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Papa Francesco al card. Marx: «Pasci il tuo gregge, come Pietro»

Papa Francesco al card. Marx: «Pasci il tuo gregge, come Pietro»

Tratto da: Adista Notizie n° 23 del 19/06/2021

40697 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Caro fratello, prima di tutto grazie per il tuo coraggio. È un coraggio cristiano che non teme la croce, non teme di umiliarsi di fronte alla tremenda realtà del peccato. Così ha fatto il Signore (Fil 2,5-8). È una grazia che il Signore ti ha dato e vedo che tu la vuoi accettare e custodire dia frutto. Grazie». Così esordisce papa Francesco nella lettera, datata 10 giugno, al card. Reinhard Marx, che il 4 giugno scorso aveva reso pubbliche le proprie dimissioni dal ruolo di arcivescovo di Monaco e Frisinga (v. qui).

Il tono è affettuoso ed empatico: «Mi dici che stai attraversando un momento di crisi, e non solo tu, ma anche la Chiesa in Germania lo sta vivendo. Tutta la Chiesa è in crisi a causa della questione degli abusi; ancora di più, la Chiesa oggi non può compiere un passo avanti senza accettare questa crisi. La politica dello struzzo non porta a niente, e la crisi deve essere accettata a partire dalla nostra fede pasquale. I sociologismi, gli psicologismi non servono. Accettare la crisi, personale e comunitaria, è l'unico cammino fecondo perché da una crisi non si esce da soli, ma in comunità, e inoltre dobbiamo tener conto che da una crisi si esce o migliori o peggiori, ma mai uguali».

«Mi dici che dall'anno scorso stai riflettendo», prosegue Francesco; «ti sei messo in cammino, ricercando la volontà di Dio con la decisione di accettarla qualunque essa sia. Sono d'accordo con te nel definire catastrofe la triste storia degli abusi sessuali e il modo di affrontarla che ha adottato la Chiesa fino a poco tempo fa. Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo di vivere la fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo compiere. Dobbiamo farci carico della storia, sia personalmente che comunitariamente».

Non si può rimanere indifferenti davanti a questo crimine, afferma il papa: e d’altronde, «accettarlo presuppone entrare in crisi», il che rappresenta «l'unico cammino, perché fare "propositi" di cambiamento di vita senza "mettere la carne sulla brace" non porta a nulla. Le realtà personali, sociali e storiche sono concrete e non devono accettarsi come idee; perché le idee si discutono (ed è bene che sia così) ma la realtà dev’essere sempre accettata ed esaminata». È se è vero che le situazioni storiche vanno interpretate con l'ermeneutica del tempo in cui sono avvenute, «questo non ci esime dal farcene carico e dall’accettarle come storia del "peccato che ci assedia". Perciò, secondo me, ogni vescovo della Chiesa deve accettarlo e chiedersi che cosa devo fare di fronte a questa catastrofe?».

La Chiesa ha fatto "mea culpa" di fronte a tanti errori storici del passato, osserva Francesco, «anche se non abbiamo partecipato di persona a quella congiuntura storica. E questo stesso atteggiamento ci viene chiesto oggi. Ci viene chiesta una riforma che – in questo caso – non consiste in parole, ma in atteggiamenti che abbiano il coraggio di entrare in crisi, di accettare la realtà qualunque sia la conseguenza».

E ogni riforma, sottolinea il papa, «comincia da se stessi»: «La riforma nella Chiesa l’hanno fatta uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e di lasciarsi riformare dal Signore. È l'unico cammino, altrimenti non saremo altro che "ideologi di riforme" che non mettono in gioco la propria carne». «Il Signore non ha mai accettato di fare "la riforma" (mi si permetta l'espressione) né con il progetto fariseo né con quello sadduceo o zelota o esseno. L’ha fatta con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne sulla croce».

