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Per il superamento del Concordato in Italia

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 4 del 01/02/2014

La filosofia concordataria esprime una logica di privilegio: per questa ragione coloro che coerentemente sostengono una posizione anticoncordataria ritengono opportuno continuare a impegnarsi per realizzare, anche nel nostro Paese, una società civile e politica priva di concordati.

Una valutazione delle scelte politiche con le quali si è stipulato il Concordato l’11 febbraio 1929, lo si è richiamato nella Costituzione del 1948 e lo si è revisionato (melius: restaurato) il 18 febbraio 1984, consente di verificare quali conseguenze negative siano da esse derivate. In proposito hanno esercitato un’azione di notevole importanza l’Assemblea Costituente, il Parlamento (e i partiti politici), il governo, la pubblica amministrazione, la Corte Costituzionale, la magistratura.

Con riferimento all'attività dell'Assemblea Costituente, è necessario considerare il voto sull'art. 7, 2° comma Cost. (I rapporti tra Stato e Chiesa cattolica «sono regolati dai Patti lateranensi»), una disposizione – atipica e rinforzata – che continua a esercitare una pesante eredità sull'evoluzione democratica della società italiana. La mancanza di un preciso indirizzo politico riguardante il tema specifico dei rapporti tra Stato e confessioni religiose, se ha ostacolato l’approvazione di riforme costituzionali riguardanti tali rapporti, non ha però impedito che la legislazione italiana venisse profondamente mutata proprio nei settori nei quali le relazioni tra società civile e società religiosa sono più intense: la scuola, l’assistenza, il diritto familiare, il controllo delle nascite, i principi di libertà dei singoli e dei gruppi. Le riforme legislative entrate in vigore con riferimento a tali aspetti della questione religiosa inducono a valutare le relazioni tra società civile e società religiosa in una prospettiva capace di porre in rilievo i vari aspetti legati alla dinamica sociale del fenomeno religioso, come la vita familiare, i problemi sessuali, il controllo delle nascite, l’emancipazione femminile, il sistema scolastico e le questioni dell’educazione, i diritti civili, i poteri e i diritti della persona, gli orientamenti delle forze politiche sul tema della disciplina dei rapporti tra Stato e confessioni religiose e, più in generale, sul problema religioso.

Dal 1984 esiste un nuovo Concordato, rispetto a quello del 1929, perché i rappresentanti dello Stato (dopo la Costituzione) e della Chiesa cattolica (dopo il Concilio Vaticano II) non hanno condiviso la tesi di chi da anni sostiene l'esigenza del superamento del regime concordatario, ritenendo che quest'ultimo provochi un danno sia agli interessi della confessione cattolica (la quale non dovrebbe affidare la soluzione dei propri problemi all’ausilio del braccio secolare ma alla coscienza dei cattolici) sia quelli dello Stato (il potere politico, rimanendo in vigore il Concordato, è indotto a contare sull'appoggio della Chiesa, alterando il ritmo naturale della dinamica sociale).

È stato riformato il Concordato ma non il Trattato lateranense, mentre in quest'ultimo sono contenute disposizioni per le quali, nel periodo che ha preceduto l'approvazione dell'accordo di revisione, sono sorte molte difficoltà di interpretazione: ricordo in particolare l'art. 11 del Trattato, che prevede l'esenzione degli enti centrali della Chiesa cattolica da ogni «ingerenza» da parte dello Stato italiano, a proposito del quale è stato discusso il problema della posizione giuridica dell’Istituto per le Opere Religiose (Ior) nel diritto italiano.

È stata sottolineata la configurazione dell'accordo di revisione come un patto «di libertà e di cooperazione», ma le garanzie di libertà sono già contenute nella Costituzione repubblicana e a tal fine il Concordato (vecchio e nuovo) è del tutto superfluo.

Ritengo ora necessaria l’approvazione di una riforma costituzionale.

Premesso che, a mio avviso, ogni riforma costituzionale potrà realizzarsi soltanto nel rigoroso rispetto delle procedure richieste dall’art. 138 Cost., concludo auspicando l’entrata in vigore di una legge di revisione costituzionale che, tenendo conto dell’esperienza, talora drammatica, di sessantacinque anni di vita democratica, si traduca nell’approvazione dei seguenti quattro passaggi: nell’art. 1 della Costituzione, dopo le parole «L’Italia è una Repubblica», viene aggiunta l’espressione «laica e»; l’art. 7 della Costituzione è abrogato; nel secondo comma dell’art. 8 sono soppresse le parole «diverse dalla cattolica»; all’art. 8 vengono aggiunti i due commi seguenti: «La regolamentazione dei rapporti fra lo Stato e le singole confessioni religiose non deve in ogni caso ledere la libertà religiosa, l’eguaglianza e la pari dignità delle diverse confessioni, nonché i diritti costituzionali garantiti a tutti i cittadini». E poi: «Le attività ecclesiastiche, in quanto afferenti a interessi diversi da quelli propriamente spirituali, sono disciplinate dal diritto comune».

Nell’art. 19 viene aggiunto il seguente primo comma: «La Repubblica garantisce la libertà di coscienza».

* Professore emerito di Diritto amministrativo presso l’Università di Roma, “La Sapienza”

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