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Comunità a servizio della vita

Tratto da: Adista Documenti n° 5 del 08/02/2014

Sorelle e fratelli di cammino,

«In quei giorni Maria si mise in viaggio (…). Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. (…). Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore» (cfr. Lc 1,39-45).

In spirito di pellegrinaggio, il popolo delle Comunità ecclesiali di base di ogni angolo del Brasile si è messo in cammino rispondendo al richiamo della grande fiaccola accesa dalla diocesi di Crato con la convocazione del 13º Interecclesiale. Una luce talmente intensa da far accorrere anche rappresentanti delle Chiese evangeliche e di altre religioni. Talmente luminosa da essere avvistata in tutta l’America Latina e nei Caraibi, in Europa, in Africa e in Asia.

Il Cariri (microregione dello stato del Ceará, ndt), “cuore allegro e forte del Nordest”, è diventato la “casa” in cui si sono incontrate la fede profonda del popolo pellegrino, nata dalla testimonianza di padre Ibiapina e di padre Cícero, della beata Maria Madalena do Espírito Santo Araújo e del beato Zé Lourenço, e la fede incarnata del popolo delle CEBs nata dal grido profetico per la giustizia e dall’utopia del Regno. Un incontro tra la religiosità popolare e la spiritualità liberatrice delle CEBs, unite per riaffermare la sequela di Gesù di Nazareth, vissuta nella fede e nell’impegno a favore della giustizia a servizio della vita.

Beato il popolo che ha creduto!

La viola e la fisarmonica hanno celebrato questa fede. Le parole pronunciate nella cerimonia di apertura da dom Fernando Panico, vescovo di Crato, hanno confermato tale fede proclamando: le CEBs sono il modo d’essere della Chiesa. Le CEBs sono il modo “normale” di essere Chiesa. Il modo normale di rispondere da parte del popolo di Dio alla proposta di Gesù nel presente: essere comunità a servizio della vita.

Ascoltando la proclamazione di questa buona notizia, il ventre del popolo giunto in pellegrinaggio a Juazeiro do Norte è di nuovo gravido di questo sogno, di questa utopia. La speranza ne è uscita più forte. La perseveranza e la resistenza nella lotta hanno ricevuto una nuova conferma. L’impegno a favore della giustizia a servizio del Bem Viver è stato ribadito.

E la gioia è esplosa come fuochi di artificio, facendo risuonare la voce amata di dom Hélder Câmara: «Non lasciate morire la profezia!».

La profezia non è morta. È riecheggiata nelle parole dell’indio Anastácio: «Hanno rubato i nostri frutti, hanno strappato le nostre foglie, hanno tagliato i nostri rami, hanno bruciato i nostri tronchi, ma non abbiamo permesso che strappassero le nostre radici». Radici indigene e quilombolas che affondano nella memoria degli antenati, nel sogno di vivere in terre demarcate, con la libertà di danzare, celebrare e festeggiare la terra che è nostra madre.

La profezia è emersa dalla memoria di padre Ibiapina, che già ai suoi tempi promuoveva la costruzione di cisterne di pietra e calcestruzzo e la coltivazione di alberi da frutta per convivere con la realtà del semiarido, rianimando così la speranza e la dignità del popolo sertanejo. Il protagonismo della beata Maria Araújo ha canalizzato i desideri più profondi di vita e di vita in abbonanza, irritando i grandi e la gerarchia ecclesiastica. Padre Cícero e il beato Zé Lourenço hanno accolto gli esclusi con lo stesso spirito di padre Ibiapina, organizzando la comunità del Caldeirão, animata dalla fede, dal lavoro, dall’abbondanza e dalla libertà. Una forma di convivenza con il semiarido che ha trovato continuità nelle CEBs, nelle pastorali e negli organismi impegnati con i poveri.

La profezia è risuonata nell’analisi della congiuntura, con il riconoscimento, di cui tanto si avverte la mancanza in Brasile, dell’inadeguatezza dei grandi progetti per lo sviluppo dei campi e delle città. Il grande capitale assegna la priorità all’agro e idrobusiness e alle imprese minerarie, continuando a espellere i contadini dalle campagne per concentrare le persone in città, trasformandole in oggetto di manipolazione e di sfruttamento (...). Il popolo viene spogliato della sua dignità: i suoi figli e le sue figlie finiscono nel mercato delle droghe e nella tratta delle persone; si calpestano i diritti alla salute, all’educazione, alla casa, al riposo; i giovani vengono sterminati e defraudati del futuro per mancanza di opportunità; pregiudizi e violenze segnano le relazioni in base all’etnia, al colore della pelle, all’età, al genere, alla religione. Ci rendiamo conto di quale minaccia rappresenti per il Bem Viver la trasformazione di cittadini e cittadine in consumatori.

Miniplenarie e lavori di gruppo hanno offerto uno spazio di condivisione delle esperienze per la comprensione della società, che è il terreno in cui le CEBs operano e vivono. Sulle orme di padre Cícero, le CEBs vivono il loro pellegrinaggio nei sentieri del Cariri, conoscendo realtà e comunità; sperimentando la fermezza dei martiri e dei profeti; celebrando la condivisione e la festa nel modo tipico del popolo nordestino. La saggezza dei patriarchi e delle matriarche ci ha accompagnato riscattando la memoria e la preghiera: “Solo Dio è grande”, “Amatevi gli uni gli altri”. (…).

L’esperienza comunitaria nella regione del semiarido ha rinnovato la nostra fede. (…). Il regno si fa presente in mezzo a noi. (…). Nella circolarità del servizio, del canto, della testimonianza, riaffermiamo il nostro impegno a essere pellegrini del Regno, profeti di giustizia in lotta per la vita, a servizio del Bem Viver, sementi del Regno e della sua Giustizia, comunità profetiche piene di speranza e della gioia del Vangelo.

I pellegrini fanno sempre ritorno alla loro terra pieni di fede e di speranza. Anche noi ritorniamo come pellegrini gravidi dell’utopia del Regno propria delle CEBs. Torniamo alla nostra terra con un messaggio di papa Francesco, vescovo di Roma e primate nell’Unità. Da lui abbiamo ricevuto riconoscimento, incoraggiamento, invito a seguire con passo fermo il sentiero della Chiesa pellegrina della giustizia e della profezia a servizio della vita.

Unendoci alla voce di Maria, rendiamo lode al Dio della vita che realizza le sue meraviglie negli umiliati. Uniamo le nostre voci alla sua per rovesciare i potenti dai loro troni ed elevare gli umili, per rimandare i ricchi a mani vuote e riempire di abbondanza la mensa degli impoveriti.

Sorelle e fratelli, vi abbracciamo con amore. Amém, Axê, Auerê, Alleluia!

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