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Francia: il documentario sulle suore abusate scatena dibattito e iniziative

Francia: il documentario sulle suore abusate scatena dibattito e iniziative

Tratto da: Adista Notizie n° 16 del 27/04/2019

39792 PARIGI-ADISTA. Ha avuto molta risonanza in Francia il documentario prodotto dalla piattaforma franco-tedesca Arte.tv dal titolo “Religiose abusate: l’altro scandalo della Chiesa”, diffuso all’inizio dello scorso marzo (e visibile ancora per qualche giorno anche sul sito di Adista; v. Adista n. 10/19). Un documentario frutto di un lungo e meticoloso lavoro di indagine, nel quale le voci e i volti delle vittime hanno aggiunto drammaticità al racconto di casi di agghiacciante gravità, avvenuti in un contesto di indifferenza e omertà. Al contrario di quanto accaduto in Italia, dove il documentario non ha avuto risonanza – colpa, anche, della mancata sottotitolazione in italiano – in Francia numerose realtà cattoliche hanno alzato la voce, chiedendo trasparenza e misure preventive. Ne ha parlato sul sito Global Sisters Report la giornalista Elisabeth Auvillain (16/4), raccontando delle numerose iniziative di protesta spontanee avviate dopo la diffusione dell’inchiesta, ma anche in seguito agli sviluppi del caso che ha avuto come protagonista il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, condannato a sei mesi di reclusione per insabbiamenti, le cui dimissioni sono state per ora congelate da papa Francesco (v. Adista Notizie nn. 13 e 15/19).ù

A Parigi, tante sono state le parrocchie che hanno organizzato serate di dibattito e preghiera; in tutto il Paese, soprattutto nel periodo quaresimale, hanno avuto luogo ritiri, meditazioni, conferenze, imperniati sul tema degli abusi e sulla manipolazione di persone vulnerabili operata in nome di Dio. il quotidiano cattolico La Croix e la rivista Pélerin hanno lanciato una ampia consultazione che durerà fino al 7 giugno, sul tema «Ripariamo la Chiesa»: un invito «a fare una diagnosi sulla situazione attuale della Chiesa, ma anche a proporre una maggiore fedeltà al Vangelo», per rispondere al quale è stato attivato un indirizzo mail (reparons-l-eglise@bayard-presse.com).

La Conférence des Baptisé-e-s Francophones, associazione che fa capo alla filosofa e teologa Anne Soupa, fondatrice del Comité de la Jupe (che di recente ha provocatoriamente chiesto la scanonizzazione di papa Wojtyla, sotto il cui pontificato il clima di omertà e gli insabbiamenti dei casi di abusi raggiunsero l’apice, v. Adista Notizie n. 11/19), ha organizzato incontri con esperti sul tema degli abusi, per mettere a nudo «la cultura che mescola autorità, obbedienza e silenzio», «comprenderne le radici profonde per finirla con questa cultura dell’abuso, contraria al messaggio di liberazione del Vangelo». La Conférence ha anche lanciato una petizione per «far sentire la parola delle donne nella Chiesa» (www.change.org/p/pape-françois-église-catholique- ça-suffit) che ha raccolto quasi 7mila firme in poche settimane.

Anche le religiose si stanno mobilitando. In testa al loro fronte, c’è la presidente della Conferenza dei Religiosi e delle Religiose di Francia (Corref) suor Véronique Margron, che ha appena pubblicato un libro sul tema degli abusi sessuali nella Chiesa, Un moment de vérité (edizioni Albin Michel). Nel libro, la religiosa traccia un percorso di verità per la Chiesa in 12 punti: mettere le vittime al centro, desacralizzare la figura del prete, decostruire il sistema clericale, promuovere il ruolo della donna, trasformare la crisi in mutamento, cambiare lo stile della Chiesa, rafforzare il dialogo con la società, fare verità per ritrovare fiducia, formare i preti sulle questioni affettive, combattere i fenomeni di potere sulle persone, rivedere l’esercizio del potere nella Chiesa; tutto questo consentirà, alla fine, di mettere in atto politiche di tolleranza zero. «Sapevamo di abusi di potere da parte di alcuni preti e di superiore, ma non conoscevamo la portata di questi crimini», tuttora difficile da cogliere nella sua totalità per il rifiuto di molte vittime di denunciare, ha affermato suor Margron in ad un incontro molto affollato nella chiesa di Sainte Clotilde a Parigi, il 10 aprile scorso; «Non crediate che preti e vescovi da soli possano cambiare la Chiesa. I laici come voi devono prendere parte a questo rinnovamento».

Quale obbedienza?

Oggetto di molte riflessioni e critiche è il voto di obbedienza delle religiose, un’obbedienza malintesa: «Significa che le religiose vogliono che la loro vita sia un dono di sé per servire gli altri, secondo il Vangelo, in una comunità riconosciuta dalla Chiesa cattolica», ha spiegato Christiane Hourticq, ex superiora delle Soeurs Auxiliatrices des âmes du Purgatoire, intervistata da Global Sisters Report. «Accettare l’obbedienza significa non decidere mai da sola dove vivere e in cosa consiste la propria missione». Ma c’è sempre un dialogo: «Quando una suora esprime speranze o desideri o timori, non sta rifiutando l’obbedienza. La superiora prende la decisione ma solo dopo una vera discussione, che fa bene a entrambe le parti». C’è un’enorme differenza, insomma, tra obbedienza e costrizione. «In un contesto di manipolazione, l’obbedienza, o piuttosto la sottomissione, è presentata in modo assoluto come una virtù fondamentale», ha spiegato suor Chantal- Marie Sorlin, ex canonista del Tribunale ecclesiastico di Digione, illustrando come molti abusi siano avvenuti in comunità nate dopo il Concilio, le cosiddette “communautés nouvelles”, che includevano laici, famiglie e religiosi, apparentemente prive di una gerarchia e di confini netti nei comportamenti, ma soprattutto guidate da personaggi magnetici che prendevano il posto di Cristo e che diventavano oggetto di venerazione. Tali comunità si trasformavano in una sorta di Chiesa parallela, autosufficiente e autoreferenziale, in cui la formazione «era basata sulla parola del fondatore, non sulla Scrittura». Tra queste vi era la Comunità di San Giovanni, fondata nel 1975, con le sue branche dei Fratelli di S. Giovanni, delle Suore apostoliche e delle suore contemplative, nate negli anni ’80. Nel 2009 emersero gli abusi che avvenivano nella comunità contemplativa, che ricadeva sotto l’autorità di Barbarin; venne sciolta nel 2013, quando la maggior parte delle suore rifiutò la nuova superiora, nominata dall’arcivescovo stesso. Ne faceva parte Marie-Laure Janssens, autrice del libro Le Silence de la Vierge, in cui descrive l’isolamento, la mancanza di comunicazione e l’abuso spirituale subito. Se ne allontanò nel 2009, chiedendo l’autorizzazione a denunciare la situazione al suo vescovo, mons. Henri Bricard (morto nel 2014), che la spinse al silenzio, spacciato per «atto di misericordia verso le persone» e «segno del dono di sé, linguaggio di servizio, come ci ha insegnato la Vergine Maria». 

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