
Benedizioni per le coppie omosessuali? Non se ne parla. Documento del Vaticano
CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?». La risposta è no. Ha raggelato il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede al dubium suddetto, mettendo una pietra su una questione che in più parti della Chiesa è già una prassi e sulla quale, ad esempio, sta lavorando molto la Chiesa tedesca nel suo Cammino sinodale: una prospettiva che inquieta molto il Vaticano. Non è un mistero, infatti, la posizione, ad esempio, del presidente della Conferenza episcopale tedesca mons. Georg Bätzing, che di recente ha detto al riguardo: «Sono necessarie soluzioni che non solo siano efficaci nella vita privata, ma abbiano anche visibilità pubblica, e che, allo stesso tempo, chiariscano che non si tratta di un matrimonio»; «Per quanto mi riguarda posso dire che, in seguito a un'intensa discussione, sono dell’opinione che dovremmo cambiare il Catechismo a questo proposito».
E infatti, proprio sulle posizioni espresse dalle Chiese del Nordeuropa esordisce il documento della Santa Sede, datato 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro, firmato dal prefetto della Cdf card. Luis F. Ladaria e dal segretario mons. Giacomo Morandi, nonché approvato da papa Francesco: «In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso. Non di rado, tali progetti sono motivati da una sincera volontà di accoglienza e di accompagnamento delle persone omosessuali, alle quali si propongono cammini di crescita nella fede, “affinché coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita”» (citazione di Francesco, Amoris laetitia n. 250).
L’eterna condanna dell’omosessualità
Il documento definisce le benedizioni uno strumento con cui «la Chiesa “chiama gli uomini a lodare Dio, li invita a chiedere la sua protezione, li esorta a meritare, con la santità della vita, la sua misericordia”» (Rituale Romanum). Esse, inoltre, «istituite in certo qual modo a imitazione dei sacramenti, si riportano sempre e principalmente a effetti spirituali, che ottengono per impetrazione della Chiesa». Di conseguenza, nota la Congregazione, «per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni». E qui, il verdetto: «Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore».
Pertanto, poiché le benedizioni sulle persone «sono in relazione con i sacramenti», quella delle unioni omosessuali «non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio, dato che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”» (ancora una citazione di Francesco, Amoris laetitia n. 251).
Ma non si parli di «ingiusta discriminazione»: si tratterebbe invece di un «richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all’essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende».
Il Responsum della Cdf passa poi alla parte consolatoria: la comunità cristiana e i pastori sono chiamati ad accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale, e sapranno trovare le modalità più adeguate, coerenti con l’insegnamento ecclesiale, per annunciare il Vangelo nella sua pienezza. Queste, nello stesso tempo, riconoscano la sincera vicinanza della Chiesa – che prega per loro, li accompagna, condivide il loro cammino di fede cristiana – e ne accolgano con sincera disponibilità gli insegnamenti». Già, perché un discorso diverso viene fatto per «singole persone con inclinazione omosessuale, le quali manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale»: su queste non si «esclude che vengano impartite benedizioni» (il Catechismo della Chiesa cattolica, infatti, distingue inclinazione e atti, benché li definisca entrambi «disordinati» ) ma, si ribadisce, si «dichiara illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni», che significherebbe non affidare a Dio singole persone, quanto «approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio». Anzi: Dio benedice tutti i suoi figli «ma non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui».
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