
Chi sono le donne che vogliono diventare sacerdote?
Tratto da: Adista Documenti n° 12 del 28/03/2020
“Chi sono queste donne che vogliono diventare sacerdote?" è una domanda antica quanto il movimento per l'ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica romana. Chi sono queste donne?
La prima Conferenza sull'ordinazione femminile, un incontro epocale avvenuto nel 1975 a Detroit, nel Michigan (Stati Uniti), ha affrontato questa precisa domanda attraverso un sondaggio tra i 1.200 partecipanti. Sviluppato dalla sociologa suor Judith Vaughan, CSJ, il sondaggio ha consentito diverse conclusioni a causa dell'alta percentuale di risposte (76,8%).
1. Delle 837 donne intervistate, 289 (il 34,5%) ha risposto con un "sì" alla domanda, “desideri essere ordinata prete”?
2. E delle 142 laiche (non religiose), sono state 50 (il 35,2%) a rispondere "sì", e delle 676 religiose cattoliche romane son ostate 229 (33,9%) a dare risposta affermativa.
3. Pertanto, anche se le donne religiose erano cinque volte più numerose delle laiche alla conferenza, c'era solo una differenza dell'1,3% tra i due gruppi che esprimevano la vocazione al ministero ordinato. E il 38,7% delle donne aveva o stava perseguendo lauree in teologia o campi correlati.
4. Un altro 24% ha risposto "Sì, se ci sono cambiamenti strutturali" o "non ancora".
Quasi 45 anni dopo, questi risultati raccontano ancora una storia.
Cerco di immaginare l'orizzonte di possibilità sperimentato da queste donne, senza documenti papali significativi a segnare la loro strada e una fiducia, una fede, nella Chiesa cattolica che semplicemente oggi non esiste. Dopo quell’appuntamento, il movimento si organizzò e i membri della Conferenza sull'ordinazione femminile (WOC) avviarono un dialogo con la Commissione per le donne nella società e nella Chiesa della Conferenza dei vescovi statunitensi. La suora della Misericordia Theresa Kane sfidò papa Giovanni Paolo II durante la visita di questi a Washington, chiedendo l'uguaglianza in tutti i ministeri durante una diretta televisiva nazionale. Nel frattempo, l'emendamento sulla parità dei diritti, un documento che avrebbe garantito diritti costituzionali alle donne (esclusi dalla Costituzione degli Stati Uniti) guadagnava sempre maggiore popolarità.
Per le donne che parteciparono al sondaggio del 1975, queste domande non erano meramente simboliche o teoriche. Come disse suor Nadine Foley, O.P. durante il suo discorso di apertura alla prima Conferenza sull'ordinazione femminile, «Siamo state così tanto con voi e non ci conoscete?». Chi sono queste donne? Le conoscete bene. Foley continuò affermando che queste questioni, nella sostanza, richiedono un'ecclesiologia radicata in una antropologia ripensata, dove la domanda "chi sono queste donne?" avrà una risposta fondata nel messaggio redentore di Gesù Cristo.
In particolare, e bisogna continuare a dirlo, non tutte le donne che sostengono l'ordinazione delle donne vogliono essere sacerdote e una grande percentuale di quelle che lo vorrebbero percorrerà questa strada solo se l'attuale struttura si trasformasse in quello che ora chiamiamo un "sacerdozio rinnovato", con meno separazione tra clero e laici, un processo decisionale collettivo e una maggiore responsabilità nei confronti del Popolo di Dio, tra le tante riforme. La prima conferenza del WOC accolse con favore le presentazioni accademiche sui modelli per il “futuro sacerdozio”, alle prese con la sincera domanda se le strutture correnti del ministero sacramentale all'interno del sacerdozio fossero adeguate ai bisogni della Chiesa; e mise in discussione la natura stessa delle strutture gerarchiche maschili. Questo forum diede il via a un patrimonio di leadership di pensiero tra le teologhe cattoliche e dibattiti che continuano ancora oggi: il sacerdozio è la risposta per le donne? È anche femminista? È la migliore strategia per raggiungere l'uguaglianza per le donne nella Chiesa? A danneggiarci, sono intervenuti gruppi di donne cattoliche che esercitano un controllo su queste richieste e sulle strategie messe in atto, emarginando coloro che non sono d'accordo e condannando coloro che sostengono l'ordinazione, nonostante le sue debolezze.
Al di là delle statistiche, della loro effettiva importanza e significanza, ciò che non possiamo perdere di vista sono le storie delle donne dietro questi numeri. Storie che troppo spesso vengono soffocate, respinte o ignorate dalla Chiesa istituzionale.
Consideriamo la suora carmelitana francese del XIX secolo e Dottore della Chiesa, Santa Teresa di Lisieux che scrisse sui suoi diari e confidò a sua sorella Celine il suo profondo desiderio di essere sacerdote. Scrisse: «Sento in me stessa la vocazione del sacerdote». Morendo di tubercolosi a soli ventiquattro anni, credeva che fosse stato Dio a farla ammalare, preferendo la sua morte alla delusione e al dolore di non essere stata ordinata con gli uomini, una volta giunta all’età allora consueta per l'ordinazione.
