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STATI UNITI: ACCUSATO DI CONDOTTA SESSUALE INAPPROPRIATA, IL VESCOVO SI AUTO-INDAGA

Tratto da: Adista Notizie n° 28 del 26/07/2014

37744. ST. PAUL-MINNEAPOLIS-ADISTA. Potrebbero rivelarsi una bomba dal potenziale altamente distruttivo le accuse di «condotta sessuale inappropriata» ricevute da mons. John Nienstadt, 67 anni, arcivescovo delle “città gemelle” del Minnesota, St. Paul-Minneapolis, presidente della Commissione episcopale dottrinale ma soprattutto uno dei vescovi statunitensi più noti e più citati dai media per la sua aggressiva opposizione al matrimonio omosessuale e per la sua contestazione dell’Atto di non discriminazione sul lavoro (Enda) su cui il governo Obama sta lavorando (v. Adista Notizie nn. 40/13; 25, 26 e 27/14). Il primo luglio, infatti, la rivista Commonweal ha diffuso per prima la notizia secondo cui, nei mesi scorsi, l’arcivescovo è stato accusato da più persone – preti, seminaristi e altre persone adulte di sesso maschile – di aver adottato nei loro confronti una condotta sessuale impropria. L’arcivescovo, in un comunicato pubblicato sul sito dell’arcidiocesi, respinge in toto le accuse come «assolutamente e completamente false», e comunica di aver dato al vescovo ausiliare mons. Lee Piché l’incarico di coordinare un’inchiesta «indipendente e esauriente» affidata a uno studio legale locale non legato in alcun modo all’arcidiocesi. Un comunicato di Piché conferma il tutto.

Le accuse, prosegue il vescovo nella sua dichiarazione, non coinvolgono minori né fedeli e non implicano «alcun tipo di condotta illegale o criminale», e si riferiscono ad eventi «presunti, risalenti almeno ad un decennio fa, prima che io iniziassi a prestare il mio servizio nell’arcidiocesi di St. Paul-Minneapolis». «Sarebbe ingiusto – prosegue Nienstedt – ignorare queste accuse solo perché so che sono false. Dal momento che darei istruzioni all’arcidiocesi di investigare su accuse del genere contro qualsiasi altro prete, l’ho incaricata di investigare sulle accuse lanciate contro di me». L’inchiesta è già stata avviata ai primi dell’anno e ne è pienamente al corrente la nunziatura degli Stati Uniti, conclude il vescovo, chiedendo di pregare perché «alla fine la verità emerga».


Molta polvere sotto il tappeto

La situazione, tuttavia, non è così lineare e semplice come Nienstedt vuole far credere. L’ex cancelliera della diocesi, Jennifer Haselberger, che aveva lasciato volontariamente il suo incarico, intrapreso nel 2008, nell’aprile 2013 per incompatibilità con il comportamento del vescovo (e che aveva già lavorato in diocesi dal 2004 al 2006 occupandosi della difesa delle vittime di pedofilia) aveva fatto trapelare all’esterno documenti interni che dimostravano che Nienstedt aveva coperto preti accusati di abusi. E adesso fa scoppiare una bomba: il 15 luglio ha diffuso una dichiarazione giurata di 107 pagine in cui riporta errori, leggerezze e omissioni di cui lei stessa fu testimone nei suoi anni di incarico in diocesi. Durissime le accuse: nel contesto dello scandalo pedofilia, la diocesi si comportò «in modo negligente rispetto alla sicurezza dei minori»; applicò in modo «lasso» la Carta per la Protezione dei Bambini e dei Giovani pubblicata dai vescovi Usa nl 2002; le autorità ecclesiastiche la ostacolarono nell’investigazione sui preti dicendole di «smetterla di guardare sotto il tappeto»: «Non ricordo una sola occasione in cui le preoccupazioni da me sollevate si siano trasformate in azioni… Mi sono abituata al fatto che i miei consigli venissero trascurati». 

Uno dei vicari generali, p. Peter Laird – accusato, peraltro, di aver isolato e intimidito Haselberger – si è a sua volta dimesso, nell’ottobre 2013, dopo aver suggerito invano al vescovo di dare le dimissioni. Alla fine dell’anno, poi, l’arcidiocesi ha ricevuto una serie di accuse relative a relazioni di Nienstedt con uomini. «Gli investigatori – ha detto Haselberger a Commonweal – hanno ricevuto una decina di dichiarazioni giurate riguardanti una condotta sessuale inappropriata da parte dell’arcivescovo», relativa sia ai tempi in cui questi era prete nell’arcidiocesi di Detroit, poi quando fu vescovo a New Ulm e infine coadiutore (e poi ordinario) a St. Paul-Minneapolis. È stato anche accusato, ha aggiunto, di rappresaglie contro coloro che rifiutavano le sue avance o che mettevano in discussione il suo comportamento. 

Nienstedt, in una risposta scritta a Commonweal, ha definito le accuse «un attacco personale» dovuto alla posizione intransigente da lui assunta «su temi relativi al magistero ecclesiale, come l’opposizione al cosiddetto matrimonio omosessuale», aggiungendo che le accuse sono state innescate da «decisioni difficili» da lui prese, sulle quali non ha voluto tuttavia essere più preciso per questioni di privacy. 

