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L'arcivescovo di Lima: sogno una Chiesa non autoreferenziale, o la fede morirà

L'arcivescovo di Lima: sogno una Chiesa non autoreferenziale, o la fede morirà

MILANO-ADISTA. «La Chiesa peruviana si è allontanata per molto tempo dalla gente», dunque «non può meravigliarci» che «i cattolici del nostro Paese siano passati dal 90-95% al 70%». È la dimostrazione che, «senza opere concrete radicate nella fede, la fede è morta. Nella autoreferenzialità, la fede è morta. Nell’utilizzo della religione per coprire perversioni, violazioni, atti di pedofilia, c’è una perversione più grande di tutte. Dobbiamo ripartire dall’ascolto». Durissimo il giudizio di mons. Carlos Castillo, arcivescovo di Lima da un anno, nell’intervista di Donatella Puliga pubblicata sul supplemento settimanale La lettura del Corriere della Sera in data di oggi, 12 luglio, e titolata “Il mio Perù soffre: troppi tradimenti”. In apertura la giornalista richiama la messa funebre, celebrata dal vescovo il 14 giugno nella cattedrale limense, per rendere omaggio ai circa (allora) 6.500 morti di Covid-19, più o meno tutti lì “presenti” in foto.

L’intervista parte proprio da uno sguardo alla pandemia in atto, che «in Perù – dice Castillo – impatta in un Paese caratterizzato, come tutto il continente, da vaste sacche di povertà e diseguaglianza. Ma anche da un altissimo livello di individualismo, sfiducia, corruzione. Con 310 mila contagi, è il secondo Paese sudamericano per diffusione del Covid-19». Ed è un Paese dove la «gente ha perso fiducia nelle istituzioni». «Per questo – aggiunge – ho voluto incontrare i rappresentanti del Servizio sanitario e delle cliniche, per discutere anche di misure pratiche, come l’abbassamento delle tariffe per i ricoveri e le degenze: c’è un dovere concreto di restituzione, tante famiglie sono state schiacciate sul piano economico. Un conto è che le strutture sanitarie non vadano in perdita, altra cosa è puntare esclusivamente a fonti di guadagno esorbitante, che si configurano come quelle che in termini ecclesiali possiamo definire “strutture di peccato”».

Il problema è «l’individualismo», che, «inoculato anche da una cultura liberista seguita alla stagione della dittatura di Fujimori», peraltro amico del card. Juan Luis Cipriani, il poco amato vescovo di Lima predecessore di Castillo, «è entrato anche nella nostra fede». Così «aprendo la strada – è la constatazione di mons. Castillo – a una religione al singolare, il cui primo obiettivo è la salvezza della propria anima. Quanto al corpo, abbiamo visto che, se si possono curare gli infermi in una prospettiva evangelica, anche lo Stato deve assicurare la salute a tutti. Possiamo lavorare insieme. Il mondo non è qualcosa da fuggire, ma è il destinatario di un dialogo: noi stiamo nel mondo. Non si tratta di contrapporre il religioso al sociale, dando il primato all’una o all’altra dimensione, ma ricordare sempre che “quando io ho fame è un problema materiale, ma quando l’altro ha fame è un problema spirituale”. Quello delle chiese chiuse, dei sacramenti sospesi, è un grande segno per noi: sembra incarnarsi in questa situazione la scelta dell’evangelista Giovanni, che sostituisce il racconto della consacrazione con quello della lavanda dei piedi. Oggi la sfida è anche quella di rifondare una pastorale sacramentale alla luce dei segni dei tempi: il sacramento si celebra anche e soprattutto nel corpo del fratello che soffre, e nella nostra dedizione incondizionata a lenire il suo dolore, che è il dolore del mondo».

Per questo, il «sogno» dell’arcivescovo di Lima, è «una Chiesa che guardi più all’autentica evangelizzazione che all’autopreservazione, credibile nel suo agire con trasparenza, affrontare i problemi e non nasconderli, riconoscere errori, peccati e anche delitti, quando ci sono, con giustizia e verità. Una Chiesa che vada, sì, con il Vangelo, ma sapendo con chiarezza che Gesù già sta con l’altro, anche in colui che non crede in modo esplicito o che crede alla sua maniera. Non si tratta di conquistare territori né persone, ma di capirle per suscitare e svegliare processi nelle loro vite».

*Cattedrale di Lima. Foto di Ms643 tratta da Wikimeida Commons, immagine oritinale e licenza

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