La storia della vocazione di Teresa è spesso assente dalla sua narrazione del Fioretto, rendendola un modello popolare di umiltà e docilità. Lo stesso papa Francesco afferma di avere una devozione speciale per lei, portando sempre la sua Storia di un'anima in valigia, secondo quanto si dice. Tuttavia, una lettura più approfondita dei suoi diari e delle testimonianze di sua sorella e dei suoi familiari chiarisce che il suo intenso amore per Dio era complicato da una Chiesa che non avrebbe onorato la sua vocazione sacerdotale.
La cancellazione dagli spazi cattolici delle vocazioni sacerdotali delle donne e della questione dell'ordinazione delle donne non è una novità. La Chiesa istituzionale vorrebbe farci credere che non sono necessarie ulteriori discussioni, cercando di mettere a tacere le voci che fanno domande scomode. Diversi gruppi cattolici si rendono responsabili di questo atteggiamento, attraverso persecuzioni, intimidazione, campagne diffamatorie, minacciando la sicurezza e il sostentamento degli altri fedeli.
Sui social media, i gruppi che si rifanno a un "nuovo femminismo" usano colori pastello e fiori per difendere la teologia del corpo insegnata da Giovanni Paolo II, contrapponendo alle domande femministe l’esaltazione dei caratteri femminili tradizionali.
In effetti, ogni anno il Vaticano celebra una Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, chiedendo ai fedeli di accogliere la "storia unica di Dio nella loro vita". Non sorprende che questa "storia" sia modificata e censurata dalla Chiesa istituzionale per escludere la possibilità della vocazione femminile al ministero ordinato. Vi sono storie potenti di ministeri femminili, e dobbiamo rifiutarci collettivamente di lasciare che vengano cancellate.
Proprio come i sacerdoti maschi, le donne avvertono una vocazione al sacerdozio. Le storie della loro chiamata sono altrettanto diverse, sorprendenti, stimolanti e potenti. Ma a differenza degli uomini, le donne nella Chiesa cattolica mancano di supporto strutturale, risorse finanziarie e formazione spirituale. Le loro vocazioni sono considerate impossibili, non valide o indirizzate erroneamente: "Perché non ti fai suora?" la gente chiederà, ma ogni cattolico sa che una chiamata alla vita religiosa è una vocazione diversa da quella del sacerdozio ordinato e, inoltre, diversa da una vocazione al diaconato, che - avete indovinato - anche le donne vivono.
Per decenni il WOC ha sempre sostenuto le vocazioni sacerdotali delle donne, le storie della loro chiamata e le innumerevoli strade che intraprendono per servire il Popolo di Dio spesso emarginato. Spesso le donne devono affrontare incredibili ostacoli per rispondere alla loro chiamata: sociali, finanziari, professionali e personali. È un atto radicale ascoltare le loro storie, i loro dolori e celebrare i loro meravigliosi ministeri a cui la Chiesa istituzionale ha voltato le spalle. Come cattolici che credono nell'opera illimitata dello Spirito Santo, nella potenza onnipotente di Dio, nella vita inclusiva di Gesù, le storie delle donne chiamate al sacerdozio sono una testimonianza della nostra fede. E un test.
In effetti, a tenere in mano la torcia contro patriarcato per più di quarant'anni, i muscoli cedono come anche la propria. Alcune delle donne che parteciparono alla prima conferenza sono ancora membri attivi del WOC, alcune sono giustamente andate via. Molte non vedranno l'ammissione all’ordinazione delle donne nella loro vita. Quello che conosceranno è un movimento di resistenza e resilienza, come Marinella Perroni descrive la dualità ermeneutica che i cattolici devono affrontare.
Resistendo dobbiamo sfidare e respingere ciò che non serve al messaggio evangelico di uguaglianza. A volte la resistenza è un atto di autoconservazione, a volte corre contro un muro di mattoni. Con resilienza troviamo il modo di affrontare il trauma emotivo e psicologico e lo stress dell'oppressione sistemica: ci troviamo a vicenda.
La campagna per l'ordinazione delle donne nella Chiesa non riguarda semplicemente le donne sacerdote. Si è sempre affrontata la questione delle donne, delle loro storie e delle loro grida per l’uguaglianza. Mentre i movimenti sociali e i teologi possono chiudere gli occhi e papa Francesco può simbolicamente chiudere le porte all'"idea" dell'ordinazione delle donne, ci sono donne nella vostra parrocchia e famiglie che sono al centro di questa storia. Incoraggio tutti i cattolici ad ascoltare le loro storie, a crederci, a sostenerle. Chi sono queste donne? Le conoscete.
Executive director del Women’s Ordination Conference, Kate McElwee è promotrice dell'uguaglianza delle donne nella Chiesa cattolica, con esperienza nella comunicazione, relazione coi media, organizzazione e fundraising.
* Kate McElwee nell'immagine del suo profilo Twitter @dearmisskate
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