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Donne di nuovo sotto tutela? Fa discutere l’articolo di Lucetta Scaraffia sul “Messaggero”

Donne di nuovo sotto tutela? Fa discutere l’articolo di Lucetta Scaraffia sul “Messaggero”

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 07/10/2017

ROMA-ADISTA. Il dubbio che la difesa delle donne, vittima negli ultimi mesi di eclatanti casi di violenza, possa diventare anche il pretesto per rimettere in discussione conquiste culturali e sociali di decenni, ponendo il genere femminile sotto nuove forme di “tutela”, è venuto in mente a più di qualcuno. La campagna anti violenza del quotidiano romano Il Messaggero questo dubbio l’ha recentemente rafforzato. Lanciata lo scorso 14 settembre, la campagna da una parte intende denunciare l’insicurezza in cui versa la città, dall’altra avanzare proposte che vanno dal potenziamento della illuminazione pubblica (un diritto che però dovrebbe prescindere dalla questione degli stupri sulle donne) alla rete di telecamere in negozi, discoteche e pub fino ai taxi agevolati per chi gira di notte. Ad accompagnare l’iniziativa, il giorno del suo lancio ufficiale, un corsivo in prima pagina di Lucetta Scaraffia, giornalista e storica della Chiesa, collaboratrice dell’Osservatore Romano, testata per cui da diversi anni cura l’inserto femminile “Donne, Chiesa, mondo”. 

Il corsivo della Scaraffia ha suscitato un vespaio di polemiche, sia tra le attiviste dei movimenti delle donne che sui social network. L’articolo, per la verità, esordisce affermando un concetto caro al movimento delle donne: «Non si deve mai dire, di una donna stuprata, che se l'è andata a cercare. Ogni donna ha il diritto di essere rispettata sempre, comunque vada vestita e qualsiasi cosa faccia, soprattutto quando si fida di colui che sarà il suo stupratore». Poi però la Scaraffia aggiunge: «A proposito della ragazza finlandese stuprata a Roma l’altra notte, viene però voglia di chiederle: nessuno ti ha mai insegnato a non accettare passaggi dagli sconosciuti, tanto più alle 4 del mattino? Sono sicura che è pericoloso ovunque, anche in Finlandia. E viene anche da pensare che il mito della raggiunta eguaglianza con gli uomini stia portando a effetti perversi, e che molte ragazze ormai girino di notte senza prendere le più elementari precauzioni». Le donne che vogliono, giustamente, continuare a girare da sole per la città, anche di notte, ammette la Scaraffia. «Ma per raggiungere un buon grado di sicurezza nelle strade è indispensabile il contributo di tutti». E le donne devono accettare l’idea di avere bisogno di protezione. Di qui alla tutela del maschio sulla donna, legittimato dalla condizione se non intrinsecamente almeno socialmente fragile delle donne, il passo è breve. 

Ma c’è di più: per Scaraffia la responsabilità del pericolo che grava oggi sulle donne è anche e soprattutto il femminismo: infatti, «l’antica idea che gli uomini devono proteggere le donne è? forse una delle prime consuetudini che il femminismo ha cancellato, dal momento che ha significato per le donne l’illusione di proteggersi da sole», scrive Scaraffia. «Il femminismo infatti ha rigettato con orrore l’idea che le donne avessero bisogno di protezione, preferendo inseguire una liberta? dal loro destino biologico, cioè negando sia la maternità sia la maggiore fragilità, per arrivare a equipararle in tutto e per tutto ai maschi. Il tentativo di fare delle donne degli ‘uomini come gli altri’, padrone del loro corpo, aveva dei lati positivi, senza dubbio, ma anche il difetto di ignorare condizioni di realtà evidenti. La debolezza di questo progetto, così evidentemente utopistico, è stata pagata a duro prezzo da quelle donne, soprattutto giovani, che hanno creduto di non avere più bisogno di cautele. In realtà, un rapporto più libero e consapevole con il proprio corpo non deve escludere la necessità di riconoscere i rischi e le debolezze del destino femminile, per prevenirli. In qualsiasi città del mondo».

Neanche a farlo apposta lo stesso giorno, sul manifesto, Bia Sarasini, giornalista e saggista, militante femminista e in passato direttora di Noidonne, scriveva, sempre a proposito di stupri e di “emergenza sicurezza” per le donne: «E la libertà – delle donne, delle ragazze – è il punto geometrico del conflitto. La solidarietà, perfino il dolore, sono pieni di ombre, di dubbi. Perché quelle ragazze sono in giro di notte? Perché si fidano di chiunque? Perché si permettono di andare in giro come se fossero dei ragazzi, dei maschi?».

Alle argomentazioni della Scaraffia risponde direttamente un’altra storica della Chiesa, Anna Carfora, interpellata da Adista: «Non c’è alcun destino, biologico o culturale che sia – sostiene Carfora – che condanni le donne ad essere esposte. Lucetta Scaraffia, sul Messaggero, ha sostenuto che non è il caso di aspettarsi la conversione degli uomini al rispetto delle donne: questo mi pare giusto; non si tratta di perseguire il pentimento e il cambiamento di certi uomini; ma la questione, a mio avviso, è tutt’altra: non possiamo pensare di tornare alla tutela del pudore femminile. La violenza sessuale deve risultare interdetta come un tabù. Per perseguire un simile obiettivo serve la tolleranza zero, una mobilitazione della società civile, e sottolineo l’aggettivo civile, condotta a tutto campo, dalla scuola e dalla famiglia, dai media e dalle istituzioni, in chiesa e al bar, al supermercato e in discoteca. Ma una cosa deve essere chiara a tutti, soprattutto a coloro che hanno una maggiore responsabilità sociale poiché le loro idee contribuiscono a fare tendenza e opinione: la lotta non può essere deviata introducendo considerazioni pericolosamente fuorvianti; non si può concentrare l’attenzione sulla provenienza degli stupratori, e sono in troppi, in questo momento, a cavalcare la tigre degli stupri compiuti da immigrati per rinfocolare i rigurgiti razzisti e nazionalistici. Né si può parlare delle vittime, delle loro presunte imprudenze o della fragilità femminile, altrimenti si innesca il cortocircuito semplificatore per cui per natura la femmina è preda e il maschio è cacciatore. Le donne non si toccano, né in casa, né al parco alle 4 del mattino. Né nude, né vestite da suora». 

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