
Legionari di Cristo: il vero volto di Velasio De Paolis, “commissario” compiacente
Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 29/02/2020
40151 MILANO-ADISTA. L’impressione è che, col passare del tempo e della distanza dall’epoca segnata dal fondatore dei Legionari di Cristo, il pedofilo seriale Marciel Maciel Degollado, nonostante il tentativo di ripulire e risanare la congregazione, si allarghi sempre di più quella macchia di infamia che ha segnato tanta parte della storia di quest’ultima. Fino a coinvolgere anche chi, in teoria, avrebbe dovuto “salvarla”: il card. Velasio De Paolis, il delegato pontificio cui Benedetto XVI affidò, nel 2010, il commissariamento dell’istituzione, durato quattro anni.
Questi i fatti, in sintesi. Raccontati dall’Associated Press (17/2). In un seminario minore della Legione in Lombardia, a Gozzano, a partire dal 2008, un ragazzo di 12 anni fu abusato sessualmente da un prete della Legione, Vladimir Reséndiz Gutiérrez. Quando la famiglia del ragazzo, venutane a conoscenza nel 2013 grazie allo psicologo che lo aveva in cura – era soggetto a depressione – sporse insieme a quest’ultimo denuncia alla polizia, la congregazione offrì un risarcimento di 15mila euro perché tale denuncia venisse ritirata. La madre, Yolanda Martinez Garcia, si rivolse allora a De Paolis, in preda alla rabbia. Ma la reazione del cardinale non fu quella che si aspettava: ridacchiò, le consigliò di non firmare quell’accordo (stilato su sei pagine di contratto da avvocati della congregazione), ma di proporne un altro senza i legali di mezzo: «Gli avvocati complicano le cose – le disse –, anche la Scrittura dice che tra cristiani dobbiamo trovare accordo». Quella conversazione fu registrata e conservata, così come la proposta di risarcimento, ed entrambe saranno usate come prove al processo che sta per aprirsi a Milano, nel quale preti e avvocati della Legione sono accusati di ostruzione alla giustizia e estorsione. Mentre la Legione si trincera dietro alla giustificazione che all’epoca non c’erano le linee guida di protezione dei minori ora vincolanti, il comportamento di De Paolis, deceduto nel 2017, non fa che dimostrare di aver avuto un occhio di riguardo per quei Legionari che proteggevano i preti pedofili. E dire che aveva appreso del comportamento di Reséndiz nel 2011, quando un altro ragazzo del seminario di Gozzano lo aveva accusato di abusi e altri casi stavano emergendo in Venezuela, dove il prete era stato mandato dopo il 2008. De Paolis aveva dato la sua approvazione a una investigazione canonica interna, ma non aveva denunciato il prete alle autorità civili. E anche quando, due anni dopo, si rese conto che altri preti cercavano di impedire che la giustizia facesse il suo corso, il delegato pontificio non disse nulla. Era il 2014 quando ebbe luogo la conversazione con la madre del ragazzo: lo stesso giorno, De Paolis aprì l’assemblea della Legione dichiarando conclusa l’opera di purificazione e riforma della congregazione.
De Paolis aveva avuto da Benedetto XVI ampi poteri da esercitare in quell’opera, ma non li usò: non rimosse alcun rappresentante della “vecchia guardia”, non investigò a fondo le coperture dei crimini commessi da Maciel, non indagò su accuse pregresse di abusi, anche quando i responsabili erano rimasti nelle file della Legione, men che mai affrontò quella radicata cultura dell’abuso, dell’omertà e della copertura, non applicando la legge e mettendo a tacere le vittime.
Reséndiz, oggi 43enne, è stato condannato nel 2019 in contumacia (probabilmente vive in Messico), e l’udienza in appello dello scorso gennaio ha confermato la sentenza a sei anni e mezzo di reclusione. Fino alla fine di marzo ha tempo per ricorrere in Cassazione: si è dichiarato innocente rispetto all’abuso di questo ragazzo, anche se ha ammesso di averne molestato un secondo.
Ma le colpe, in questo caso di abuso, vanno ben oltre le responsabilità del prete. Delle sue inclinazioni erano ben consci i superiori già negli anni ‘90, quando era ancora seminarista: «È un ragazzo con forti impulsi sessuali e scarsa capacità di controllarli», scrisse di lui il direttore dei novizi Antonio León Santacruz, in una valutazione a uso interno del 1994; «Dato il suo profilo psicologico, è incline a non rispettare le regole senza grossi problemi e lo psicologo ritiene che sarebbe difficile per lui intraprendere la vita consacrata visto lo scarso rispetto per le regole. Le osserva fin tanto che viene controllato, ma appena può le infrange senza rimorsi». Reséndiz, l’anno dopo, aveva fatto presenti le proprie difficoltà sessuali in una lettera allo stesso Maciel: «Ho diversi problemi nel campo della castità e la verità è che è un momento difficile perché mi vengono molte tentazioni. Prego la Santa Vergine ogni giorno e le chiedo la forza di non peccare ancora; dico ancora perché ho avuto la disgrazia di peccare ma con l’aiuto di Dio combatterò per quel cuore puro e sacerdotale». Reséndiz fu ordinato nel 2006 e venne incaricato della supervisione dei ragazzini in seminario. La Legione ha affermato di averlo rimosso dal ministero nel 2011, ma nel 2012 ascoltava confessioni nelle scuole e celebrava ancora messa in Colombia, dove era stato trasferito, prima di approdare in Messico. Il Vaticano lo ha dimesso dallo stato clericale il 5 aprile 2013.
Mentre il Capitolo generale dei Legionari di Cristo è ancora in corso (v. Adista Notizie n. 7/20), 13 dei partecipanti sono coinvolti con il caso Reséndiz, compresi due preti che compariranno al processo come imputati.
* Panorama di Gozzano (No) in una foto [ritagliata del 2011] di Alessandro Vecchi tratta da wikimedia commons, licenza Creative Commons
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