
Come sarà la vita dopo il coronavirus? Un documento delle Chiese evangeliche italiane
ROMA-ADISTA. «La post normalità distanziata» è il titolo del documento di lavoro predisposto dalla Commissione Globalizzazione e Ambiente (Glam) della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) sulla vita quotidiana dopo il coronavirus
«Cosa rimarrà quando l’onda del coronavirus di queste settimane sarà rientrata?», si chiede la Glam, interrogandosi sulla riorganizzazione dei tempi e dei modi di lavoro e di fruizione dello spazio pubblico quando la fase emergenziale sarà archiviata e suggerendo quali potrebbero essere le azioni da mettere in campo nella fase di riapertura graduale delle attività: reinvestimento strutturale e non emergenziale nella sanità pubblica, ripristino della qualità dell’aria, impulso prioritario all’economia circolare.
Pubblichiamo di seguito il documento integrale della Glam
Le merci sono state suddivise, con criteri opinabili, tra essenziali e non essenziali e le persone tra produttive e improduttive. La domanda che in tanti si stanno ponendo è: cosa rimarrà quando l’onda del coronavirus di queste settimane sarà rientrata?Mentre sui social si moltiplicano le raccolte di desideri, sembra prevalere la domanda di ritorno alla precedente normalità solo un po’ ‘più digitale e più green’, con una maggiore tutela del diritto alla salute. Per proteggerla dovremo vivere distanziati. Questa regola salda le convivenze e allontana i prossimi e i colleghi. E richiede una generale riorganizzazione dei tempi e dei modi di lavorare e usare lo spazio pubblico. Gli autobus – e in generale la mobilità collettiva - dovranno essere più frequenti e meno affollati, gli orari di inizio e fine delle attività potranno essere scaglionati, le classi ridotte di numero con un aumento delle aule e dei/delle docenti, il lavoro da remoto (che non deve coincidere necessariamente con il lavoro a domicilio) sarà molto sollecitato, la digitalizzazione della manifattura avrà un impulso, la ricezione critica della pubblicità di beni nocivi all’ambiente come l’automobile privata dovrà essere sostenuta da ogni agenzia educativa (scuola, famiglia, chiese).La GLAM è tra coloro che ritengono che per la salute del pianeta, condizione per la salute umana, il distanziamento vada assunto anche rispetto al modo con cui l’umanità sta producendo e abitando la Terra. Questo era già urgente prima della epidemia e ora si rivela inderogabile. Ma quali azioni bisognerebbe mettere in campo a partire dalla fase di riapertura graduale e quale è il sentire generale?1.Un reinvestimento strutturale e non emergenziale nella sanità pubblica. Ovunque, la sanità in mano alle regioni ha sguarnito la prevenzione, la medicina di base e del lavoro, le emergenze e i pronto soccorso, oltre ai tagli dei posti letto e alla concentrazione degli ospedali nei grandi centri e la chiusura di quelli ‘minori’ perché non redditizi. Occorre tornare allo spirito della legge 833/1978 che istituiva il servizio sanitario nazionale, aumentare gli investimenti nella cura e revocare il sistema misto pubblico privato (la sanità convenzionata, integrativa e intramoenia) che da tempo non offre alcun vantaggio rispetto al servizio e ai costi. Questo obiettivo oggi condiviso da molti richiede coraggio politico per gli interessi che tocca. 2.Un ripristino della qualità dell’aria. Un argomento dibattuto in queste settimane è stato il rapporto tra inquinamento (che già ogni anno uccide intorno alle 80 mila persone e riduce la speranza di vita, soprattutto nella pianura padana) e tasso di aggressività del virus. La correlazione ha una sua evidenza empirica e nei primi studi scientifici che stanno già uscendo ma l’inquinamento e le sue vittime sono un costo socialmente accettato, il prezzo di un modello di sviluppo per il quale finora nessun provvedimento minimamente adeguato è stato preso. Il pianeta in queste settimane ha beneficiato di una piccola tregua, ma la preoccupazione diffusa rimane entro una visione antropocentrica e non ecocentrica. La qualità dell’aria dipende da ogni campo delle attività umane ed è uno degli ambiti di impatto. Ricordiamo che a causa della emergenza sanitaria l’ONU ha cancellato per quest’anno tre appuntamenti importanti: la COP 15 sulla biodiversità (Cina), la COP 26 sul cambiamento climatico (Edimburgo) e la conferenza sugli oceani (Lisbona).
3.Un impulso prioritario alla cosiddetta economia circolare prevedendo anche un intervento diretto dello Stato nell’economia. Invece si accavallano le previsioni macro economiche, ciascuno cerca di ridurre il proprio danno nel quadro della competizione globale e l’emergenza sanitaria è rubricata come una calamità che produce uno shock di sistema e un rischio da valutare. E’ evidente che ci saranno fallimenti (a causa delle precedenti debolezze strutturali del tessuto produttivo ed eccesso di capacità produttiva) e disoccupazione e che l’Europa è facile bersaglio del populismo dilagante, e niente fa presagire che questa crisi produca un indirizzo radicalmente ‘green’ della politica economica e industriale. L’umanità colpita fisicamente da uno stesso virus rimane divisa. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres il 23 marzo ha chiesto un immediato cessate il fuoco in tutti gli angoli del mondo, di fermare i conflitti armati e concentrarsi, tutti, sulla vera battaglia per le nostre vite. In Italia le fabbriche di armi non si sono fermate (solo la tedesca RWM lo ha fatto per due settimane) ma la voce di Rete disarmo non ha avuto una eco rafforzata. Mentre cerchiamo di superare la emergenza, non possiamo ignorare che la frequenza di epidemie sta crescendo e che ci troviamo di fronte ad una catastrofe, nel senso che si è squilibrato un sistema, analogamente al clima, che a un certo punto senza preavviso può collassare, in quanto non procede in modo lineare ma appunto catastrofico.
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