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Nicaragua, resta alta la tensione tra filo governativi e opposizione

Nicaragua, resta alta la tensione tra filo governativi e opposizione

MANAGUA-ADISTA. Con il voto della maggioranza sandinista e il no delle opposizioni riunite sotto il cartello dell’Alleanza Civica, sabato 8 giugno il Parlamento nicaraguense ha approvato una legge di amnistia che assolve tutte le persone accusate di aver commesso crimini durante la crisi politica verificatasi nel Paese dall'aprile 2018. Il primo risultato è stata la liberazione, da parte del regime di Ortega, di 106 prigionieri politici, tra lunedì 10 e martedì 11 giugno. «Il rilascio di tutti i prigionieri porterà gioia a tutte le famiglie, speriamo che questa legge non li riguardi e che tutti coloro che sono stati privati della libertà possano vivere liberamente nel loro paese» ha twittato l’arcidiocesi di Managua, riportando le dichiarazioni del card. Leopoldo Brenes (arcivescovo di Managua) che, almeno inizialmente, non aveva fatto mistero delle proprie perplessità sull’approvazione «frettolosa» di una legge di amnistia non condivisa con le opposizioni.

Perplessità che, verosimilmente, non saranno sopite dai fatti che hanno seguito il rilascio dei prigionieri.  Come scrive La Prensa, «sebbene il governo si sia congratulato per quella che considera una dimostrazione di "riconciliazione", i "prigionieri politici" rilasciati sostengono che non hanno beneficiato della legge di amnistia, dal momento che protestare non è un crimine in Nicaragua», a dimostrazione del fatto che il livello di tensione nel paese resta alto, e che la famigerata legge di amnistia non sembra soddisfare i requisiti di consenso da parte di tutti i settori rappresentativi del paese. Solo questo consenso «può portare ad un processo di "autentica giustizia, riparazione e non ripetizione» ha detto Rolando José Álvarez Lagos, vescovo della diocesi di Matagalpa, dopo aver appreso dell’approvazione del provvedimento. E infatti, l’esplosione delle tensioni non si è fatta attendere.  «Le forze speciali paramilitari fedeli al governo di Daniel Ortega hanno attaccato, tra sabato e domenica, prima la cattedrale di León e poi quella di Managua» si legge su un articolo dell’Agenzia Sir pubblicato ieri. «Nella latitanza della Polizia “regolare”», scrive ancora il Sir, sabato «gruppi paramilitari hanno assediato la cattedrale di León, lanciando pietre e bottiglie durante la celebrazione per il primo anniversario dell’uccisione, durante la repressione, del chierichetto Sandor Dolmus», terrorizzando i fedeli presenti. Alcuni sono rimasti feriti una volta usciti dalla chiesa, nonostante la rassicurazione che sarebbe stata garantita la loro incolumità, mentre altri sono rimasti all’interno della chiesa per ore. Similare l’aggressione avvenuta il giorno seguente, nella Cattedrale metropolitana di Managua, dove alcuni dei prigionieri politici appena rilasciati si erano riuniti per celebrare una messa di ringraziamento. «Fin dalle prime ore del mattino» e «prima della messa, le principali vie di accesso alla Cattedrale di Managua erano occupate dalla polizia antisommossa e dalla Direzione delle operazioni speciali di polizia (DOEP)» come rilevato dall'agenzia EFE. «Dozzine di pattuglie, piene di poliziotti, erano particolarmente visibili nel perimetro vicino alla basilica» e, forse proprio per questo, «al termine della celebrazione alcuni dei presenti hanno provato a promuovere una manifestazione» per chiedere la liberazione «immediata» di più di 85 prigionieri politici che, secondo l’Unione dei Prigionieri Politici nicaraguensi, si trovano ancora rinchiusi nelle prigioni del Paese, «quando i paramilitari hanno lanciato bombe “stordenti” fin dentro la chiesa e hanno attaccato i manifestanti, due dei quali sono rimasti feriti» scrive ancora il Sir.

«Spero che questi assedi non si ripetano» ha commentato dopo un lungo silenzio mons. Josè Silvio Bàez, vescovo ausiliare di Managua recentemente richiamato a Roma da papa Francesco (si veda Adista Notizie n° 16/2019). «Penso che dovremmo evitare che queste tensioni vengano raggiunte» ha detto il leader cattolico al giornale La Prensa, invitando tutti «a riflettere e non esporre altre persone a percosse e abusi» «perché la Chiesa non è lì per sostenere un partito politico e neanche i vescovi», riferendosi, con quest’ultima frase, alle accuse mosse dai filo governativi contro il vescovo di Leon, mons. Bosco Vivas, che con le sue omelie ed interventi pubblici fomenterebbe i manifestanti di sinistra. Brenes sostiene che «tutto è stato distorto dai social network» che tendono a «polarizzare» le questioni, esprimendo la propria solidarietà a Vivas, «che è un uomo pacifico».

Sugli episodi di violenza all'interno delle chiese la Conferenza Episcopale del Nicaragua, riunitasi lunedì 17 giugno, non ha raggiunto una posizione comune. Tuttavia, come ha affermato mons. Abelardo Mata Guevara, vescovo di Estelì e portavoce della CEN,  i vescovi si sono impegnati a discutere più a fondo della situazione del Paese e della libertà religiosa nel loro prossimo incontro. Parlando a titolo personale, il prelato ha però precisato che «negli ultimi giorni il Governo, attraverso la Polizia e altri gruppi affini, ha intensificato la persecuzione verso i nostri fedeli, filmandoli, fotografandoli, intimorendoli con aggressioni verbali e fisiche e con l’assedio alle chiese durante le celebrazioni liturgiche. Per questo denunciamo gravi violazioni alla libertà di culto, garantita dall’articolo 29 della Costituzione», ribadendo che «La Chiesa cattolica sarà sempre aperta a coloro che si sentono perseguitati, emarginati ed esclusi» e, seppure «Il disordine sociale causato dalla mancanza di libertà e giustizia è anche una preoccupazione dei vescovi», «non è nelle nostre mani risolvere i problemi». 

*foto tratta da Flickr, di Jorge Mejìa peralta, immagine originale e licenza

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