
Sinodo e donne/8. Donne per la Chiesa: il documento finale enfatizza una discriminazione
«Nella gratitudine per il cammino sinodale compiuto, un solo punto ci lascia amareggiate e riguarda proprio le donne. Ancora una volta a grandi proclami sulla necessità che la donna “assuma più fortemente la sua leadership all'interno della Chiesa” e al riconoscimento della “ministerialità che Gesù ha riservato alle donne” non fanno seguito passi concreti». Così si esprime, in un comunicato emesso il 30 ottobre, il movimento Donne per la Chiesa, coordinato dalla sociologa Paola Lazzarini. «Da un lato si chiede esplicitamente che uomini sposati di provata fede ed esperienza, in particolare gli attuali diaconi permanenti, possano accedere all’ordinazione presbiterale; invece per le donne si domanda l’invenzione di un ministero “ad hoc”, quello delle leader di comunità, che non fa che enfatizzare una discriminazione. I ministeri ordinati e in particolare il diaconato restano inaccessibili alle donne, senza considerare che se è vero che lo Spirito soffia dove vuole, la vocazione al servizio ministeriale può e di fatto raggiunge anche le battezzate» Se l’Instrumentum laboris, osserva Donne per la Chiesa, conteneva una coraggiosa proposta di cambiamento nella visione dell’evangelizzazione, «il documento finale sembra più connotato da calcoli di necessità (riguardo ai viri probati) e prudenza (riguardo alle donne). Ora si rimanda a ulteriori lavori della commissione sul diaconato istituita nel 2016 e questo nonostante molti vescovi e almeno un circolo minore si fossero espressi chiaramente per la sua restituzione. Parliamo di restituzione perché le evidenze storiche del diaconato delle donne sono molteplici e altrettante sono le esigenze concrete da parte delle comunità, soprattutto in Amazzonia».
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