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Razzisti inconsapevoli? L'editoriale di p. Costa in

Razzisti inconsapevoli? L'editoriale di p. Costa in "Aggiornamenti sociali"

“Siamo tutti razzisti” è il titolo provocatorio che la rivista dei gesuiti del Centro San Fedele di Milano, Aggiornamenti Sociale, pone all’editoriale del numero di maggio.  Perché, spiega l’autore, p. Giacomo Costa, la «questione razziale continua (…) a ripresentarsi come un problema non risolto, negli Stati Uniti e più in generale in Occidente. È certo corretto stigmatizzare ogni violenza ingiustificata, da qualunque parte provenga, ma sarebbe semplicistico pensare che tutto si possa risolvere con la repressione di comportamenti individuali sbagliati. Come in altre situazioni analoghe, quali i casi di femminicidio, il ripetersi degli episodi è la spia di un problema strutturale più vasto e profondo, che va ben al di là dei singoli fatti, pur gravissimi. Affrontare la galassia del razzismo è una questione tanto urgente quanto complessa, innanzi tutto per le reazioni di resistenza che si scatenano appena si oltrepassa la soglia delle dichiarazioni di principio».

«A parte i membri di alcuni gruppi estremisti, nessuno si professa apertamente razzista»; «i dati invece parlano chiaro: negli Stati Uniti gli afroamericani hanno prospettive peggiori in quasi ogni ambito: reddito, disoccupazione, probabilità di ammalarsi di COVID-19 o di essere condannati a morte; pure di fronte allo stesso crimine, la sentenza è normalmente più severa quando l’imputato è nero e la vittima bianca. Anche la composizione della classe dirigente non rispecchia quella demografica, fatte salve alcune eccezioni». Dunque, all’interno di questa struttura sociale asimmetrica, c’è un gruppo, quello dei bianchi, che trae vantaggio dalla situazione e gode di un privilegio.

«Non è “colpa” nostra, è così da ben prima che venissimo al mondo» siamo soliti dire, continua p. Costa. È invece «nostra responsabilità» «trovare come non esserne complici» di questo sistema funzionale a noi bianchi e «costruire spazi di resistenza e di alternativa: per preservare il sistema e perpetuare le sue disfunzioni, bastano il quieto vivere e lo sguardo rivolto altrove».

Occorre cioè «mantenere alta la guardia, a livello personale e ancora di più delle aggregazioni sociali di cui facciamo parte: anch’esse sono infatti attraversate dalla cultura della discriminazione. Vale per le istituzioni, le associazioni e le organizzazioni della società civile, il mondo del lavoro e quello dello sport (pensiamo ai cori negli stadi!), e vale anche per la compagine ecclesiale».

«Un secondo fronte di impegno, strettamente connesso al primo», seguita il gesuita, «è quello del lavoro educativo in vista della elaborazione progressiva di una diversa cultura. È una sfida che interpella in modo peculiare il mondo della scuola, che in molti contesti si rivela un potente strumento di riproduzione del sistema sociale, difetti compresi, così come gli ambiti dell’educazione extrascolatica, ma che non è estranea alla vita quotidiana di ciascuno: i piccoli gesti con cui si prova a spezzare la logica della discriminazione razziale non rappresenteranno la soluzione miracolosa e definitiva del problema, ma rafforzeranno in chi li compie e in chi li osserva la convinzione che un altro mondo è possibile e la determinazione a raggiungerlo».

«Non scoraggiamoci», esorta in conclusione l’editoriale: «affrontare il razzismo è un processo complicato che ci impegnerà tutta la vita; ma è anche un’esperienza di autenticità e, soprattutto, profondamente generativa».

*Foto tratta da pxfuel.com, immagine originale e licenza

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