
Bassetti scrive al clero. Elogia, incoraggia e tocca i nervi scoperti
In un momento difficile per la società italiana in più di un occasione si è fatta sentire la voce della Cei. Il 14 marzo il presidente Gualtiero Bassetti si è rivolto direttamente ai suoi sacerdoti con una lettera pubblica che ha avuto una certa diffusione e che ha toccato alcuni nodi scoperti, come quello della celebrazione liturgica. A suo giudizio, «i sacerdoti italiani stanno offrendo un esempio autentico di solidarietà con tutti» in un Paese piegato e impaurito per l’emergenza coronavirus. Sono stati «pronti e sempre disponibili, quando è necessario - osservando le disposizioni sanitarie -, a uscire per il conforto dei malati più gravi o per benedire privatamente i defunti». Hanno messo «idealmente sull’altare le sofferenze e le speranze di tutti» nelle Messe celebrate a porte chiuse. Hanno risposto continuamente al telefono «con pazienza» e cercando «un contatto virtuale, ma profondamente reale, con chi aspetta una parola di vicinanza». Hanno annunciato «il Vangelo in modo diverso» anche «sui social» e con «nuove forme per dire che il Signore è vicino, per incoraggiare tutti a pregare in famiglia». Ma si spesi anche nell’«impegno dell’accoglienza e dell’assistenza del prossimo nelle case famiglia e nei centri d’ascolto della Caritas» o spendendosi nelle carceri e negli ospedali. Il presidente della Cei chiarisce che anche rinunciare «con grande sacrificio a tante iniziative che scandiscono la nostra vita e caratterizzano il nostro ministero» è «un atto di carità e rispetto verso il prossimo nella ricerca sincera di tutelare la salute pubblica e la vita delle persone più deboli». Ma si è detto sicuro che «nessuno rimane escluso» dalla «preghiera di intercessione» che i preti elevano ogni giorno allargando «ancora di più il cuore» per sentirsi «pienamente in comunione con tutti».
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