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Rompere con l’economia neoliberista per un autentico cambiamento

Rompere con l’economia neoliberista per un autentico cambiamento

“Nec sine te nec tecum vivere possum” (“Non posso vivere con te né senza di te”): questo verso di ovidiana memoria che coglie lo stato d’animo talvolta presente nelle relazioni affettive, se proiettato (si perdoni l’azzardo) nei rapporti tra le due forze politiche dell’attuale governo, dove i complicati interessi subentrano ai tormentati sentimenti, descrive a pennello l’atteggiamento di Matteo Salvini che, da una parte, vorrebbe aprire subito la crisi per tradurre in seggi parlamentari i consensi registrati col voto europeo e con i sondaggi e, dall’altra, teme che un simile sbocco possa segnare l’avvio di un suo rapido declino politico. Il ministro dell’interno è senza dubbio un pragmatico che ben conosce le insidie presenti dentro e fuori il suo partito e questa consapevolezza lo induce a portare avanti una esperienza di governo che gli ha procurato notevoli successi ed è perciò incline, almeno in questa fase, a sacrificare le proprie ambizioni che però egli stesso, con i suoi eccessi e con i suoi anatemi, finisce per danneggiare.

Certo i contrasti della Lega con i 5 Stelle crescono e non si può escludere che possano sfociare in fratture insanabili ma Salvini sa bene quanto sarebbe rischioso governare da solo o con fastidiose appendici legate a un passato non certo edificante. E sa anche che i 5 Stelle, sia pure indeboliti dai recenti responsi elettorali, sono sempre una forza capace di sorprendenti riprese. E sono soprattutto una presenza anomala nel panorama politico italiano perché, nonostante i limiti propri e i condizionamenti imposti dall’alleato di governo, perseguono obiettivi non appiattiti sul “pensiero unico” neoliberista che invece pervade gli altri settori politici guidandone orientamenti e scelte. E Salvini ha quindi bisogno del Movimento pentastellato per la passione innovativa che lo caratterizza così come ha bisogno anche di quel presidente Conte definito fino a ieri da molti oppositori come una risibile nullità ma oggi considerato da molti di essi come un “nuovo Moro” e come un valido capo di Governo. Ma Salvini non può tirare troppo la corda perché le sue invettive e i suoi scatti rischiano comunque di provocare, anche al di là delle sue intenzioni, una crisi di governo gravemente nociva per gli interessi del Paese che lo potrebbe elettoralmente punire per il delirio di potenza che sembra in questi ultimi tempi segnare certi suoi inaccettabili comportamenti.

E sono proprio gli interessi del Paese che reclamano non quel generico “fare per il fare” che sta tanto a cuore al leader leghista ma una politica economica che, pur tenendo realisticamente conto dei limiti e dei freni del sistema egemone in Europa e nel mondo, si muova per perseguire obiettivi alternativi a quelli patrocinati dai dogmi del pensiero neoliberista che stanno provocando drammi ed eccidi ai quali nessun politico buonista dell’ultima ora dedica un minimo di operosa attenzione. Si tratta di moltitudini di “umiliati e offesi” ridotti in schiavitù economica ed anche privati persino della voglia di reagire con le armi della protesta e della lotta politica non violenta.

La filosofa e teorica femminista statunitense Nancy Fraser, docente di Scienze Politiche e Sociali a New York, in un articolo dal titolo “Dal neoliberismo progressista a Trump e oltre”, dopo una illuminante analisi del neoliberismo progressista e del neoliberismo reazionario statunitensi, valida anche per le similari esperienze europee e italiane, perviene alle seguenti conclusioni: “né un redivivo neoliberismo progressista né un neoliberismo reazionario sono buoni candidati per l’egemonia politica del prossimo futuro … il tipo di cambiamento di cui abbiamo bisogno può avvenire solo da un’altra parte, da un progetto che sia almeno anti-liberista se non anti-capitalista”. Ed ancora “dobbiamo rompere definitivamente con l’economia neoliberista e con le varie politiche che l’hanno sostenuta mettendo da parte non solo l’etnonazionalismo esclusivo ma anche l’individualismo liberal-meritocratico. Solo mettendo insieme politiche di distribuzione egualitarie e politiche di riconoscimento sostanzialmente inclusive, possiamo costruire un blocco controegemonico che ci possa portare oltre l’attuale crisi verso un mondo migliore”. Con stile giornalistico la Fraser dice ciò che solennemente proclama la nostra Costituzione: che non può esserci giustizia sociale senza il superamento dell’iniquo sistema economico dominante.

Guardando in questa ottica a quanto sta accadendo nel nostro Paese sembra emergere sul versante progressista l’esigenza che per costruire un futuro di autentico cambiamento occorre che il Movimento pentastellato si dia un organico progetto guidato da logiche antiliberiste e che a sinistra prenda corpo una forza trasformatrice, anch’essa antiliberista, che si ispiri ai valori del Movimento operaio e dell’esperienza politica di Berlinguer nonché ai principi e agli indirizzi di quel cristianesimo progressista che ebbe tra i suoi maggiori esponenti personalità con scelte di militanza diverse (Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Franco Rodano, Giuseppe Dossetti) ma tutti legati da una forte passione politica di giustizia e di solidarietà illuminata dal messaggio evangelico. Personalità tutte anticipatrici delle sensibilità e degli orientamenti sociali emersi dal Concilio Vaticano II, dalla teologia della liberazione e dagli interventi dell’attuale Pontefice.

*Plinio Nomellini: Sciopero Londinese (1889). Source/Photographer: http://https://tuttolandia1.files.wordpress.com tratta da Wikipedia,  immagine originale e licenza

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