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ULTIMO SALUTO A MASSIMO PAOLICELLI, PACIFISTA MITE E SORRIDENTE

Tratto da: Adista Notizie n° 40 del 16/11/2013

37378. ROMA-ADISTA. Se n’è andato via senza far rumore, come era nel suo stile nonviolento, Massimo Paolicelli, militante del movimento per la pace e il disarmo, morto a Roma lo scorso 1° novembre, dopo una malattia breve e spietata, vissuta con grande serenità e lucidità fino all’ultimo giorno, che l’ha ucciso a poco più di 48 anni. «Massimo non c'è più», ha comunicato a tutti gli amici e i conoscenti la moglie Dora, con un messaggio che è rimbalzato su Facebook. «Mi ha detto di dirvi che è sereno e ringrazia tutti perché la sua vita è stata bella, felice e ricca di affetti familiari e di amici. Ha combattuto le battaglie in cui credeva. Chi vuole può contribuire alle sue battaglie: un contributo ad Antea (associazione che si prende cura delle persone incurabili, ndr), perché la vita va vissuta fino all'ultima goccia, oppure a Sbilanciamoci o alla Rete italiana per il disarmo. Sarebbe bello dedicargli un F35 in meno. Come diceva lui: saluti di pace».

Nato nel 1965 a Monterotondo, vicino Roma, dopo il liceo artistico e la specializzazione in fotografia, ha svolto il servizio civile come obiettore di coscienza in quella esperienza profondamente evangelica, conciliare e di frontiera che era la Caritas di Roma diretta da don Luigi Di Liegro, dove ha poi lavorato per diversi anni. Quindi la militanza nella Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui è stato anche segretario nazionale e tesoriere, e nell’Associazione obiettori nonviolenti (Aon), che ha contribuito a fondare e di cui è stato presidente. E il lavoro “dietro le quinte”, come collaboratore per tanti anni al gruppo parlamentare dei Verdi della Camera e ora di Sinistra ecologia e libertà: è lì che si è specializzato sui temi del disarmo e delle spese militari, preparando – oltre a numerose campagne, da “Venti di pace” negli anni ’90 per la riduzione delle spese militari a quella, l’ultima, contro l’acquisto dei cacciabombardieri F35 – decine di interrogazioni parlamentari, interventi e schede tecniche, supporto poco appariscente ma assolutamente indispensabile all’azione politica e parlamentare dei pochi che si battevano e ancora si battono per la pace e il disarmo. È stato anche, per due mandati, componente della Consulta nazionale per il servizio civile presso l'Ufficio per il servizio civile della Presidenza del Consiglio e ha collaborato con varie riviste, fra cui Adista (l’ultimo articolo per la nostra rivista è del dicembre 2012, in occasione dei 40 anni dall’approvazione delle legge che riconosceva l’obiezione di coscienza anche in Italia, v. Adista Segni Nuovi n. 45/12). Negli ultimi anni era impegnato soprattutto nella Rete italiana per il disarmo e nella campagna Sbilanciamoci, sempre sui temi della difesa, degli armamenti e delle spese militari, su cui qualche anno fa ha scritto, insieme a Francesco Vignarca, un libro che fa una sintesi completa delle spese, degli affari e degli sprechi delle Forze armate italiane (Il caro armato, Altreconomia edizioni, v. Adista Notizie n. 12/10). Da sempre svolgeva attività di volontariato presso il Gruppo Amico della parrocchia romana di San Pio X – dove si sono svolti i funerali, il 2 novembre, a cui hanno partecipato diverse centinaia di persone – un gruppo di socializzazione delle persone disabili, all’interno del quale per anni ha animato un laboratorio giornalistico ed uno di fotografia.

«Massimo era il regista indiscusso e instancabile delle manifestazioni davanti alla Camera che a volte erano un ritrovo di amici: lo si sapeva ma si facevano lo stesso», lo ricorda Oliviero Bettinelli, responsabile del Servizio civile per la Caritas di Roma. «Perché lui ti chiamava, preparava i volantini. I palloncini che volavano o i fucili di legno che alcuni poliziotti in borghese ci hanno aiutato a rompere, tanto noi eravamo in pochi. È la scelta della quotidianità e del lavoro lento ma inesorabile che lui riesce ancora a fare oggi con la forza delle idee che in lui sono diventate intelligenza, proposte e testimonianze». Massimo è stato un «mite», scrive il coordinatore nazionale di Pax Christi don Renato Sacco, ma anche «un obiettore nonviolento e un costruttore di pace. A lui dobbiamo molto noi di Pax Christi e tutto il popolo della pace». «Che dolore vedere andarsene un amico, un compagno, un fratello tanto più giovane come Massimo Paolicelli, che ha impegnato tutta la vita contro il sistema della guerra, proprio nel momento in cui chi dovrebbe rappresentare questo Paese, come il ministro della difesa Mario Mauro, diventa lo sponsor guerrafondaio, il mercante d'armi della Lockheed che sforna il cacciabombardiere F35», scrive Tommaso Di Francesco dalle colonne del manifesto (2/11), che di Massimo ricorda in particolare «la mitezza e la calma necessarie per essere adeguati all'insostenibile peso della realtà. Come avrebbe fatto altrimenti a gridare la sua convinta obiezione di coscienza contro il complesso militar-industriale? Una calma che accompagnava con un sorriso sornione, da folletto generoso. Finché c'è chi sorride così, ho sempre pensato, tutto è ancora possibile». «Massimo era quello che Aldo Capitini avrebbe definito un “persuaso”, una persona profondamente morale, coerente, che ha fatto della sua vita un’opera guidata dalla giustizia, dalla pace e dal bene», dice Giulio Marcon, fra i principali animatori della campagna Sbilanciamoci e ora deputato di Sinistra ecologia e libertà, che lo ha ricordato anche con un intervento in aula a Montecitorio.

«Non smettiamo mai di immaginare un mondo migliore», la frase che Massimo Paolicelli ripeteva spesso e che ha voluto fosse scritta sulla sua bara, a mò di invito e di ultimo congedo. Alla moglie Dora, ai figli Damiano e Margherita l’abbraccio di tutta la redazione di Adista. Anzi, «saluti di pace» (luca kocci) 

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