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Reddito di Cittadinanza: punizione o riforma?

Reddito di Cittadinanza: punizione o riforma?

Il dibattito sul Reddito di Cittadinanza (RdC) si è riacutizzato in occasione dell’approdo in Parlamento della nuova Legge di Bilancio che, tra le tante cose, contiene anche le misure correttive formulate dal Comitato Scientifico per la Valutazione del Reddito di Cittadinanza istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno.

Da sempre attenta alla materia è anche l’Alleanza Italiana Contro la Povertà, la rete di associazioni, enti locali, realtà del terzo settore e sindacati – tra gli altri, vi aderiscono Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Uil, Cnca, Comunità di Sant'Egidio, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Save the Children, Movimento dei Focolari, Arci, Croce Rossa Italiana, Focsiv e Comunità Papa Giovanni XXIII – nata a fine 2013 per offrire un contributo concreto alle politiche nazionale di contrasto alla povertà assoluta.

Con una breve nota del 9 novembre l’Alleanza chiede che il governo «più attenzione alle famiglia numerose e di origine straniera».

L’Alleanza, che con i suoi ricercatori ha condotto studi empirici, ha formulato al ministro Orlando una serie di suggerimenti di riforma i quali, denuncia, «a giudicare dalle indiscrezioni circolate, non trovano riscontro nella legge di bilancio. L’Alleanza chiede che tali proposte possano essere inserite nella Legge di Bilancio nel corso del suo iter parlamentare».

La riforma del RdC, accusa l’Alleanza, sembra disegnata a partire dall’aspro dibatto mediatico scaturito dopo la scoperta di «percettori “fannulloni”, inasprendo le misure punitive verso le persone in povertà, invece di implementare i percorsi di inclusione sociale e lavorativa, rafforzando la presa in carico di chi è in una situazione di bisogno, necessita di percorsi di formazione mirati ed è in cerca di occupazione. È necessario modificare la legge di bilancio per contrastare la povertà, il disagio sociale, i gap formativi e il lavoro povero».

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