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Come si uccide la speranza. In crisi la Comunità di reinserimento la Collina

Come si uccide la speranza. In crisi la Comunità di reinserimento la Collina

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 14/01/2017

38809 CAGLIARI-ADISTA. Un luogo di incontro, aggregazione e promozione culturale, una casa editrice che pubblica romanzi e saggi di spiritualità e impegno sociale, una biblioteca, una rivista trimestrale, ma soprattutto una struttura che offre ospitalità, occasioni di reinserimento e recupero sociale a giovani sotto i 25 anni ai quali è concesso di usufruire delle misure alternative alla detenzione. Tutto questo è la comunità La Collina, cooperativa sociale senza fini di lucro fondata sui colli intorno a Serdiana (Comune in provincia di Cagliari) da don Ettore Cannavera, docente di Psicologia e Filosofia, fino a maggio 2015 cappellano del carcere minorile di Quartucciu (CA), premiato a dicembre scorso come «eroe dei diritti umani» dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili (CILD), la rete di 35 organismi cui fanno parte “A buon diritto”, Arci, Antigone, Associazione 21 Luglio, Associazione Luca Coscioni, Certi Diritti, Cipsi, Cospe, Lunaria, LasciateCIEntrare, ecc.

La Collina

Sul finire degli anni Settanta, deciso ad incarnare il messaggio evangelico, don Ettore ha iniziato ad accogliere, prima nella sua casa e poi in parrocchia, giovani in difficoltà, a rischio di emarginazione o tossicodipendenti. Da qui alla nascita della comunità educativa nel 1995, inizialmente presso una piccola casa messa a disposizione da alcuni amici, successivamente in alcune strutture realizzate ad hoc, il passo è stato breve e naturale.

Le ragioni della crisi

Oggi, dopo oltre 20 anni di attività, l'esperienza della Collina rischia seriamente di concludersi, con pesantissime ricadute sul piano sociale, culturale e occupazionale. L'allarme è stato lanciato dallo stesso don Cannavera lo scorso 28 dicembre, in una conferenza stampa presso i locali della Confcommercio di Cagliari: «Dalla Regione, da nove mesi, non arrivano i soldi: i ragazzi torneranno in carcere interrompendo un percorso di recupero e sto perdendo gli operatori che sono da dieci mesi senza stipendio. Negli anni precedenti dallo stanziamento della Finanziaria alla disponibilità dei soldi passava un mese, questo ci permetteva di pagare gli educatori, personale laureato e specializzato» (La Nuova Sardegna, edizione di Sassari, 29/12/16). I fondi pubblici, promessi ma non ancora consegnati alla comunità, ammontano a poco meno di 200mila euro, una cifra non esorbitante di fronte ai costi che deve sostenere, ma realmente indispensabile per il proseguimento della vita della cooperativa e soprattutto per il pagamento degli stipendi degli operatori, costretti a cercare un altro impiego. 

Un valore da preservare

Nel corso dell'infuocata conferenza stampa, don Ettore ha ricordato l'importanza delle strutture come la Collina, fondamentali nel processo di restituzione alla vita dei giovani emarginati, che in periodi complessi della loro esistenza si sono macchiati di delitti gravi, in diversi casi anche di omicidio. “Non c'è rieducazione senza libertà” è lo slogan che ha accompagnato l'attività del sacerdote di frontiera nei decenni scorsi e che lo stesso Cannavera ha ribadito con forza durante la conferenza stampa: «Dobbiamo dare risposte alternative al carcere minorile, perché non si educa senza libertà»; «la rieducazione e la restituzione alla vita deve essere l’obiettivo della società». Il successo del progetto rieducativo, alternativo alla detenzione, è testimoniato anche dai dati che lo stesso don Ettore ha riportato in conferenza stampa: «Il 70% dei ragazzi che escono dal carcere ritorna a delinquere», cosa che si è verificata solo in 4 giovani sui 72 che hanno soggiornato presso La Collina in questi 20 anni. Inoltre, l'esperienza comunitaria di recupero produce grandi benefici anche alle casse pubbliche: i ragazzi che alla collina costano 200mila euro, costerebbero al carcere circa 2 milioni. Insomma, il successo è nei numeri. Per questo, nonostante la fase drammatica che attraversa La Collina, conclude don Ettore, «non mi arrendo».

Parola d’onore

In seguito all'appello-denuncia di don Ettore Cannavera, l'assessore regionale alla Sanità, Luigi Benedetto Arru, ha replicato spiegando i motivi del ritardo: «L’istituzione del fondo per le comunità di accoglienza e il conseguente meccanismo, più complesso del dovuto, per garanzia di stabilità e certezza delle risorse anche per gli anni a venire, ha paradossalmente causato i disagi che si è tentato di evitare e portato ai ritardi denunciati oggi da don Ettore Cannavera» (Ansa, 28/12/16). E ha poi rassicurato il sacerdote sull'imminente consegna del finanziamento: «I ritardi ci sono stati e ce ne scusiamo, ma non è mai venuta meno l'attenzione e la considerazione per quanto La Collina, e altre realtà simili, fanno quotidianamente». 

* Foto tratta dal profilo Facebook della comunità.

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