Insieme nel cammino verso la giustizia e la pace. La X Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese
Tratto da: Adista Documenti n° 43 del 07/12/2013
DOC-2579. BUSAN-ADISTA. “Dio della vita, guidaci alla giustizia e alla pace”: questo il tema della X Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), svoltasi a Busan, in Corea del Sud, dal 30 ottobre all’8 novembre, con la presenza di circa 2.700 persone, tra le quali 902 delegate e delegati delle 345 Chiese che ne fanno parte, ortodosse, anglicane, protestanti e altre. La Chiesa cattolica romana, che non fa parte del Cec, benché collabori con esso in diversi ambiti, ha inviato una delegazione di osservatori, capeggiata dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha letto un cordiale messaggio augurale di papa Francesco. Il porporato è poi rientrato subito a Roma, e la delegazione di fatto è stata guidata da mons. Brian Farrell, numero due di quel dicastero.
Al di là dei rapporti fondamentali del segretario generale del Cec, il pastore luterano Olav Fykse Tveit, e di Walter Altmann, “moderator” del Comitato centrale (il “parlamentino” di 150 membri che tra un’Assemblea e l’altra rappresenta la massima autorità del Cec), numerosissimi sono stati i rapporti, i discorsi, gli interventi che hanno riflettuto sul cammino del Consiglio Ecumenico dalla IX Assemblea generale (Porto Alegre, Brasile, 2006) ad oggi; e, nello svolgimento dei lavori, decine e decine sono stati i temi toccati: i Paesi e le regioni del mondo dove sono in atto conflitti o inarrestabili violazioni dei diritti umani (Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Medio Oriente, Sudan…); la salvaguardia del creato e i problemi climatici; la lotta all’Aids; le nuove schiavitù; un “Appello alla pace giusta” che riprende le conclusioni della Convocazione di Kingston del 2011 (v. Adista Documenti n. 47/11) ma senza osare di più.
Sul versante teologico, meno approfondito negli interventi, l’Assemblea ha caldamente raccomandato la valutazione di “La Chiesa, verso una visione comune”, un ampio studio di Fede e Costituzione, la commissione del Cec che approfondisce i problemi dottrinali per sottoporli alla considerazione delle Chiese: un documento che elenca i punti di consenso e quelli di dissenso tra le Chiese, come la comprensione dei ministeri e il ruolo delle donne nella comunità ecclesiale. E, ugualmente, l’Assemblea ha raccomandato lo studio di “Insieme verso la vita: missione ed evangelizzazione nei contesti in evoluzione”, che – afferma – costituisce «un grande passo in avanti nella concezione ecumenica della natura e della pratica missionaria delle Chiese». Infine, il documento sul dialogo interreligioso, che considera la costruzione di un clima di fiducia tra le varie religioni come un «elemento importante del pellegrinaggio della giustizia e della pace».
Una delle decisioni più importanti dell’Assemblea è stata l’elezione del nuovo Comitato centrale che, poi, ha nominato suo “moderator” l’anglicana keniana Agnes Abuom: è la prima volta che alla guida di questo organismo decisivo per la vita del Cec viene eletta una donna.
Tra i molti testi e discorsi sentiti o elaborati a Busan, pubblichiamo qui di seguito il messaggio finale, che invita a un «pellegrinaggio verso la giustizia e la pace» nei sette anni che separano dalla prossima Assemblea, prevista per il 2020, forse in Medio Oriente e, in una nostra traduzione, gli interventi del metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per gli affari ecclesiastici esterni del patriarcato di Mosca, in pratica il “ministro degli esteri” della Chiesa russa, e di Cecilia Castillo Nanjari, della Mision Iglesia Pentecostal del Cile, coordinatrice continentale della Pastorale delle donne e giustizia di genere del Consejo Latinoamericano de Iglesias (Clai). Due interventi che indicano come anche alla X Assemblea del Cec sia emersa la grande diversità di prospettive ecclesiologiche e pastorali - su alcuni punti decisamente inconciliabili - che caratterizza Chiese “antiche” e “nuove” nel rapporto con la modernità, le questioni di genere, il legame Chiesa-donna, l’approccio al passato e la visione del futuro. Così, se Hilarion si scaglia, per esempio, contro il laicismo militante, il riconoscimento delle unioni omosessuali, la «distruzione deliberata dei concetti tradizionali del matrimonio e della famiglia», lamentando che così «una madre perde il suo eterno ruolo di donna di casa e il padre perde quello di uomo, del maestro che insegna ai figli il senso della responsabilità sociale», Cecilia Castillo Nanjari denuncia, al contrario, la pretesa delle Chiese, in relazione alle donne, di continuare a controllarne la sessualità, il corpo e la riproduzione, come pure di sostenere, sulla base di letture bibliche «androcentriche e decontestualizzate», «un unico concetto di famiglia che non è più fedele alla realtà». (luigi sandri)
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