
Padre Occhetta: un «vaccino sociale» per superare la crisi
Il punto politico del gesuita e scrittore, Francesco Occhetta, sul numero di maggio di Vita Pastorale, mensile dei paolini diretto da don Antonio Sciortino, affronta il tema del virus della rassegnazione della rabbia che dilaga nel tessuto sociale italiano. «La crisi più dura dell’età della globalizzazione, quella causata da Covid-19, non è ancora terminata», scrive Occhetta. «Era iniziata con lo slogan “Ne usciremo migliori”» ma, dopo oltre un anno «costellato da desolazione ed errori, ha fatto emergere ferite personali, politiche ed ecclesiali, per molto tempo taciute».
È il rischio di una tenuta collettiva ammalata, alla quale bisogna rispondere, suggerisce il gesuite, con un «vaccino sociale», composto, come scrivono i vescovi nel messaggio per il Primo maggio, «dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili», . Citando papa Francesco, Occhetta aggiunge che, «peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi». E dunque, prosegue, occorre «scommettere sui princìpi (costituzionali) di solidarietà e uguaglianza, per sostituire un modello di sviluppo che ha incubato il virus». Non possiamo permetterci, dice lo stesso papa, «un ritorno a un modello diseguale e insostenibile di vita economica e sociale, dove una minuscola minoranza della popolazione mondiale possiede la metà della sua ricchezza».
«Mentre ci si consuma nel dolore per ciò che è finito per sempre – scrive in conclusione Occhetta – si avverte la forza della vita che si trasforma. Siamo spinti dal desiderio di abbracciare “più-vita”, a un “ri-sorgimento” sociale in cui la vita porta i segni del dolore e della morte e ci rende tutti più umani e vicini».
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