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Cuba che resiste, Cuba che non muore. Una riflessione di Frei Betto

Cuba che resiste, Cuba che non muore. Una riflessione di Frei Betto

Tratto da: Adista Notizie n° 29 del 31/07/2021

40762 ROMA-ADISTA. “Cuba resiste”. Così titola il domenicano frei Betto (al secolo, Carlos Alberto Libânio Christo), saggista, politologo, Teologo della Liberazione, un articolo apparso il 16 luglio su Cubadebate (traduzione italiana su L’Antidiplomatico, 17/7, con il titolo “Perché solidarizzo con la rivoluzione cubana” bit.ly/3zn6ga1) pochi giorni dopo le proteste verificatesi a Cuba (v. qui e Adista Notizie, n. 28/21). Il frate frequenta l'isola caraibica da decenni. Nel 1985 ha pubblicato un’intervista a Fidel Castro, Fidel e la religione, un libro di grandissimo successo. Parla, come si dice, con cognizione di causa. «Conosco in dettaglio la vita quotidiana cubana – afferma infatti nell’articolo –, comprese le difficoltà incontrate dalla popolazione, le sfide alla Rivoluzione, le critiche degli intellettuali e degli artisti del paese. Ho visitato le carceri, ho parlato con gli oppositori della Rivoluzione, ho vissuto con preti cubani e laici contrari al socialismo». «Quando mi dicono, da brasiliano, che a Cuba non c'è democrazia – scrive – scendo dall'astrazione delle parole alla realtà. Quante foto o notizie in cui si sono viste o si vedono cubani in miseria, mendicanti sparsi sui marciapiedi, bambini abbandonati per strada, famiglie sotto i viadotti? Qualcosa di simile alla cracolândia, alle milizie, alle lunghe file di pazienti che aspettano anni per essere curati in un ospedale?».

«Avverto gli amici: se siete ricchi in Brasile e andate a vivere a Cuba, conoscerete l'inferno. Non potrai cambiare auto ogni anno, acquistare abiti firmati, viaggiare spesso in vacanza all'estero. E, soprattutto, non potrai sfruttare il lavoro degli altri, tenere nell'ignoranza i propri dipendenti, (…). Se appartieni alla classe media, preparati a vivere il purgatorio. Nonostante Cuba non sia più un'azienda statale, la burocrazia persiste, bisogna avere pazienza con le code dei mercati, molti prodotti disponibili questo mese potrebbero non essere trovati il mese prossimo, a causa dell'incongruenza delle importazioni».

«Tuttavia – prosegue – se sei un lavoratore salariato, povero, senzatetto o senza terra, preparati a incontrare il paradiso. La Rivoluzione garantirà i vostri tre diritti umani fondamentali: il cibo, la salute e istruzione, nonché l’alloggio e il lavoro. Potresti avere un enorme appetito da non mangiare quello che ti piace, ma non soffrirai mai la fame. La tua famiglia avrà la scuola e l'assistenza sanitaria, compresi gli interventi chirurgici complessi, totalmente gratuiti, come dovere dello Stato e del diritto del cittadino. Non c'è niente di più prostituito del linguaggio. La famosa democrazia nata in Grecia ha i suoi pregi, ma è bene ricordare che, a quel tempo, Atene contava 20mila abitanti che vivevano del lavoro di 400mila schiavi... Cosa risponderebbe uno di quelle migliaia di servi se chiedessero perché le virtù sono della democrazia?»

«Non auguro al futuro di Cuba – seguita frei Betto – il presente del Brasile, del Guatemala, dell'Honduras e nemmeno di Porto Rico, colonia americana a cui è stata negata l'indipendenza. Né voglio che Cuba invada gli Stati Uniti e occupi una zona costiera della California, come Guantanamo, che è stata trasformata in un centro di tortura e in una prigione illegale per sospetti terroristi. (…). Solo chi conosceva la realtà di Cuba, prima del 1959 sa perché Fidel ha avuto così tanto sostegno popolare per portare la Rivoluzione alla vittoria. Il Paese era conosciuto con il soprannome di "bordello caraibico". La mafia dominava le banche e il turismo». «Gli Stati Uniti non hanno mai sopportato di aver perso Cuba sottomessa alle sue ambizioni. Pertanto, poco dopo la vittoria dei guerriglieri della Sierra Maestra, tentarono di invadere l'isola con truppe mercenarie. Furono sconfitti nell'aprile 1961. L'anno successivo, il presidente Kennedy decretò l’embargo verso Cuba». Embargo che «continua ancora oggi» e l’isola, che ha «poche risorse», «è costretta a importare più del 60 per cento dei prodotti essenziali del Paese. Con l'inasprimento dell’embargo promosso da Trump (243 nuove misure e, per ora, non ritirate da Biden), e la pandemia, che ha azzerato una delle principali fonti di risorse del Paese, il turismo, la situazione interna è peggiorata. I cubani hanno dovuto stringere la cinghia». Ne è derivato che «gli scontenti della Rivoluzione, che gravitano nell'orbita del “sogno americano”, hanno promosso le proteste di domenica 11 luglio». «Con l'aiuto “solidale” della CIA – aggiunge il frate domenicano –, il cui capo ha appena fatto un giro nel continente, preoccupato per i risultati delle elezioni in Perù e Cile».

«È questa fragilità – è la conclusione dell’articolo di frei Betto – che presta il fianco alle manifestazioni di malcontento, senza che il governo abbia messo in piazza carri armati e truppe. La resistenza del popolo cubano, alimentata da esempi come Martí, Che Guevara e Fidel, si è rivelata invincibile».

Frei Betto in una foto [ritagliata del 2004] di Rose Brasil/Agência Brasil tratta da wikimedia commons, licenza Creative Commons

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