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FALCE E GERMOGLIO. IL MOVIMENTO DEI SENZA TERRA COMPIE 30 ANNI E UN LIBRO NE RIPERCORRE LA STORIA

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 22/11/2014

37879 ROMA-ADISTA. È un’epopea collettiva di quelle in cui il gesto eroico del singolo si fonde nell’eroismo quotidiano di tutti: donne, uomini, bambini di cui forse i libri di storia non parleranno mai nonostante la storia l’abbiano fatta. Piedi nel fango e una falce nelle mani. 

È la storia del Movimento dei Senza Terra – nato in Brasile 30 anni fa – minuziosamente ripercorsa nel volume appena pubblicato dalla Emi La lunga marcia dei senza terra. Dal Brasile al mondo (pp. 224, euro 17, prefazione di Frei Betto) della nostra redattrice Claudia Fanti, di Serena Romagnoli, fondatrice insieme a Fanti dell’Associazione Amig@s MST-Italia, e della giornalista, nonché nostra collaboratrice, Marinella Correggia (il libro è acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, inviando una mail ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito).

Un movimento che nei suoi 30 anni di vita – fatti di occupazioni di terre e di edifici pubblici, di mobilitazioni e di marce, di una strenua capacità di resistere alla repressione, ai massacri e alle campagne di diffamazione – non ha “solo” cambiato la vita delle 350mila famiglie che fino ad oggi hanno conquistato la terra (per un totale di 8 milioni di ettari, più di 900 insediamenti, oltre 100 cooperative, circa 1.200 scuole pubbliche costruite in accampamenti e insediamenti, più di 50mila lavoratori e lavoratrici alfabetizzati), ma ha dato gambe e braccia al progetto di trasformazione di un’intera classe di oppressi, di poveri, di senza voce.

Una storia che comincia ufficialmente nel 1984, con lo storico incontro di Cascavel, in Paraná, che sancisce la nascita del movimento, ma che affonda le sue radici nell’epoca coloniale quando, con l’arrivo dei portoghesi, tutte le terre passano sotto il controllo della Corona per rimanervi fino al 1850, anno in cui Pedro II promulga la lei da terra, legalizzando la proprietà di enormi estensioni territoriali. 

Il libro di Fanti, Romagnoli e Correggia parte da lì e arriva fino ai giorni nostri, raccontandoci con la precisione storica di chi questo movimento lo conosce da vicino, ma con il piglio narrativo di un romanzo, il cammino verso la libertà di quanti hanno deciso di sfidare il Potere costituito, marciando per chilometri, vivendo per giorni, mesi, anni, sotto i teloni di plastica neri che ancora oggi costituiscono il paesaggio degli accampamenti del Mst, affrontando le minacce, le intimidazioni e le violenze di polizia ed esercito mandati a sgomberare le terre occupate. 

Al loro fianco, in questa lotta, ci sono non solo i movimenti contadini nazionali e internazionali, quelli urbani, e quelli sociali del mondo intero, ma buona parte della Chiesa cattolica brasiliana (nonché di quella luterana). Da Pedro Casaldáliga, che agli albori del movimento si reca nell’accampamento di Encruzilhada Natalino per sostenere e incoraggiare le famiglie, alla Commissione pastorale della terra creata dai vescovi dell’Amazzonia nel 1975 per richiamare l’attenzione sui violenti conflitti agrari della regione.

Conflitti che segneranno anche la storia del Mst e che, come scrive Frei Betto nella prefazione al volume, rende possibile paragonare, con le debite proporzioni, i trent’anni del movimento ai primi tre secoli della storia della Chiesa quanto a numero di martiri. Perché la terra faticosamente conquistata è bagnata del sangue di tanti contadini e contadine. Da quelli uccisi nel massacro di Corumbiara, in Rondônia, il 9 agosto del 1995 – quando la polizia aggredisce le famiglie accampate nella fazenda Santa Elina, uccidendo nove persone (tra cui una bambina di sette anni) – ai 19 uccisi nel massacro di Eldorado dos Carajás, il 17 aprile del 1996. Data che diverrà, per iniziativa di Via Campesina Internazionale, Giornata mondiale di lotta contadina. 

Quel che è certo – ed emerge con forza dalle pagine del volume – è che il Mst, come ha sottolineato p. Alex Zanotelli in occasione della presentazione del libro il 30 ottobre scorso a Roma alla presenza del leader senza terra João Pedro Stedile, ha molto da insegnare ai movimenti italiani. Non solo per quella sua concretezza, accompagnata da una forte democrazia interna, e trasversalità, con l’investimento di sempre più energie nella creazione di alleanze quanto più ampie possibili della classe lavoratrice a livello nazionale e internazionale, ma anche sotto un altro profilo, così distante dalle esperienze dei movimenti occidentali e italiani: quello della mistica, quel modo di manifestare collettivamente sentimenti, volontà e sogni coniugando la dimensione razionale a quella liturgica ed emotiva. Un concetto fondamentale nella vita del Mst, «senza il quale – scrivono le autrici – non si comprenderebbe a pieno la sua natura». «Alla curva S della strada da Parauapebas a Marabà, là dove 13 anni prima aveva avuto luogo la strage di Eldorado, un gruppo di senza terra ricorda le vittime del massacro, durante le celebrazioni del 25° anniversario della nascita del Mst», si legge nel volume. «Diciannove persone sporche di terra si sollevano dal suolo avvicinandosi ognuna a un albero (i 19 alberi che costituiscono il monumento ai morti di Eldorado): sono le vittime della strage. A ognuna di loro viene portato un fiore che cancella ogni traccia di dolore dal volto. Le vittime, ormai pacificate, possono allora assistere i vivi nel loro compito di piantare arboscelli. E così la vita rinasce. È questa – spiegano le autrici – una delle centinaia di “mistiche” realizzate ogni giorno dal Mst». 

Il cammino del Movimento dei Senza Terra non si ferma qui: il superamento del modello capitalista e una riforma agraria degna di questo nome sono ancora di là da venire. Quello narrato da Fanti, Romagnoli e Correggia ci auguriamo sia il primo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere. E che avrà senz’altro ancora molto da insegnare. (ingrid colanicchia)

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