. E senza attendere di ascoltare il fragore degli applausi. Mai solo per essere riconosciuto o gratificato. Anche se disturba il manovratore. Dicci la tua. Se non la dici resterà un posto vuoto che altri potrebbero riempire con qualcosa che è peggio del vuoto e si chiama ipocrisia, conformismo, omologazione, menzogna, disonestà.
Quindi la prima lezione che traggo dalla tua storia è la curiosità e la seconda è la parola pronunciata senza paura e senza sconti, senza compromessi e senza presunzione.
La terza ed ultima lezione, permetti che te la dia come fosse un ulteriore capitolo del libro. Una sorta di appendice sul che fare. Per questo, Marcelo, ti chiedo di sentirti un pulviscolo di polvere che si mette dentro gli ingranaggi del mondo dei banchieri e dei signori della guerra. Un pulviscolo che può rallentare e diminuire il loro impatto nefasto sul mondo degli ultimi, sulla pelle dei più poveri, sui senza voce e senza diritti. Ecco allora che la prima indicazione è nel far passare la notizia. L’informazione gioca un ruolo centrale ed essenziale in tutto questo. E deve essere un’informazione libera e schierata dalla parte di chi non ha voce. E, credimi, non ha importanza se non ti permetteranno di scrivere sul Wall Street Journal e dovrai raccontare la tua su un blog o con un tweet.
Tu intanto scrivi e racconta perché la verità si fa strada da sé. Perché non sei solo e c’è piuttosto un mondo di assetati di giustizia che insieme contano più di un pulviscolo sulla bilancia del mondo. Poi ci saranno mille altre strade accanto all’informazione e secondo don Lorenzo Milani sono le leve del cambiamento: lo sciopero e il voto. Lui lo scriveva nei primi anni ‘60. Oggi noi sappiamo che esistono anche il commercio equo e solidale, la cooperazione internazionale, tutte le forme di boicottaggio, le campagne di sensibilizzazione…
Insomma, caro Marcelo, abbiamo mille strumenti creativi per rispondere ai banchieri e ai guerrafondai. La storia ci insegna che non saranno loro ad avere l’ultima parola e che fino a quando nel mondo ci saranno giovani capaci di ricercare la verità e di lottare per la giustizia, la speranza non sarà un alito vano nel vento ma una certezza che costruisce un altro mondo possibile.
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