
"Caso Asso 28". La denuncia dell'ARCI
Dura nota dell’Arci dopo che il rimorchiatore Asso 28, battente bandiera italiana, ha salvato 108 migranti a bordo di un gommone e li ha riportati in Libia, da dove stavano fuggendo. «Un fatto senza precedenti in violazione della legislazione internazionale che non consente i respingimenti di massa, garantisce il diritto d’asilo e non riconosce la Libia come un porto sicuro, gli unici in cui, secondo la convenzione di Ginevra, devono essere sbarcati i migranti soccorsi». Nella nota si ricorda che «già il governo italiano è stato condannato nel 2009 (caso Hirsi) per la violazione del principio di non respingimento (non refoulement) previsto dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra. Ma coerente con la linea dura verso i migranti che tanti consensi gli ha portato, il Ministro dell’interno espone l’Italia a una nuova, certa condanna con le relative pesanti conseguenze, anche economiche». Conclude il ragionamento: «Che le persone riportate a Tripoli saranno certamente sottoposte a trattamenti disumani e degradanti, come hanno più volte ribadito le Nazioni Unite e tutte le organizzazioni indipendenti che hanno raccolto testimonianze nei lager della Libia, al governo non interessa. E che per questi motivi la Libia non possa essere considerato porto sicuro l’ha affermato anche la Commissione europea. Riportare le persone nelle mani degli aguzzini che li hanno torturati, violentati e ricattati è vergognoso. Un comportamento disumano di cui questo governo e il suo ministro dell’Interno, che agisce in violazione dei principi costituzionali su cui ha giurato, prima o poi dovranno rispondere».
foto di Noborder Network, tratta da Flickr, licenza
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