Ed è proprio questa la strada che, secondo il papa, Marx ha scelto decidendo di dimettersi: «Dici bene nella tua lettera che seppellire il passato non ci porta a nulla. I silenzi, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni conducono solo al fallimento personale e storico, e ci portano a vivere con il peso di "avere scheletri nell'armadio", come si suol dire. È urgente "esaminare" questa realtà degli abusi e di come ha proceduto la Chiesa, e lasciare che lo Spirito ci conduca al deserto della desolazione, alla croce e alla risurrezione. È il cammino dello Spirito quello che dobbiamo seguire, e il punto di partenza è la confessione umile: ci siamo sbagliati, abbiamo peccato. Non saranno le inchieste né il potere delle istituzioni a salvarci. Non ci salverà il prestigio della nostra Chiesa, che tende a dissimulare i suoi peccati; non ci salverà né il potere del denaro né l'opinione dei media (da cui spesso dipendiamo troppo). Ci salverà aprire la porta all'Unico che può farlo e confessare la nostra nudità: "Io ho peccato", "abbiamo peccato"... e piangere, e balbettare come possiamo quell’"allontanati da me, che sono un peccatore", eredità che il primo papa ha lasciato ai papi e vescovi della Chiesa. E allora – prosegue Bergoglio – sentiremo quella vergogna risanatrice che apre le porte alla compassione e alla tenerezza del Signore che ci è sempre vicino. Come Chiesa dobbiamo chiedere la grazia della vergogna, e che il Signore ci salvi dall'essere la prostituta spudorata di Ezechiele 16».

E qui Francesco torna alle dimissioni di Marx, esprimendo apprezzamento («Mi piace come concludi la lettera») per la volontà di Marx di continuare a impegnarsi a livello pastorale pensando al rinnovamento spirituale della Chiesa: «E questa è la mia risposta, caro fratello. Continua quanto ti proponi, ma come arcivescovo di Monaco e Frisinga. E se ti viene la tentazione di pensare che, nel confermare la tua missione e nel non accettare la tua rinuncia, questo vescovo di Roma (fratello tuo che ti vuole bene) non ti capisce, pensa a quello che sentì Pietro davanti al Signore quando, a modo suo, gli presentò la rinuncia: "Allontanati da me che sono peccatore", e ascoltò questa risposta: "Pasci le mie pecore". Con affetto fraterno. Francesco». Il cardinale ha risposto il giorno stesso con un comunicato sul sito della diocesi di Monaco: «La risposta del Santo Padre mi ha sorpreso», esordisce; «Non mi aspettavo che avrebbe reagito così rapidamente e non mi aspettavo nemmeno la sua decisione di farmi continuare il mio servizio come arcivescovo di Monaco e Frisinga. Sono commosso dalla completezza e dal tono molto fraterno della sua lettera e sento quanto capisca e abbia accolto la mia richiesta. In obbedienza accetto la sua decisione come gli ho promesso».

Per Marx, ciò significa «considerare quali nuove strade possiamo intraprendere – anche di fronte a una storia di vari fallimenti – per annunciare e testimoniare il Vangelo. In questo il vescovo non è solo, e nelle prossime settimane penserò a come possiamo insieme contribuire ancora di più al rinnovamento della Chiesa qui nella nostra arcidiocesi e nel suo insieme; perché il papa – sottolinea Marx – riprende molto di quanto gli ho accennato nella mia lettera e ci offre impulsi importanti».

Il cardinale ribadisce, in ogni caso, quanto affermato nella sua lettera: che, cioè, deve assumersi «una responsabilità personale e anche una “responsabilità istituzionale”, soprattutto nei confronti delle persone colpite, la cui prospettiva deve essere inclusa ancora di più».

Marx lascia trasparire una grande determinazione al rinnovamento: «Trovo la decisione del papa una grande sfida. Dopodiché, tornare semplicemente all'ordine del giorno non può essere la strada per me e nemmeno per l'arcidiocesi». 

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