Cosa serve per alimentare il mondo
Tratto da: Adista Documenti n° 30 del 06/09/2014
Che cosa hanno prodotto quasi vent’anni di coltivazioni transgeniche? Al contrario di quanto promettevano le imprese, la realtà di tali coltivazioni, in base alle statistiche ufficiali degli Stati Uniti - il maggiore produttore di Ogm a livello globale -, mostra che i transgenici hanno evidenziato una minore produttività per ettaro rispetto ai semi già presenti sul mercato e hanno portato a una crescita esponenziale nell'uso dei veleni agricoli. E ciò ha prodotto un forte impatto negativo tanto sulla salute pubblica quanto sull'ambiente in tutti i Paesi in cui sono stati coltivati ad ampia scala. Le coltivazioni transgeniche sono state lo strumento chiave per favorire la maggiore concentrazione delle imprese nella storia dell’alimentazione e dell’agricoltura.
Sei imprese transnazionali controllano la totalità dei transgenici coltivati nel mondo. E sono le stesse sei che figurano come i maggiori fabbricanti globali di prodotti chimici per l’agricoltura, il che spiega come mai l’85% degli Ogm sia predisposto per resistere a grandi dosi di erbicidi e pesticidi, essendo questa la voce che garantisce i maggiori profitti (ETC Group, 2013b).
Gli Ogm sono serviti per alleviare la fame nel mondo? No. Anzi, in conseguenza dell’avanzare dell’industrializzazione della catena alimentare per mano delle imprese dell’agribusiness, dal 1996 - anno in cui si sono cominciati a seminare transgenici - è aumentata la quantità di persone malnutrite e obese, un fenomeno che è ora sinonimo di povertà, non di ricchezza (FAO, 2012; OMS, 2012).
La coltivazione di transgenici ha accelerato l’espulsione di piccoli e medi produttori, impoverendoli, nel momento stesso in cui gran parte della manodopera è stata sostituita dai macchinari, con conseguente aumento della disoccupazione rurale. In Argentina, per esempio, i transgenici hanno condotto a una vera “riforma agraria al rovescio”, distruggendo gran parte delle piccole e medie imprese agricole. Secondo i censimenti del 1988 e del 2002, sono scomparsi in questo lasso di tempo 87mila stabilimenti, di cui 75.293 inferiori a 200 ettari, secondo una tendenza che resta tuttora inalterata (Teubal, 2006). La conseguenza è che attualmente l’80% della superficie coltivata è nelle mani di 4mila fondi di investimento: non si tratta di un modello per l’alimentazione, ma di una piattaforma agricola per la speculazione.
Gli Ogm hanno accentuato le minacce alla sopravvivenza dell’umanità. Nello stesso periodo in cui si sono cominciati a coltivare transgenici, si è acutizzata seriamente la crisi climatica e si sono aggravati otto dei nove principali problemi ambientali del pianeta, definiti dallo Stockholm Resilience Center come i “limiti planetari” che non possiamo violare se vogliamo che la Terra sopravviva. Sette di questi – il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’acidificazione degli oceani, la contaminazione e l’esaurimento di acqua dolce, l’erosione dei suoli, l’eccessiva quantità di fosforo e nitrogeno immessa nei mari e nei suoli e la contaminazione chimica – sono direttamente legati al sistema industriale delle imprese di produzione di alimenti di cui gli Ogm rappresentano il paradigma centrale (Rockström, 2009; ETC Group, 2013a, GRAIN, 2011).
Abbiamo bisogno di coltivazioni transgeniche? È una vasta gamma di sistemi alimentari contadini e di piccola scala ad alimentare attualmente il 70% della popolazione mondiale (un 30-50% degli alimenti proviene da piccole coltivazioni, un 15/20% da orti urbani, un 5/10% dalla pesca artigianale, un 10/15% da caccia e raccolta; ETC Group, 2013a). E si tratta di una produzione di alimenti più sana, in gran parte libera da veleni. Il sistema alimentare agroindustriale, al contrario, fornisce solo il 30% degli alimenti, ma utilizza il 75/80% delle terre coltivabili e il 70% dell'acqua e dei combustibili per uso agricolo (GRAIN, 2014). E, dalla raccolta al consumo, il 50% degli alimenti della catena industriale finisce nei rifiuti.
Per alimentare il mondo non si richiedono colture uniformi ad alta tecnologia e ad alto rischio all’interno di sistemi industriali. Quello di cui abbiamo bisogno è una grande diversità di semi nelle mani di milioni di contadini e piccoli e medi produttori. L’avanzare delle imprese dell’agribusiness, a base di transgenici e di veleni chimici, minaccia gravemente tale opzione, che è quella che già alimenta i più poveri e la maggior parte dell’umanità.
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