Gli avvocati Matthew Forsgren e David Wallace-Jackson dello studio legale Green Espel ora incaricato di indagare, hanno incontrato Haselberger diverse volte anche in merito ai contatti dell’arcivescovo con un prete ora in carcere per pedofilia e pedopornografia, Curtis Wehmeyer, che Nienstedt avrebbe chiesto, senza successo, di incontrare dopo l’arresto. Lo scorso anno, la polizia aveva già condotto un’indagine a partire dalle accuse di un prete che aveva raccontato di contatti fisici nei confronti di un ragazzo da parte del vescovo nel 2009. L’inchiesta si era chiusa per insufficienza di prove, ma era stata riaperta poco dopo su richiesta del procuratore John Choi della contea di Ramsey per riesaminare alcuni elementi. Il vescovo, che si era spontaneamente allontanato per qualche tempo dal suo incarico mentre l’inchiesta procedeva, è poi tornato al suo posto a marzo. 

In arcidiocesi il malcontento, già serpeggiante da tempo, si è ora consolidato, spingendo molti a chiedere le dimissioni di Nienstedt. Invano: in una mail al settimanale National Catholic Reporter, il vescovo ha affermato di non avere intenzione di farsi da parte: «In quanto vescovo, ho promesso di servire la Chiesa. È ciò a cui Dio mi ha chiamato, come sposo della Chiesa, nella buona e nella cattiva sorte. Ho mantenuto questa promessa da quando sono stato ordinato prete 41 anni fa, e dalla mia consacrazione episcopale 18 anni fa, e continuerò a mantenerla», ha detto. E ha spiegato di non avere intenzione di farsi da parte nemmeno momentaneamente, durante lo svolgimento delle indagini, come aveva invece fatto all’inizio dell’anno in occasione della prima inchiesta: «Si tratta – ha spiegato – di un passo richiesto dall’arcidiocesi solo nel caso di credibili accuse di abuso su un minore».

In ogni caso la protesta contro il vescovo sta montando: «Vogliamo farla finita, vogliamo che il problema venga risolto», si è sfogata Paula Ruddy della Catholic Coalition for Church Reform, sottolineando che il vescovo non ha la credibilità morale per uscire “pulito” dallo scandalo. In città si respira «un fortissimo desiderio di cambiamento», ha aggiunto Charles Reid, docente all’Università St. Thomas di Minneapolis: «C’è una tale mancanza di fiducia, di moralità, che ci vuole aria fresca», ha detto al Ncr. Anche il clero è esasperato: la situazione «sta franando» e la cosa migliore sarebbe che il vescovo «se ne andasse e ci lasciasse a risanare le ferite», ha detto p. Mike Tegeder, uno dei più critici nei confronti del vescovo, anche se non tutti la pensano in questo modo e c’è anche chi difende il vescovo, affermando che è una persona onesta che si trova sotto il tiro dei media per le sue posizioni.


In prima linea contro il matrimonio gay

Nienstedt è noto, infatti, per le sue posizioni fortemente conservatrici e omofobiche. Da vescovo a New Ulm, proibì alle coppie conviventi di sposarsi nelle chiese cattoliche; tolse alle donne qualsiasi compito pastorale nelle liturgie di preghiera; prese provvedimenti contro un prete che aveva concelebrato un rito ecumenico in una chiesa protestante dopo che un tornado aveva distrutto la chiesa cattolica locale. Dalle pagine del giornale diocesano tuonò contro la ricerca sulle cellule staminali e definì l’omosessualità «l’esito di un trauma psicologico» subìto nella prima infanzia, da collocare nel contesto degli «altri disordini umani: invidia, malizia, avidità, ecc.». Quando nel 2007 diventò vescovo coadiutore di St. Paul, affiancando mons. Harry Flynn, prossimo alla pensione, si fece immediatamente conoscere per le sue posizioni estreme. In un articolo sul settimanale diocesano, scrisse che «coloro che incoraggiano o promuovono attivamente atti omosessuali o attività proprie di uno stile di vita omosessuale cooperano ad un grande male e, se lo fanno consapevolmente e volontariamente, sono in peccato mortale. Hanno rotto la comunione della Chiesa e non potranno ricevere l’Eucaristia prima di una conversione del cuore, espressa con dolore per le proprie azioni e sancita dall’assoluzione sacramentale di un prete ordinato» (v. Adista n. 89/07), invitando in conclusione chi avesse tendenze omosessuali a rivolgersi ad associazioni attive nell’arcidiocesi «che offrono un sostegno simile a quello dei gruppi degli Alcolisti Anonimi». Inoltre, in occasione del voto sul matrimonio omosessuale in Minnesota, nel 2012, organizzò una aggressiva campagna per il “no”, facendo stampare e distribuire ai fedeli della sua diocesi 400mila dvd, investendo più di 650mila dollari provenienti dalle finanze diocesane, agendo instancabilmente dietro le quinte per mettere insieme una coalizione di rappresentanti di altre religioni ugualmente contrari alla legge ed esercitando una pressione enorme per avere il supporto dei cattolici dello Stato, che ammontano a più di un milione. Ma non ce l’ha fatta: le nozze gay, in Minnesota, sono una realtà. (ludovica eugenio)

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