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L’EUROPA RICONOSCA LO STATO DI PALESTINA: APPELLO DI LEADER CRISTIANI PALESTINESI

Tratto da: Adista Notizie n° 37 del 25/10/2014

37834 ROMA-ADISTA. Riconoscere lo Stato di Palestina e definire i confini di Israele è un primo passo verso la giustizia e la pace. Scrivono così, in una lettera aperta in cui invitano i Paesi europei ad agire in questa direzione, tre leader cristiani palestinesi: il patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah, l’arcivescovo del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, mons. Atallah Hanna e mons. Munib A. Younan, a capo della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa, nonché della Federazione luterana mondiale.

«Noi palestinesi cristiani, discendenti dei primi cristiani, parte integrante del popolo palestinese – si legge nella lettera diffusa da Palestinian Mission UK – continuiamo a soffrire, proprio come i nostri fratelli e le nostre sorelle musulmani/e e samaritani/e, la negazione dei nostri diritti umani e come nazione». «Abbiamo resistito a 66 anni di esilio e 47 di occupazione, aggrappandoci al messaggio di pace di nostro Signore»: «Siamo stanchi degli appelli a riprendere i negoziati mentre non possiamo neppure raggiungere le nostre chiese a causa di una potenza straniera e mentre il nostro popolo continua a essere umiliato da una indesiderabile occupazione. Siamo in attesa del giorno in cui le campane delle nostre chiese potranno celebrare la libertà e la giustizia».

«Crediamo – scrivono ancora – che la comunità internazionale e l’Europa in particolare non abbiano fatto abbastanza per il raggiungimento di una pace giusta e duratura». «L’Europa ha il dovere morale, legale e politico di inchiodare Israele alle sue responsabilità e di sostenere le iniziative nonviolente di parte palestinese per porre fine all’occupazione israeliana, incluso il riconoscimento dello Stato di Palestina entro i confini del 1967 con Gerusalemme Est come sua capitale».

«Per quanto ancora – chiedono – continuerete ad accettare che Israele violi le vostre risoluzioni? Per quanto ancora permetterete che le prospettive di pace continuino a essere distrutte dalla colonizzazione israeliana? Per quanto ancora dovremo accettare di essere trattati come stranieri nella nostra patria?». «Porre fine all’occupazione israeliana è l’unico modo per far sì che i palestinesi, cristiani e musulmani, possano avere una vita di prosperità e progresso. È anche l’unica via per garantire a Israele la sicurezza che continua a chiedere. Senza giustizia non ci può essere pace né sicurezza».

«Crediamo – seguitano – che il riconoscimento dello Stato di Palestina entro i confini del 1967 sia il primo passo verso il cambiamento dello status quo. Boicottare le merci prodotte negli insediamenti e disinvestire dalle compagnie e dalle organizzazioni direttamente o indirettamente collegate all’occupazione israeliana è allo stesso modo un dovere. 66 anni dopo l’inizio della Nakba e 47 anni dopo l’occupazione, è tempo per lo Stato di Palestina di essere libero e di diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. Ecco perché invitiamo i governi europei a sostenere pienamente la giusta richiesta di libertà e indipendenza del popolo palestinese. La comunità internazionale e l’Europa in particolare hanno una responsabilità storica nei confronti dei diritti del popolo palestinese. L’Europa da tempo sostiene i valori della pace e dei diritti umani. Ora – concludono – ha l’occasione di dimostrarlo aiutando la Palestina».

L’appello dei leader cristiani cade tra l’annuncio di un imminente riconoscimento dello Stato palestinese da parte della Svezia (notizia accolta con favore dalla Chiesa luterana), e l’approvazione da parte della Camera dei Comuni – con 274 voti favorevoli e 12 contrari (ma molti hanno abbandonato l’aula al momento del voto, tra cui il primo ministro David Cameron) – di una mozione che chiede al governo britannico di riconoscere lo Stato di Palestina.

L’iniziativa, promossa dal deputato laburista Graham Morris, ha incassato voti favorevoli anche da esponenti del Partito conservatore a dimostrazione della spaccatura esistente nel partito di Cameron, come emerso già in estate con le dimissioni della sottosegretaria agli Esteri, la baronessa Sayeeda Warsi, a causa della politica «moralmente indifendibile» del governo rispetto al massacro di Gaza. 

Si tratta di gesti simbolici ma comunque sgraditi a Israele, che infatti non ha tardato a manifestare la propria contrarietà, con il primo ministro Benjamin Netanyahu che si è spinto ad affermare che «i passi unilaterali non promuovono la pace, ma la impediscono». 

Di tutt’altro avviso la Chiesa cattolica e quella anglicana che in una dichiarazione congiunta diffusa il giorno del voto e firmata dal capo degli affari esteri della Chiesa d’Inghilterra, mons. Christopher Cocksworth, e dal presidente del dipartimento per gli affari internazionali della Conferenza episcopale inglese e gallese, mons. Declan Lang, sottolineano l’importanza e l’urgenza di un simile riconoscimento che «faciliterà i negoziati tra israeliani e palestinesi»: «La pace – ricordano – richiede coraggio».

Qualcosa intanto si muove anche nel nostro Paese. Arturo Scotto, capogruppo Sel alla Camera, ha annunciato la presentazione di una mozione analoga al Parlamento italiano e lo stesso hanno intenzione di fare – «a fronte dell'immobilismo mostrato sino ad ora dal ministro Mogherini» – i deputati M5S delle Commissioni Esteri e Difesa. (ingrid colanicchia)

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